Pochi soldi, meno squadre. Maggiore è la ripartizione. L’equazione è semplice. Direttori sportivi e incompatibilità, condanna all’abusivismo. Prima il titolo ... e poi il lavoro

27.06.2017 08:20 di  Vittorio Galigani   vedi letture
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© foto di Luigi Gasia/TuttoNocerina.com

E’ iniziata una settimana fondamentale per le Società di Serie C. Entro il termine inderogabile e perentorio di venerdì 30 giugno vanno presentate la domande di ammissione al campionato professionistico della prossima stagione. Vanno allegate tasse di iscrizione e garanzia fideiussoria. L’Antitrust concede la facoltà della polizza assicurativa, sarebbe stato preferibile che fossero tutti contratti stipulati con gli Istituti bancari. Avrebbero garantito un minimo di certezze in più.

Il contendere, come accade ormai per consuetudine, verte sul mancato rispetto delle norme. In primis sul pagamento delle retribuzioni ai tesserati maturate sino al 31 maggio scorso. Poi sulla dimostrazione della correntezza contributiva o, in alternativa, la dimostrazione che gli Istituti all’uopo preposti hanno eventualmente concesso facilitazioni nel versamento del dovuto, dilazionando.

Ci sono club che non pagano stipendi e contributi da tempo immemorabile. I casi di Mantova e Messina (invito i tifosi peloritani a riflettere sulla situazione del loro club) rappresentano la punta dell’iceberg. A Como un bonifico internazionale si è smarrito nei meandri delle reti telematiche. Non esiste copertura fideiussoria ed il pagamento degli stipendi subisce ritardi che vanno oltre il consentito. A Catanzaro la situazione è grave, ma trae origine da eventi diversi. La sopravvenuta impossibilità a gestire, della attuale proprietà, obbliga il neo sindaco Sergio Abramo a una corsa contro il tempo. Il tentativo di mettere insieme un gruppo di imprenditori del territorio per il salvataggio, in extremis, della categoria. Anche il migliore dei casi obbligherebbe comunque i giallorossi partire, nel prossimo campionato, con l’handicap della penalizzazione. Sull’argomento finanziario lo stesso Gabriele Gravina ha lanciato l’allarme generale. La paventata riduzione diritti televisivi della Serie A (si teme un taglio di 250 milioni annui), per il prossimo triennio, metterebbe maggiormente in crisi proprio i club di Serie B e C. Le difficoltà economiche di altri club in categoria ed il fallimento del retrocesso Latina danno la conferma della necessità impellente di ridurre il format della Serie C. Non è possibile attuarlo nell’immediato con la riforma? Si deve perseguire con l’applicazione di regole più severe.

Lo stesso vertice di Lega lamenta, da tempo, che i proventi/contributi del presente sono insufficienti. Minacciando le dimissioni. I fatti dimostrano altresì che il numero delle Società inadempienti è in crescita.  A rimedio rimane, come unica soluzione, quella di comprimere il numero dei partecipanti al campionato. Poco denaro, meno squadre. Maggiore è la ripartizione. Pochi, ma buoni. L’equazione è semplice.

In questo contesto è mirata anche la decisione di rendere più onerosi gli eventuali ripescaggi. Tra fondo perduto (300 mila) fideiussioni (200 ripescaggio, 350 mila campionato) e tasse di iscrizione si giunge ad un impegno complessivo di circa 900 mila euro. Una enormità nella crisi economica che sta attraversando il Paese. Per di più il  “paletto” dei cinque anni, per chi ne ha già usufruito in precedenza, limita notevolmente il numero dei papabili. Al momento sembra trarne vantaggio soltanto la Triestina per la quale scatterebbe un cavillo procedurale. Ai Giuliani è stato si attribuito il titolo negli ultimi tre anni, ma in categoria dilettantistica. La nuova norma, invece, riguarda soltanto la categoria professionistica per cui ai rosso alabardati sarebbe concesso il via libera. 

Sul tema degli abusivi e sulle denunce sollecitate da Gabriele Gravina corre l’obbligo di ritornare. In materia il Regolamento dell’Elenco Speciale dei Direttori Sportivi è oltremodo chiaro. L’articolo 4, quello dell’Incompatibilità, recita, al comma 1, delle norme esemplari “l’iscrizione e la permanenza nell’Elenco Speciale sono incompatibili con la carica di sindaco di società sportiva, con qualunque carica o incarico procurativo o di assistenza nell’interesse di calciatori o società, nonché con l’attività di calciatore o di tesserato di altro ruolo federale, fatto salvo quanto previsto per il Direttore Sportivo, abilitato come osservatore calcistico”.

In materia di abusivismo il primo nome che viene alla ribalta è quello di Luca Matteassi che le cronache danno per direttore sportivo a Piacenza. Ha giocato sino a pochi giorni orsono, collezionando in stagione ben 31 presenze. Non risulta iscritto a nessun albo professionale. Gianluca Berti, ex portiere, risulta essere il nuovo direttore della Carrarese. Non risulta essere, nemmeno lui, iscritto negli elenchi pubblicati recentemente dalla Federcalcio.

Come loro ce ne sono diversi altri: allenatori, procuratori, soggetti particolari prestati al calcio. Camuffati sotto le qualifiche più impensabili. Consulenti o responsabili di settori aziendali inesistenti nella mappa degli organigramma del calcio. Tutti lavorano impunemente ed a danno di chi la specializzazione se l’è guadagnata sui banchi di Coverciano. Molti tra l’altro, muniti di nessuna esperienza in materia, si inventano Direttori Generali. Proporrò al proposito che, al pari degli allenatori, per arrivare a quella qualifica debba essere necessaria una pluriennale esperienza. Con adeguata “gavetta” nel settore. Corredata da step di formazione e da esami qualificanti.

Con una chicca. Sul comma 4 di quell’articolo (4) sull’incompatibilità. Il regolamento dell’Elenco Speciale dei direttori sportivi recita: “l’esercizio, senza titolo, delle attività indicate all’articolo uno del presente regolamento da parte di soggetti non tesserati comporta, per costoro, il divieto di partecipare ai corsi e ad essere iscritti all’elenco speciale per un periodo da 1 a 3 anni”.

Più esplicito non si potrebbe. Prima il titolo e poi il lavoro. Un avviso ai naviganti (presidenti ed abusivi) di una trasparenza unica. 

Un regolamento che però viene pedissequamente calpestato. Trascurando regole e comportamenti. Non ci dovrebbe essere  bisogno di aggiungere altro. Tutto infatti si commenta splendidamente da sé. Se non la scarsa responsabilità dimostrata da taluni presidenti che si limitano ad una personalissima gestione del “gioco”. Mai dell’azienda. Affossando in tal modo il sistema, con i risultati, pessimi, che sono sotto gli occhi di tutti.