INTERVISTA TC Alberto Cavasin: "Pausa e ritorno al calcio. Racconto tutto"

25.12.2017 17:00 di Francesco Ferrari   vedi letture
INTERVISTA TC Alberto Cavasin: "Pausa e ritorno al calcio. Racconto tutto"
TMW/TuttoC.com
© foto di Federico De Luca

La bellezza della semplicità. “Sì, lo ammetto, sono felice” confessa Alberto Cavasin fuori dai microfoni (ci perdonerà se lo riportiamo…), in forma e determinato più che mai a portare alla salvezza il Santarcangelo, cenerentola del girone B insieme al Fano. “E’ l’opportunità perfetta e la sento mia - prosegue il 61enne tecnico trevigiano, con voce raggiante -. C’è un’atmosfera buona, ma tosta. Bisogna pedalare”. Facile aspettarsi una persona schiva e chiusa, avvalendosi dei vari video sul web, ma la realtà mostra invece l’esatto opposto, con il tecnico che getta la maschera e racconta a 360’ la sua nuova esperienza. E, a sentirlo parlare, si ha quasi l’impressione che il piccolo Santarcangelo e la grande Sampdoria siano vicini non solo nell’ordine alfabetico: due squadre che rappresentano l’attualità e il passato di Cavasin, con in mezzo una pausa di sei anni presa dopo la retrocessione dalla A alla B con il club blucerchiato nel 2011. Come mai questo break? Lo racconta lui stesso in esclusiva a Tuttoc.com.

Cavasin, partiamo dal presente. Il Santarcangelo: vittoria all’esordio con il Mestre, stop con il Ravenna. Obbiettivi?
“Vogliamo salvarci e restare in categoria. E’ ciò che mi ha chiesto la proprietà anche se abbiamo una classifica deficitaria: dobbiamo meritarci di restare in terza serie”.

Che squadra ha trovato?
“E’ chiaro che sia un po’ in difficoltà nel morale per i risultati. Il gruppo però è coeso, ha voglia di riscatto e ha saputo dare il meglio nei momenti duri. Mi sono fatto accettare tramite il lavoro: ho toccato poco, ma voglio dare sicurezze a giocatori bravi e capaci”.

Cos’ha provato quando è stato chiamato dal Santarcangelo?
“Per me è un ritorno in Romagna (era al Cesena nel 98/99, ndr), con persone che conosco bene come Roberto Brolli (attuale numero uno fino al definitivo cambio di proprietà, dopo sarà presidente onorario, ndr). Il tessuto umano e sociale mi piace molto: per me la Romagna è tanta roba, quando ci torno mi si apre il cuore”.

Quanto ci ha messo per accettare l’offerta?
“Mezz’ora. La durata della chiamata con Vlado (Borozan, uomo di fiducia della nuova proprietà, ndr): mi ha spiegato tutto, progetto e altro. Mi ha detto “vieni” e, mentre mi parlava, pensavo a cosa rispondergli. Alla fine gli ho detto sì in diretta: pensavo alla categoria, al lavoro, alla responsabilità che mi sarei preso. Ho sentito che dentro di me nasceva entusiasmo, piacere di venire a lavorare qui e scendere in campo”.

Cinque anni lontano dalle panchine, sei dal calcio italiano. Come li ha vissuti?
“Vivendo di calcio fuori dal campo e documentandomi. Ma non sono sparito: mi sono tenuto in forma fisicamente e guardavo anche 2 partite lo stesso giorno nei weekend. Non portavo solo fuori il cane la mattina…”.

Niente addio al calcio, però come mai niente panchina?
“Mi sono staccato io. Dovevo sentire ancora la voglia di essere protagonista come allenatore e mi sono dato del tempo per capirlo. Ho vissuto facendo altre cose: corsi, documentari e leggevo libri. Poi, in seguito, ho capito che dovevo entrare in campo o fare altro: “E’ ancora lì la mia storia” mi sono detto. Ed eccomi qui”.

La retrocessione con la Sampdoria quanto ha inciso?
“Ho fatto due mesi in una squadra che era in caduta libera, non sono riuscito a dare quell’apporto. Tutti hanno dato il top, compresi i giocatori: da fuori sembrava facile, dentro c’erano delle difficoltà”.

Poi la parentesi al Lleyton Orient.
“Ho capito che volevo tornare in panchina e ho accettato di andare in Inghilterra. Però ho capito subito che dovessi tornare a farlo in Italia, senza intoppi particolari come poteva essere la lingua. E’ stata comunque un’esperienza”.

Ora la Romagna, con il nuovo corso.
“Sono persone che conoscevo già da prima. Davanti a questo progetto hanno messo la nostra amicizia. Non sono qui per soldi, ho fiducia nella proprietà”.

Parla di progetto, cosa consiste?
“Il mio è di salvare il Santarcangelo in questi sei mesi. Il nostro presidente (Ivan Mestrovic, ndr) vuole emulare ciò che è stato fatto nel campionato croato con l’Oijsek (club di proprietà dello stesso Mestrovic, preso vicino al fallimento e portato in Europa League, ndr): vogliamo fare bene, costruire un buon settore giovanile ed essere ambiziosi”.

Qual è la ricetta per restare in terza serie?
“Lavorare e costruire la salvezza giorno dopo giorno. E’ l’unico metodo che conosco”.