A LIVORNO FANNO IN FRETTA E FANNO BENE. CHE FAVOLA IL PORDENONE, MA LA COPPA ITALIA È DA RIFORMARE. IL MERCATO SI MUOVE: A SAN BENEDETTO SI IMPARI DAGLI ERRORI DEL PASSATO. ALESSANDRIA, CHE DELUSIONE

Nasce a Bari il 23.02.1988 e di lì in poi vaga. Laurea in giurisprudenza, titolo di avvocato e dottorato di ricerca: tutto nel cassetto, per scrivere di calcio. Su TuttoMercatoWeb.com
29.11.2017 00:00 di  Ivan Cardia   vedi letture
A LIVORNO FANNO IN FRETTA E FANNO BENE. CHE FAVOLA IL PORDENONE, MA LA COPPA ITALIA È DA RIFORMARE. IL MERCATO SI MUOVE: A SAN BENEDETTO SI IMPARI DAGLI ERRORI DEL PASSATO. ALESSANDRIA, CHE DELUSIONE
TMW/TuttoC.com

Chi fa il giornalista non dovrebbe mai ammettere il proprio ritardo su una notizia. Al massimo, fare finta di averla saputa sin dall’inizio e poi taciuta per chissà quale ragione. Almeno, questo è quello che fa certa stampa, più attenta a darsi arie che a dare notizie. Fatta la dovuta premessa, l’ammissione: sono rimasto sorpreso dall’annuncio della novità in casa Livorno. Breve riepilogo per chi non fosse aggiornato: Aldo e Roberto Spinelli hanno venduto il 28% delle proprie quote societarie a Marco Arturo Romano, ingegnere che diventa socio di minoranza (ma rilevante minoranza) e vice-presidente del Livorno. Una notizia che è stata un po’ un fulmine a cielo quasi sereno: era noto da tempo che Spinelli cercasse imprenditori pronti a rilevare almeno in parte il Livorno. Ma la chiusura della trattativa non è stata preceduta dal solito chiacchiericcio assortito che fa prima ben sperare e poi preoccupare i tifosi. Una parte del Livorno è stata venduta, ed è stata venduta a una persona che, curriculum alla mano (tra le altre cose è stato presidente di Federsicurezza) sembra avere le carte in regola. Una cessione societaria, fatta nel modo in cui una cessione societaria dovrebbe avvenire. In maniera tra l’altro intelligente, perché consente agli Spinelli di tenere il controllo e “tastare” il nuovo socio: aprire le società a nuovi imprenditori, senza togliere le redini a chi sa guidarle, è un modo furbo (in senso positivo) di mettere i conti in ordine e assicurare tranquillità.

Chiarisco: non posso mettere la mano sul fuoco sul futuro del Livorno o sulla serietà del nuovo socio, per il semplice fatto che non lo conosco e mi sono limitato a indagare un minimo dopo la notizia. Però è così che le trattative dovrebbero avvenire: senza proclami, lavorando dietro le quinte, facendo i dovuti annunci solo quando è il momento. Per fare un paragone con piani più altolocati del nostro calcio, è la stessa differenza che c’è stata tra la cessione dell’Inter e quella del Milan. Nel primo caso, un giorno la società era di Thohir e il giorno dopo di Suning, senza che quasi ce ne accorgessimo. Nel secondo, la trattativa ha avuto una gestazione infinita, e ancora oggi siamo qui a interrogarci sulle effettive capacità finanziarie di Li Yonghong. Tornando nel nostro orticello della Serie C, a Livorno si sono fatte le cose nel modo giusto, e qualche soddisfazione i tifosi potrebbero togliersela. Il derby col Pisa è stato una brutta botta, ma si può ripartire e penso che anche sul campo i labronici abbiano una marcia in più rispetto agli avversari. Per rimanere sul minato campo delle trattative, ce ne sono altre che aspettando un lieto fine. In alcuni casi siamo davvero alla fumata bianca: la cessione dell’Arezzo ha vissuto già una certa fase mediatica, ma in questo caso i personaggi coinvolti sono convincenti. Penso che un professionista del calibro di Franco Zavaglia, per la carriera e la storia che ha, dia credibilità all’intero progetto e quindi sono tranquillo. Meno tranquillo in altri casi. Sul Vicenza dovremmo esserci, ma aspettiamo il 10 dicembre perché la trattativa ha assunto i toni della telenovela. Sull’Akragas per fortuna il dottor Nuccilli (o Monzi) sembra essersi defilato, ma non sono convinto al 100% che Nava sia l’uomo giusto. Meglio del suo predecessore, ma non è che ci volesse molto. Comunque, aspettiamo e speriamo.

