IL (QUASI) FALLIMENTO DELL'AKRAGAS FA MENO RUMORE, MA NON È MENO GRAVE. REGNANO IMPOTENZA E RASSEGNAZIONE IN ATTESA DI UNA SVOLTA CHE FORSE NON CI SARÀ

26.01.2018 00:00 di Tommaso Maschio   vedi letture
IL (QUASI) FALLIMENTO DELL'AKRAGAS FA MENO RUMORE, MA NON È MENO GRAVE. REGNANO IMPOTENZA E RASSEGNAZIONE IN ATTESA DI UNA SVOLTA CHE FORSE NON CI SARÀ
TMW/TuttoC.com

 “È fisiologico che 4-5 squadre l'anno non riescano a iscriversi. Quest'anno c'è stato maggior scalpore perché in mezzo c'erano due piazze importanti come Modena e Vicenza”. Parole e musica di Umberto Calcagno, vicepresidente dell'Assocalciatori, non certo l'ultimo arrivato o il classico uomo della strada. Parole in cui si legge tutta l'impotenza, e la rassegnazione, del sindacato dei calciatori di fronte a una situazione del calcio italiano ormai non più sostenibile, ma lo è da almeno una decina d'anni, a cui però quasi nessuno è intenzionato a porre rimedio accettando l'ineluttabilità della cosa, come se tutto fosse destinato a ripetersi all'infinito seguendo praticamente ovunque lo stesso copione. Non è Vicenza o Modena, per storia, tradizione e blasone, ma ad Agrigento sta accadendo quanto già visto in questa stagione nelle due piazze del nord. Una proprietà che non ce l'ha fa più ad andare avanti con le proprie forze, una girandola di voci di un possibile passaggio di mano o l'ingresso di qualche socio (ultimi in terra siciliana gli iraniani frenati però da lungaggini burocratiche e relative allo spostamento di soldi) e l'epilogo finale con le dimissioni del presidente che aprono o al fallimento, immediato tanto che Silvio Alessi ha fatto sapere ai suoi giocatori di ritenersi liberi di trovarsi un'altra squadra, o a un ridimensionamento dei costi per provare a salvare il salvabile e ripartenza dalla Serie D senza disperdere il titolo sportivo.

Un fallimento che fa meno rumore mediatico, per quanto noi di TuttoC.com abbiamo seguito, seguiamo e seguiremo attentamente l'evolversi della situazione, ma che è un altro pugno ben assestato alla credibilità di un movimento che al momento sembra interessato solo a conservare se stesso nelle elezioni di Lega A (dove potrebbe essere nominato presidente quel Carlo Tavecchio mandato via quasi a calci in culo dopo il fallimento Mondiale) e FIGC (dove si prevede uno stallo che potrebbe portare al commissariamento del CONI e relativa immobilità). Come nella società si proseguirà quindi verso l'aumento del divario fra ricchi e “poveri”, coi primi che avranno sempre più risorse – specialmente se il nuovo ad della Serie A sarà Javier Tebas – e i secondi destinati praticamente a scomparire, venendo sostituiti dalle squadre B delle grandi e vedendo il loro numero sempre più ridotto. Non proprio un bel viatico per una Serie C che si aggrappa a Gabriele Gravina nella speranza che una volta diventato il numero uno del calcio italiano sappia redistribuire le risorse in maniera più equa e dare il via a quelle riforme non più prorogabili per salvare il salvabile. Una prospettiva a cui, chi scrive, crede poco e ha parecchi dubbi a riguardo pur augurandosi di, come spesso capita, sbagliarsi e dover far ammenda.