Pro Piacenza, un silenzio ancora troppo assordante

21.06.2018 06:00 di Claudia Marrone Twitter:    vedi letture
Pro Piacenza, un silenzio ancora troppo assordante
TMW/TuttoC.com

Con i playoff definitivamente andati in archivio e con l'avvio del calciomercato ormai alle porte, la stagione 2018-2019 sta entrando nel vivo, anche se ovviamente ci saranno degli step fondamentali che ci condurranno ad agosto, data dell'avvio ufficiale dell'annata, che si aprirà con le partite di Tim Cup e Coppa Italia Serie C. Quello più importante, ma anche la nota dolente che ogni anno, come un mantra, accompagna la seconda metà di giugno, è legato al 30 del mese, data nella quale dovrà essere presentata la domanda di iscrizione al prossimo campionato, corredata dalla necessaria fidejussione: seppur per motivi diversi fra loro, anche questo anno svariati club sono a rischio.
E, forse per la prima volta, tra questi c'è il Pro Piacenza.



Avvolgiamo il nastro. Dopo la salvezza ottenuta nella regular season, patron Alberto Burzoni lo scorso 2 giugno ha dato mandato all'avvocato Di Cintio di occuparsi della vendita del club, ma per il momento non si sono registrati concreti e seri interessi per lo stesso, anche se probabilmente quest'oggi qualcosa potrebbe muoversi, dato che sembrano esserci ancora due opzioni da valutare per il futuro e ci sarà un incontro tra il presidente rossonero e il legale. Non è quindi giusto suonare adesso il de profundis, ma le sensazioni che filtrano non sono sicuramente positive.
Ed ecco quindi che si apre la tematica che troppo spesso è sottovalutata: come azienda, il Pro Piacenza ha dei dipendenti (che non sono solo calciatori, a ogni modo "danneggiati" anche loro) che saranno costretti, con i difficili tempi che corrono, a cercarsi un altro impiego, magari con l'ansia e la preoccupazione di una famiglia a casa da mantenere. Non solo: il settore giovanile del club è uno dei vanti cittadini, ma chiaramente, senza una prima squadra iscritta a un campionato andrebbe a sparire. Ma nessuno, se questo succede a una piccola realtà - per di più calcistica, con il calcio che ancora non è percepito come un lavoro - senza neppure troppi tifosi al seguito, sembra essersi interessato a questo, neppure spendendo una minima parola per portare all'attenzione dei media questa situazione: cosa che invece è stata fatta con club molto più blasonati e ora in difficoltà, quasi a far capire che ci sono figli e figliastri. Un esempio? Il sindaco di Piacenza, che non risulta essersi espresso in merito: se lo ha fatto, pronti a scusarci con lui e riprendere le sue parole. 

Poco importa, quindi, se il Pro è sempre stato un virtuosismo economico della terza serie, alla quale ha regalato una società sana, sempre precisa e puntuale con i pagamenti e mai penalizzata, e per altro senza debiti: sembra che nel calcio moderno conti più il nome. Come se fosse solo una dicitura a fare l'appeal di una realtà. Sia chiaro, per un imprenditore è normale che un pregresso blasone legato al bacino di utenza di una piazza vada ad avere un certo peso, proprio per i citati tempi che corrono nell'economia del Bel Paese, un minimo di ritorno, a fronte di un investimento, si deve avere, ma è meno normale che i soggetti super partes trascurino così tanto una realtà che invece una voce la merita. Anche quando le cose non vanno bene.