Il Modena di Caliendo chiude bottega. L’Akragas mette su casa a Siracusa. Quanto è giusto? La fondatezza della riforma

05.10.2017 08:30 di  Vittorio Galigani   vedi letture
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© foto di Luigi Gasia/TuttoNocerina.com

Antonio Caliendo ed il Modena rappresentano la punta dell’iceberg. La dimostrazione più lampante di quanto sia necessario arrivare, nel minor tempo possibile, alla riforma dei campionati. Non si tratta soltanto della necessità di ridurre i format di tutte le serie e categorie, quanto di imporre il rispetto di un codice etico comportamentale. Regole nuove. Con l’obbligo di rispettare/onorare un apposito e mirato coefficiente di solvibilità ed affidabilità. Applicato, per ogni Società, nel rispetto della categoria di appartenenza.

Con una puntualizzazione. Ai club che negli anni hanno accumulato esorbitanti masse debitorie, multimilionarie, nei confronti dello Stato (nel presente ce ne sono in tutte le Serie) dovrebbe essere preclusa la partecipazione a qualsiasi campionato. Con una nuova norma. Indipendentemente da tutte le alchimie/equilibrismi di bilancio, messe in atto per contenere, nel consentito, i parametri patrimoniali.

Il Modena, si diceva. Una situazione condotta all’esasperazione. Una diatriba infinita che vede coinvolte tutte le componenti cittadine. La farsa della partita non disputata contro il Mestre. La sconfitta a tavolino. Quel funerale simulato con la sfilata della bara gialloblu. Antonio Caliendo costretto a barricarsi in sede, con l’ausilio di un armadio, per respingere il tentativo di un “acceso” confronto fisico, voluto da un gruppo di supporters esasperati. Un crescendo di situazioni incresciose che mette comunque la parola fine, ingloriosa, alla sua gestione. L’arrivo di Anellucci non potrà mai far migliorare una situazione ormai degenerata. Irrecuperabile.

A farne le spese Modena, certamente. La Ghirlandina, simbolo della città. Quei gloriosi colori. Più di tutti, nel presente, i tesserati del club. Tutti potenziali disoccupati.

Dirà Caliendo, a giustificazione, che ha sempre pagato gli stipendi (sulla base contributiva e sulla massa debitoria in generale, meglio sorvolare, si parla di carenze milionarie). Oggi però un gruppo di onesti professionisti della “pedata” rischia di “andare a casa”. Meglio dire che ha già le valigie pronte. E’ già accaduto a Messina, Como, Ancona, Macerata, Mantova, Latina…

Da Capuano in giù (collaboratori e calciatori), tutti guardano al loro futuro immediato con grande preoccupazione. Immagino la delusione di Eziolino che vedeva nella Società gialloblu la sua consacrazione. Vedeva avverarsi il suo desiderio di operare da manager all’inglese. Nel vuoto societario era diventato il “gestore” della globalità. Un ruolo che gli è sempre piaciuto recitare. In quelle situazioni lui si esalta.

Eziolino ci ha messo la faccia, il suo presidente gliela sta facendo perdere. Nel suo stile, da valido condottiero (novello Massimo Meridio, il “gladiatore”), rimarrà a capo della sua truppa sino alla fine. La speranza, in questi casi, è sempre l’ultima a morire.

Al Braglia, però, sono state smontate anche le porte. Sulla scena del Modena, quello di Caliendo, a meno di improbabili miracoli, sta scendendo la “claire”. Si sta scrivendo la parola fine!

Sulla necessità della riforma quanto prima, intervengono fattori che riguardano anche le infrastrutture. Akragas, Sicula Leonzio e Bisceglie hanno fatto da apripista (sul Modena che per altri motivi ha giocato le partite casalinghe a Forlì sorvoliamo). Tutte e tre non disponevano inizialmente del loro impianto sportivo. Carlo Tavecchio nella sua esposizione è stato categorico. Non si concedono deroghe. Chi non si adegua non è in grado di disputare il campionato.

La prima ha chiesto di giocare temporaneamente a Siracusa. L’altra al “Massimino” di Catania. Il Bisceglie, che si è messo in regola, ha giocato la prima al “Degli Ulivi” di Andria. Nessuna è riuscita a portare a termine, per l’inizio del campionato, gli adeguamenti per la disputa delle gare interne.

Portiamo l’esempio dell’Akragas. Va tutto bene, ma che per la carenza all’impianto di illuminazione del “catino” dell’Esseneto  si sia, per scelta, dovuto giocare a Siracusa, lascia alquanto perplessi.

Akragas-Siracusa  è come se si fosse giocata a campo invertito. In definitiva gli aretusei erano ospiti in casa propria. Hanno vinto alla grande, con un rotondo tre a zero. Ha un bel dire il presidente Silvio Alessi che non conta/cambia nulla, ma raschiando sul fondo della botte ci si rende conto che non tutto è perfettamente nella norma.

Un esempio? Un po’ come se la Ternana chiedesse di giocare a Perugia il derby casalingo contro i “Grifoni”.

Si può?