Una vita in gioco. L'amore, il calcio, la SLA di Chantal Borgonovo

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10.11.2017 09:48 di Chiara Biondini Twitter:    vedi letture
Fonte: Recesione del TMWmagazine N. 71
Una vita in gioco. L'amore, il calcio, la SLA di Chantal Borgonovo
TMW/TuttoC.com

Titolo: Una vita in gioco. L'amore, il calcio, la SLA
Editore: Mondadori
Autore di Chantal Borgonovo,‎ Mapi Danna

"Non tutti conoscono il viaggio. Questo è un libro che parla di vita e di speranza". Chantal Borgonovo lancia questo messaggio nella conferenza stampa per presentare il libro che ha scritto con Mapi Danna, "Una vita in gioco. L’amore, il calcio, la Sla", che non è soltanto un ricordo del marino Stefano. "È inevitabile comunicare momenti drammatici. Ci sono emozioni, il vissuto, ma anche altro... c’è anche un messaggio di speranza, perché purtroppo l’epilogo lo conoscono tutti". Si perché Stefano se l'è portato via la "stronza" nel 2013, quella SLA contro cui lui ha combattuto fino alla fine, con la stessa determinazione che metteva da attaccante in campo, lottando ogni minuto per la partita della sua vita.

Stefano, calciatore che ha vestito le maglie di Milan, Fiorentina e di altre squadre di serie A, ha avuto il coraggio con l'amico Roberto Baggio e anche Paolo Maldini di mostrare a tutti gli effetti di questa malattia degenerativa, affrontandola a testa alta, in quella straordinaria serata al Franchi di Firenze, nel 2008, con 27mila persone sugli spalti. Tutti commossi, nel vedere il campione inchiodato a una sedia a rotelle. "Non sapeva quale avversario avesse scelto! Non immaginava, la 'Stronza' di trovarsi a marcare un attaccante vero, un guerriero che fino all'ultimo ha saputo incoraggiare e sostenere chiunque!"- queste alcune parole di una lunga lettera che Baggio ha messo nero su bianco per ricordare l'amico.

Chantal racconta in queste pagine, di come lo avesse conosciuto quando lei era poco più di una ragazzina e lui giovane promessa del calcio, e di come si fossero persi uno per l’altro dopo un bacio al caffè a una festa. "Credeva nelle cose belle e giuste, credeva nel calcio, nei minuti di recupero pieni di possibilità, credeva nell’amore e credeva in noi". La loro storia è stata esplosiva perché non è esemplare, come lei racconta sottolineando come in ogni caso venderebbe "tutto per avere un frammento di quella tensione", con lui che la molla in strada dopo una sfuriata. "Quando decidevo di essere irritante, precisa, soffocante, ci riuscivo alla meraviglia"- racconta lei, così come trasmette la sua freddezza, quando Stefano da Udine non torna a casa per mesi e quando si decide, "non poteva arrivare splendente e pensare di trovare una geisha. Non è delle geishe desiderare, io invece desideravo e lui si era sottratto".

Per cinque anni Borgonovo ha mosso solo gli occhi. Eppure, con il solo uso degli occhi è riuscito a fare la rivoluzione. Ha deciso di dire sì, di non staccare le macchine...è una storia straordinaria, piena di valori. Ci sono la passione, la rabbia, l'odio, la rassegnazione, ma ci sono anche la rivincita e la resurrezione. Ci sono la dedizione, la fedeltà e la gelosia. C'è il tema bioetico del "fine vita", l'abuso "comodo" di certi farmaci, ci sono il coraggio e la speranza. Non c'è la soluzione ma c'è la ricerca, che attribuisce senso al dolore. C'è il mondo dorato e appassionato del calcio e per il calcio l'amore assolto e acritico di Stefano. C'è il valore della famiglia che può salvare o ferire, a volte contemporaneamente, come la mamma di lui un giorno allontanata perché non reggeva il dolore. "L'ho chiusa fuori di casa. Non le ho mai più permesso di entrare". C'è la condizione ingiusta e spietata dei malati di SLA che diventano schiavi, prigionieri, ma Chantal gli ha permesso di continuare a essere persona, intera, a essere marito e padre dei loro quattro figli. “Mi sentivo Rambo e Cenerentola...due fighi guerrieri”, le colonne “di una famiglia anomala, elastica, incasinata, piena di sfumature, nodi e spigoli”.

Chantal confessa in ultimo che ci sono giorni in cui tra le mani stringe certe vecchie foto. “Il primo anno senza Stefano ho quasi solo dormito, il secondo ho quasi solo mangiato, il terzo non sapevo cosa fare. Speravo di accompagnarlo fino all’ultimo, non ci sono riuscita, con il tempo mi sono detta che è stato meglio ricevere una telefonata da mia figlia anziché essere stata costretta a farla io”- si perché lei il giorno in cui la trachea di Stefano collassò, era a 208 chilometri di distanza a Zogli a sistemare la casa per portarlo in vacanza, non si allontanava da mesi, ma il destino ha voluto così”.

In queste pagine c'è una storia potente e parlante, di più, una storia che urla, piena di luce, di suggestioni, immagini, spavento e poesia, di verità anche cruda, la volontà di godere di ogni istante della vita nonostante gli ostacoli e i momenti bui.