Arriviamo alle cose di campo, perché lì ci sono belle storie. Il Pordenone che batte il Cagliari è l’ennesima favola di una Coppa Itala che qualche gioia al famoso tifoso neutrale (oltre che ovviamente a quello dei Ramarri) la dà. I neroverdi sono da anni una delle realtà più convincenti della Serie C, forse avrebbero potuto togliersi qualche soddisfazione in più, ma penso che lo faranno. Giocare a San Siro è già un bel risultato, l’importante sarà viverla nel giusto modo: occhio a non farsi distrarre come successe all’Alessandria due anni fa, quando si invaghì della Coppa Italia e si dimenticò del campionato. Bella favola, quella del Pordenone in Coppa Italia, ma mi viene spontanea una domanda: non sarebbe stato più bella viverla in casa dei friulani? La Sardegna Arena era mezza vuota, stessa cosa succederà a Milano. Il Bottecchia, invece, sarebbe stato stato strapieno. In Inghilterra funziona così, e infatti in FA Cup (complice il sorteggio integrale) vanno avanti anche le vituperate squadre di provincia. Tra le tante cose da cambiare nel possibile (ma ci crediamo davvero?) anno zero del calcio italiano, penso che ci possa essere anche questa. Una Coppa Italia che dia sempre più spazio alle belle storie di provincia. Tra l’altro, acquisterebbe anche fascino e appeal: il Cagliari o l’Inter che passano il turno col Pordenone non fanno notizia. Il Pordenone che vince col Cagliari sì, e ne beneficia tutto il sistema.

Dal campo, al mercato, il passo è breve. Oggi su TMW Radio (facciamo pubblicità: ascoltate le ragazze di Fattore C, belle e brave) mi hanno chiesto se ci dobbiamo aspettare un mercato scoppiettante. Andrà a catena rispetto alle categorie superiori, perché soldi non ce ne sono e bisogna aspettare che arrivino dalla A o dalla B. Però qualcosa inizia a muoversi. Dall’arrivo di Capuano la Sambenedettese è un cantiere aperto. Quella marchigiana è una delle piazze più belle del campionato di Serie C ed è giusto che sogni in grande. Il presidente Fedeli poi è un appassionato e questa è un’altra cosa positiva per il nostro calcio. Però da bravo appassionato qualche volta commette errori. Lo fece l’anno scorso, quando silurò un intero organigramma (dal ds Federico al tecnico Palladini passando per il team manager Diomede) che invece stava facendo meraviglie. Quest’anno ha scelto di cambiare molto presto tecnico e forse non aveva neanche tutti i torti, ma affidarsi in toto a Capuano può essere un’arma a doppio taglio. Eziolino capisce di calcio e sa prendersi le prime pagine dei giornali, ma non ha ottenuto sempre buoni risultati, anzi spesso ha deluso. San Benedetto merita tanto, attenzione a muoversi con troppa foga. Chi si deve muovere, anzi smuovere, è l’Alessandria: sinceramente, non mi aspettavo un campionato del genere. E penso che nessuno potesse immaginarlo. Però, anche se col senno di poi, le ragioni le possiamo anche trovare: per tre stagioni i grigi hanno sfiorato la promozione in Serie B, l’anno scorso se la sono addirittura fatta scivolare dalle mani quando sembrava impossibile che non toccasse a loro. In estate c’era bisogno di una rivoluzione e invece è stata fatta solo a metà. Vanno bene i valori tecnici, ma dopo un’annata come quella 2016/2017 servivano nuovi stimoli, altrimenti si rischia, con una squadra che attualmente è la parente scarsa di quella che avevamo ammirato. Qualche nome? Musacci, per esempio, sarebbe un bell’investimento e la società ci sta pensando concretamente. Chiudiamo dove avevamo iniziato: a Livorno. Sarebbe bello che uno dei primi passi della nuova società fosse quello di rinnovare il contratto a Daniele Vantaggiato: è sceso di categoria e non era scontato. Ha avuto problemi fisici e ha lottato per riprendersi. Può essere una bandiera e un simbolo di continuità, il rinnovo sarebbe un buon segnale per iniziare la stagione. Oltre che un modo intelligente di allontanare le sirene di mercato.