CHE BELLI I FISCHI DI SAN SIRO. PORDENONE, LA CAVALCATA IN COPPA SIA VOLANO PER IL CAMPIONATO. L'ANNO ZERO OCCASIONE PER RIFORMARE LA COPPA ITALIA. SI AVVICINA IL 16 DICEMBRE, SCADENZA DECISIVA PER I CLUB

Nasce a Bari il 23.02.1988 e di lì in poi vaga. Laurea in giurisprudenza, titolo di avvocato e dottorato di ricerca: tutto nel cassetto, per scrivere di calcio. Su TuttoMercatoWeb.com
13.12.2017 00:30 di  Ivan Cardia   vedi letture
CHE BELLI I FISCHI DI SAN SIRO. PORDENONE, LA CAVALCATA IN COPPA SIA VOLANO PER IL CAMPIONATO. L'ANNO ZERO OCCASIONE PER RIFORMARE LA COPPA ITALIA. SI AVVICINA IL 16 DICEMBRE, SCADENZA DECISIVA PER I CLUB
TMW/TuttoC.com

Il rischio di banalità è alto e prometto che leggendo le prossime righe ne troverete qualcuna. Però voglio partire da una cosa non banale: i fischi di San Siro. Quelli dei tifosi interisti nei confronti dei calciatori del Pordenone, al momento dei rigori. Che belli quei fischi. Nel racconto della cavalcata dei Ramarri verso la grande sfida contro l’Inter c’è stato un po’ di tutto: ironia, contenuti virali, un po’ di sana epica del buon vecchio del calcio di provincia. C’è stato molto meno riconoscimento di quello che il Pordenone, nel suo piccolo, ha costruito negli ultimi anni. Di quanto abbia meritato questo ottavo di finale, perso solo ai rigori contro l’Inter. Di quanto la squadra di Colucci sia riuscita a spaventare quella di Spalletti

E invece quei fischi riappacificano con la parte più genuina del calcio: la voglia di vincere, la paura dell’avversario, il riconoscimento del suo valore. Passata l’idea di una scampagnata, San Siro ha avuto paura del Pordenone, una piccola squadretta di provincia. Che si è presentata nello stadio più importante d’Italia con quattromila tifosi e con tutti i suoi ovvi difetti, ma ha provato a vincere la partita. E i neroverdi ci sono andati molto vicino, tanto che Spalletti ha dovuto giocarsi i carichi da novanta (leggi Perisic e Icardi). Tanto che lo stesso Icardi (come pure Vecino) è dovuto andare sul dischetto con la necessità di segnare, come fosse una finale di Champions League. E forse è ancora più bello che la sfida sia stata decisa dal rigore di Nagatomo, il più sottovalutato dei plurimilionari calciatori interisti.

Che belli quei fischi, che belli quegli applausi. Non è stata una gita per il Pordenone, dopo 120 minuti di lotta è stato chiaro a tutti. Ora, per i ragazzi di Colucci, si torna nella normalità. Un campionato giocato tra alti e bassi ma ancora tutto da scrivere. Una promozione in Serie B molto difficile da raggiungere, perché il Padova finora sta oggettivamente facendo qualcosa di più, ma che resta da inseguire. Evitando l’esempio dell’Alessandria di due anni fa, che dopo aver volato in alto come Icaro vide sciogliersi le ali. Di questi magnifici giorni di attesa, di questa serata alla Scala del calcio, al Pordenone devono restare (oltre alle capacità del proprio ufficio stampa, ma chi ha lavorato con loro non li scopre certo oggi) solo scorie positive. I ragazzi di Colucci sono andati a San Siro, hanno messo in difficoltà l’Inter, che per la prima volta da 9 anni a questa parte non ha segnato in una partita casalinga in Coppa Italia, sono usciti sconfitti solo ai rigori. Ci può stare, ora bisogna dimenticarsi di tutto questo, azzerare la propria autostima e ributtarsi sul campionato.

Pordenone a parte, ieri sera abbiamo avuto una dimostrazione di quel che la Coppa Italia potrebbe essere. Sono punti di vista, perché qualcuno potrebbe dire che andare a San Siro è già un premio. Però continuo a sostenere che, tra le riforme da fare, vi sia anche quella della coppa nazionale. Giocare le partite in casa della squadra meno blasonata consentirebbe di avere più sorprese, darebbe maggiori introiti a chi ne ha più bisogno, renderebbe ancora più aperta una competizione molto stantia nel corso degli anni. Non è detto che giocare al Bottecchia avrebbe portato il Pordenone a vincere, ma lo stadio di casa avrebbe potuto fare la differenza. E allora l’anno zero del calcio italiano può essere l’occasione anche per queste piccole modifiche, che poi non sono così piccole. Perché ci divertiamo tutti a celebrare le favole: dimostriamo che le vogliamo davvero, e che non rompono le scatole a nessuno.

Davvero, chapeau al Pordenone. Ho cercato di evitare i toni enfatici perché penso che il calcio di oggi viva troppo di lirismo ed epica, spesso inutili e forzati. La cavalcata del Pordenone merita di essere applaudita per quello che è, con sinceri ammirazione e rispetto per dei ragazzi di Serie C che hanno giocato alla pari contro la capolista di Serie A. Applausi a scena aperta, e tanto basti. Chiudo però con una nota più amara. Il 16 dicembre è alle porte. Come noto, entro quella data tutti i club dovranno dimostrare di aver regolarmente pagato emolumenti e contributi ai propri tesserati. Altrimenti scatteranno le penalizzazioni. Non faccio nomi di società, su tuttoc.com li abbiamo già fatti in precedenza. Però credo che almeno due o tre arriveranno a questa scadenza in grosse difficoltà, se non nell’assoluta impossibilità di ottemperare ai propri obblighi. Il 18 dicembre ci sarà poi l’assemblea dei club: credo che la Lega Pro, in ogni occasione, abbia la necessità di mostrarsi compatta e convinta delle proprie decisioni. Per quanto possa sembrare strano, per il numero e il blasone dei propri componenti, è la lega più unita del nostro calcio. E mi rendo conto che dal basso sia difficile farsi motore, ma in questi tempi incerti abbiamo bisogno anche di questo.