Tommasi ragioni a sistema, nell’interesse dei calciatori. Quelle “entrate” di Malagó celano delle mire?

01.11.2017 08:45 di Vittorio Galigani   vedi letture
Tommasi ragioni a sistema, nell’interesse dei calciatori. Quelle “entrate” di Malagó celano delle mire?
TMW/TuttoC.com
© foto di Luigi Gasia/TuttoNocerina.com

L’associazione italiana calciatori mostra preoccupazione. Gli studi di approfondimento sulla riforma dei campionati, che prevedono una compressione delle squadre partecipanti ai campionati professionistici, allarma non poco il sindacato dei calciatori. Ragioni Tommasi, si tratta di un falso allarme.
Ci si preoccupa, su quel fronte, dei posti di lavoro. Allungando poco lo sguardo al di là del proprio naso.  Tralasciando che, ad oggi, la firma su di un contratto rischia (sovente) di non essere più una garanzia. Si tralasciano, nella valutazione, le enormi difficoltà finanziarie nelle quali si dibattono tante società. Non solo in Serie C. L’Arezzo in vendita a costo zero. Lucchese in cerca perenne di nuovi soci. Modena sull’orlo della radiazione. Alla Reggina hanno manifestato le loro difficoltà. Mike Piazza, alla Reggiana, ritenendosi raggirato negli intenti (questa la sua versione) minaccia di mollare. Questi rappresentano solo alcuni degli esempi, forse i più eclatanti. Akragas ha problemi di illuminazione all’impianto sportivo. Il Francavilla gioca a Brindisi, ma ci sono timori che il suo stadio non possa essere ristrutturato per la fine della stagione in corso. La Sicula Leonzio gioca a Catania. Altri club (diversi) sono stati deferiti per inadempienze finanziarie di inizio stagione. A breve si discuterà sulle loro penalizzazioni. Altri ancora non sono in grado di offrire i requisiti imposti dalle norme sulle infrastrutture. Andando a spulciare tra le squadre di serie D, che sono in lotta per vincere il campionato, sorgono dubbi sul numero delle Società in grado di affrontare la gestione nella serie Professionistica. Per struttura societaria ed impianti.
I giocatori del Modena, mal consigliati, hanno optato per la messa in mora. Una scelta discutibilissima. Sono prossimi al ritorno nelle loro abitazioni. Un esempio da non trascurare. Nel futuro prevarranno, in sede di rilascio delle licenze nazionali, i requisiti di onorabilità, solvibilità e sostenibilità. Il taglio al format, già dalla prossima stagione, sarà inevitabile.
Tommasi e Calcagno, punte di diamante dell’associazione calciatori, sono invitati a riflettere. La legge Melandri li ha investiti di grandi responsabilità. Quel 20 per cento che l’Aic rappresenta in sede assembleare e la loro presenza in Consiglio Federale li responsabilizza a livello di struttura. Non rappresentano soltanto il sindacato calciatori. Hanno l’obbligo di collaborare, ragionando a sistema, per elevare la qualità, non solo finanziaria, dei campionati. Va accertata la solvibilità di chi gestisce il calcio (in tutte le serie) e la capacità di una società di pagare o meno i propri debiti. Debbono essere partecipi, costruttivi. Altrimenti anche i loro associati, alla lunga, avranno di che rimproverarli.
Le difficoltà finanziarie che si trascinano ormai da tempo confermano la necessità introdurre, quanto prima, la riforma. L’evoluzione dei metodi impone un cambiamento radicale. Si deve rimanere al passo con l’Europa. Chi non è in grado di rispettare il rating, imposto dalle norme, affossa il calcio. Ne patisce il sistema. Soccombono per primi i calciatori.
E’ accaduto, nel passato, a Parma, Messina, Mantova, Ancona, Macerata, Latina ed in altre sedi.

A breve si estenderà ad altri tesserati. Quelli del Modena sono i primi della lista. Carlo Tavecchio lo scorso anno si trovò a dover “rimpolpare” con un contributo federale le casse, già esauste, del “Fondo di Solidarietà”. Il doversi ripetere sarebbe controproducente.
Realisticamente. Una serie A a 20 squadre. Una B a 20. Una B2, o come si dovrà chiamare, a 40. A seguire un campionato,  parzialmente defiscalizzato, che faccia “formazione/istruzione” (per i club, i dirigenti, i calciatori ed i tecnici), gestito dalla Lega Nazionale  Dilettanti, suddiviso in tre gironi da 20 squadre. Il legislatore, nelle pieghe della legge di stabilità, scoverà le norme più idonee per contribuire ad alleviare i costi di gestione dei club. A tutela degli interessi delle Società e di tutti i tesserati. A tutela del calcio italiano.
Aboliti i ripescaggi. Istituita l’anagrafe dei dirigenti. Si dovrà operare sulla qualità. Sulla stabilità del posto di lavoro. Sul rispetto degli impegni economici a calendario.  Umberto Calcagno, Sara Gama, Simone Perrotta e Damiano Tommasi, in rappresentanza dei calciatori, dovranno proporsi al sistema per un contributo operativo. Tradotto: una collaborazione costruttiva e qualificata. Gli interessi dei lavoratori (calciatori in questo caso) si tutelano a monte. Non quando (come si è soliti dire) quando i buoi sono usciti dalla stalla! 
Passando poi alla resa dei conti ci si accorgerà che i posti di lavoro, per i loro associati, risulteranno implementati almeno di 20 squadre. La quantità sarà salvaguardata a vantaggio della qualità. Ci si concentri allora sulla certezza di percepirlo, lo stipendio. Più che sulla volontà di mantenere in essere 60 club di Serie C. Molti dei quali, è dimostrato, fanno fatica a reggersi fin dai primi mesi della stagione sportiva.
La visibilità che offre il mondo del calcio fa sempre gola. Negli ultimi tempi il presidente del Coni, Giovanni Malagò, è sempre più partecipe su questo tema. Ricorrenti i commenti, le previsioni, i giudizi. Alcuni sulla serie A. Altri sul Var. Altri ancora sul campionato in generale. Oppure sulla eventuale fallita partecipazione della nazionale azzurra ai prossimi mondiali. Interventi che, nella tempistica, sembrerebbero inopportuni. Espressi proprio in questo periodo quando tutte le componenti hanno approvato i principi informatori ed i regolamenti delle Leghe presentati da Tavecchio.  Quando nonostante il commissariamento della Serie A e della B si sono ottenuti consistenti risultati, economici e di immagine, in materia di diritti televisivi. Quando si sta iniziando un percorso riformatore che potrà soltanto risultare positivo per tutto il calcio italiano.
Giovanni Malagò, che agonisticamente proviene dal calcio a 5, si è sempre dimostrato attratto dal “fascino” del mondo del pallone. Anche in passato non ne ha mai fatto mistero. Mai come ora, però, era entrato così prepotentemente nel vivo delle vicende. Che quella poltrona ai piani alti di via Allegri stia trovando un nuovo, futuro candidato?