Vibonese in D, vittima di norme inadeguate. Ripescaggi, un modo di dire. Una novità, alla Serie C vanno 1,5 milioni in più…

31.05.2017 08:30 di Vittorio Galigani   vedi letture
Vittorio Galigani
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Vittorio Galigani
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Le regole del calcio vanno modificate. In fretta anche. Bisogna restituire giustizia a chi, delle norme, ne fa una regola di vita. Nel girone meridionale della serie C è retrocessa la Vibonese. Pippo Caffo, il suo presidente, è un uomo integerrimo. Un capitano d’industria dai meriti indiscutibili, un leader nella produzione internazionale. Vive il calcio per passione, sin da bambino. Potrebbe gestire un club metropolitano. Ha scelto di farlo nella sua terra adottiva. La Calabria. Ha affrontato notevoli sacrifici economici pur di riportare Vibo Valentia nel calcio professionistico.

Pippo Caffo, nel suo progetto, ha rispettato norme e scadenze. Ligio ai regolamenti della categoria ha adeguato l’impianto. La videosorveglianza. Il manto erboso. Ha sempre onorato, alle scadenze previste, stipendi e contributi. Ha regolarmente depositato la fidejussione di garanzia al campionato, indispensabile per ottenere la licenza nazionale. Ha fatto della Vibonese una Società virtuosa. Meritevole di rispetto. Ha subito accettandole, magari malvolentieri, le decisioni che hanno “favorito” altri club meno puntuali del suo.

“Puntuali”, riflettendo, è, in alcuni casi, una parola grossa. Nel caso specifico, riferito allo stesso girone, del Messina. La grana sullo stretto, tenuta nascosta per troppo tempo, è scoppiata all’indomani della fine del campionato. Franco Proto ha pubblicamente alzato le mani. Impotente davanti a una rilevante massa debitoria. A Messina i calciatori non percepiscono stipendi da cinque mesi (praticamente dal suo avvento ai vertici della Società). Non sono stati pagati i relativi contributi. Le sanzioni relative saranno eventualmente irrogate nelle prossima stagione sportiva. Proto pensa di salvare il salvabile chiedendo un ulteriore “sacrificio” ai tifosi. La sottoscrizione, anticipata, di 4 mila abbonamenti. Denaro destinato alla gestione futura, che verrebbe invece utilizzato per il presente. In bella sostanza i problemi verrebbero soltanto rimandati. Tutto nel tentativo, disperato, di guadagnare tempo. Per di più quella “famosa” garanzia fideiussoria non esiste. Non andasse in porto, il tentativo disperato di Proto, i tesserati perderebbero diritti e denaro. Una carenza imperdonabile. Il Messina sta correndo contro il tempo. Il rischio di perdere la categoria è dietro l’angolo. Dispiace parlare in questi termini del club peloritano, ma gli eventi rappresentano, con una trasparenza disarmante, una realtà inconfutabile. Proto è il leader di una Società inadempiente.

Nel frattempo la Vibonese è retrocessa. Ingiustamente, come dimostrano i fatti sopra esposti. La regolarità di quel campionato è venuta meno da diverso tempo. Del perché, della carenza di certi regolamenti, come delle lungaggini burocratiche della giustizia sportiva, qualcuno dovrebbe essere capace di spiegarlo a Pippo Caffo.

Con un ultimo interrogativo di non poco conto. Vicende legate alla dirigenza del Catanzaro hanno portato alla luce una ipotesi di illecito sportivo riferita ad una gara con l’Avellino della stagione 2012/13. Gli atti sono già stati acquisiti dalla Procura Federale. I giallorossi, ove fosse riscontrata la loro responsabilità diretta, rischiano, in tempi medi, una penalizzazione. Ne potrebbe trarre vantaggio la Vibonese? Potrebbe essere riammessa, dopo che proprio il Catanzaro, battendola ai play out, l’ha spedita tra i dilettanti?

Sui ripescaggi ci eravamo espressi. Si sarebbe andati verso modifiche tali che avrebbero scoraggiato l’universo. La decisione partorita dal Consiglio Federale ha messo tutti a tacere. Ha ridimensionato le ambizioni di tanti. Il costo elevato dell’operazione ed il “gelo” dei cinque anni, per chi ne ha già usufruito in quel lasso di tempo, preludono ad una inevitabile compressione del format. Difficoltà già riscontrate tra le retrocesse dalla serie B (Latina si è già autoesclusa), tra alcuni club in categoria ed in qualche neo promossa dai dilettanti, lasciano intendere che si potrebbe andare verso un format a 50/52 squadre. Il resto lo faranno le norme (certamente più severe rispetto al passato) che stabiliranno le condizioni ed il profilo indispensabile per ottenere la licenza nazionale.

Sulle ventilate dimissioni di Gabriele Gravina, a stagione iniziata, ho delle perplessità. Non ci voglio credere. Un sasso gettato nello stagno. Una provocazione. Lui, uno dei primi a far transitare il messaggio del ragionare a sistema, cerca oggi di imporre il blocco del campionato ove, a suo dire, non venissero presi gli opportuni provvedimenti sulla riqualificazione economica della categoria. Evidenzia il problema di sempre. L’ho sentito dire tanti anni fa da Giancarlo Abete, poi da Mario Macalli, ora dallo stesso Gravina. I “soldi” per la serie C, per come è strutturata, non ci sono mai stati. Il bilancio generale della categoria si è sempre chiuso in notevole passivo. E’ sempre stata “lotta continua” con il club della serie A. Mai propensi ad aprire il cordone della propria borsa. Il persistere della crisi economica che travaglia il Paese ha acuito il malessere. A conti fatti, però, risulta che nonostante i tagli alla ex Melandri, a quelli operati dal Coni ed a altre provvidenze, la Lega di Serie C godrà, grazie anche all’intervento di Carlo Tavecchio, di un appannaggio finanziario superiore di 1,5 milioni rispetto al recente passato. L’indiscrezione è succulenta. Abbatte tante prese di posizione. Rappresenta un viatico senza dubbio apprezzabile in un periodo di malessere nella gestione globale. Nella necessità, dimostrata, di ridurre gli organici. Una decisione che è imposta dall’incapacità di taluni e dalle scarse risorse economiche disponibili. Come insegnano i percorsi di Latina, Vicenza, Maceratese, Ancona, Mantova, Messina e qualche altro, tutt’ora coperto nel plotone. Purtroppo!