Gli “zainetti” mortificano la meritocrazia. Gli abusivi la professione. Lucarelli la decenza. Taluni presidenti…il campionato. Stop ai ripescaggi

22.06.2017 08:30 di  Vittorio Galigani   vedi letture
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© foto di Luigi Gasia/TuttoNocerina.com

Un tempo esisteva il detto/la moda “bussare con i piedi”. L’ospite doveva presentarsi con le mani “occupate” da un presente ed essere obbligato a quel gesto. Nel calcio è stato sostituito con la consuetudine dello “zainetto”. La riconosciuta crisi finanziaria di tanti club “consiglia/invita” taluni presidenti a ricorrere/accettare tale negativo espediente.

Magari si indebita la Società non pagando oneri e contributi, ma il contante di qualche padre generoso o la riserva aurea promessa da qualche addetto ai lavori fa comodo non rifiutarla. Oltre tutto si tratta di ricavi, il più delle volte non documentati, che non lasciano traccia. “Pecunia non olet” affermava l’imperatore Vespasiano nell’antica Roma.

Un malvezzo, che sta prendendo sempre più campo e che mortifica il sistema. La meritocrazia lascia il passo alla necessità attribuibile al denaro. Non si spiega altrimenti come allenatori, pluridecorati da una serie impossibile di esoneri, trovino sempre e costantemente posto di lavoro. Gabriele Gravina ha recentemente “invitato” chi sa a denunciare. Come se fosse facile averne la prova. Dovrebbe essere lui in grado di accertarlo presso taluni suoi presidenti. In base alle scritture/indici in suo possesso non dovrebbe risultargli difficile individuare movimenti cristallizzati, ma comunque sempre scarsi nella trasparenza.

Sugli allenatori che ricorrono a quella pessima strategia stendiamo un velo pietoso. Ognuno è arbitro della propria esistenza. Per quello che compete evidenziamo invece l’incongruenza che si verifica nel campo dei direttori sportivi. Già le norme, di per se stesse, sono inadeguate. L’assunzione “rimandata” al 1 di ottobre (a campagna trasferimenti conclusa). La possibilità della surroga che viene concessa (nei censimenti di tanti club pullulano, a quella voce, cognomi di segretari e presidenti). Anche per ricoprire il ruolo di  direttore generale si dovrebbe essere in possesso di un titolo adeguato. Rilasciato dall’organismo federale. 

E’ sulla pletora di abusivi (alle volte anche squalificati) che operano “sfacciatamente” nel calcio  con le mansioni più disparate, che ci vogliamo soffermare. A volte sono allenatori o procuratori. Altre semplici abusivi, comunque senza alcun diploma riconosciuto, sono ufficializzati nelle pagine dei club. I così detti “responsabili dell’area tecnica” e/o “ consulenti di mercato”. Figure neppure ipotizzate dall’organigramma tipo, distribuito dalla struttura, nella quale si raccomanda invece alle Società di inserire le figure richieste dal titolo III, criteri sportivi ed organizzativi. 

Grabriele Gravina ha invitato, chi sa, alla denuncia. Noi, a tutela della categoria, facciamo soltanto alcuni esempi: lavora da tempo per la Casertana un giovane che il 24 maggio scorso si è, tra l’altro, presentato ai microfoni di Raisport Sat, nell’intervallo della gara play off contro l’Alessandria, disquisendo da direttore sportivo. Non ne ha titolo. Lo ha fatto per tutto il campionato. I bene informati dicono che si presenterà al prossimo corso di Coverciano per sistemare la sua posizione. Sarà ammesso? Glielo auguriamo. A tutt’oggi è comunque un abusivo. Raffaele Ferrara esercita da direttore sportivo a Pisa, non è tra i diplomati inclusi nell’elenco Speciale Direttori Sportivi pubblicato dalla Federcalcio ed aggiornato al 27 aprile scorso. A Padova Giorgio Zamuner, peraltro un valido agente Uefa (era nella scuderia Tinti) esercita, come recita la pagina ufficiale del club, da direttore generale e responsabile dell’area tecnica. Un espediente. Un palliativo. A Siena altrettanto. Davide Vaira, sprovvisto di titoli rilasciati dalla Figc, è il responsabile dell’area tecnica e tratta operazioni di calciomercato. Altri giovani provvisti soltanto della licenza di collaboratori alla gestione sportiva si stanno approcciando al professionismo. Capita a Francavilla ed in altre sedi. Dovrebbero nel corso della stagione regolarizzare la loro posizione. Per ora, però, sono soltanto degli abusivi. Se le regole ci sono andrebbero rispettate. Meglio ancora: andrebbero fatte rispettare. A tutela di tutti coloro che, seguendo un iter dettato dalle norme, sono ammessi  ai corsi indetti all’Università del calcio (Coverciano) perché in possesso dei requisiti richiesti. Facendosi carico di oneri finanziari, di iscrizione e di mantenimento.

A proposito di chi sa e deve denunciare. Ha colpito/meravigliato un po’ tutti l’intervista rilasciata nei giorni scorsi da Alessandro Lucarelli ai microfoni di “Radio Anch’io sport”: “a Parma non ci sono le condizioni per cui un giocatore possa vendere la partita per fare soldi, ma purtroppo in altre squadre può succedere”. Una espressione pesante che lascia presupporre la conoscenza di alcuni “misfatti”. Troppo navigato ed esperto il buon Alessandro per non comprendere che avrebbe scoperchiato un vespaio. Ove fosse stato a conoscenza di qualche misfatto avrebbe avuto il dovere di denunciarlo. Per di più un paio di partite casalinghe perse nell’ultima stagione (Ancona e Forlì entrambe retrocesse), riguardanti proprio il Parma, hanno spalancato a una serie, legittima, di dubbi. Contando, per di più, che per un moderno sistema perverso, non è necessario “vendere” o “comperare”, basta “scommettere”.  Per carità: a pensar male è peccato, ma spesso ci si indovina!

Sulla regolarità del campionato si fonda il futuro della Serie C. Un guaio vero. Chi non paga da novembre viene penalizzato a campionato concluso. Le inadempienze del secondo semestre slittano addirittura alla stagione successiva. Incomprensibile come possano restare in categoria club inadempienti, che probabilmente non riusciranno neppure ad iscriversi e debbano invece scomparire i migliori. Fosse stata applicata per tempo la norma della recidività nel girone C, l’ultima classifica sarebbe risultata stravolta. Esiste una lentezza nell’accertamento che si protrae da anni. Ne va della credibilità del sistema. 

Licenze nazionali. Sino al trenta giugno può succedere di tutto, si è detto. Era doveroso evitare che, per l’ennesima volta, accadesse. I segnali di fumo provenienti da chi si trova in stato di carenza sono evidenti da tempo. Il ridimensionamento del format appare inevitabile. Perseverare nei ripescaggi sarebbe controproducente. Risulta al proposito che lo scorso anno, per ricorrerci, qualcuno si sia addirittura dovuto indebitare. Una follia. Le sette retrocessioni dell’ultimo campionato ne sono la dimostrazione lampante.

Le regole imposte recentemente sono onerose e severe. Al di la del fondo perduto (300mila) e della fidejussione (200mila) quei cinque anni sembrano una montagna insormontabile. C’è solo da auspicarsi che per superarla, nell’aspetto temporale, non si voglia ricorrere, come nel recente passato, alla seconda ed alla terza chiama.