SQUADRE B ORMAI CI SIAMO. AL POSTO DEI CAMPANILI AVREMO TANTI CLONI DELLE SOLITE NOTE CHE INGRASSERANNO ANCOR DI PIÙ LE PROPRIE TASCHE A SCAPITO DELLE ALTRE. MA UN ALTRO MONDO È POSSIBILE, BASTEREBBE VOLERLO E LOTTARE PER ESSO

04.05.2018 00:00 di  Tommaso Maschio   vedi letture
SQUADRE B ORMAI CI SIAMO. AL POSTO DEI CAMPANILI AVREMO TANTI CLONI DELLE SOLITE NOTE CHE INGRASSERANNO ANCOR DI PIÙ LE PROPRIE TASCHE A SCAPITO DELLE ALTRE. MA UN ALTRO MONDO È POSSIBILE, BASTEREBBE VOLERLO E LOTTARE PER ESSO
TMW/TuttoC.com

In un editoriale di qualche tempo fa avevo scritto poche righe a proposito dello sbarco nella prossima stagione delle cosiddette squadre B delle big del calcio italiano in Serie C. Poche righe in cui avevo espresso la mia contrarietà considerando queste come “cloni di plastica delle solite note che non vogliono lasciare alle altre neanche le briciole della ricca tavola imbandita a loro, esclusiva, disposizione”. Nei giorni scorsi il presidente del CONI Giovanni Malagò ha praticamente ufficializzato quella che finora era una, concreta, ipotesi spiegando che a breve verrà stilato un provvedimento ad hoc che le sdoganerà dal prossimo anno o forse fra un altro ancora, spiegando che questa nuova opportunità non potrà che essere positiva per la Lega Pro e per tutto il calcio italiano. Per quanto mi riguarda resto sulle mie posizioni e sono convinto che il CONI, la Federcalcio e in ultimo la Lega Pro avrebbero dovuto impegnarsi maggiormente per rendere più sostenibile la Serie C preservando piazze storiche che sono invece destinate in questo modo a sparire o finire sempre più ai margini. Magari allontanando e non permettendo più di rientrare a taluni personaggi che lasciano solo macerie alle proprie spalle o che saltellano da un club all'altro senza avere mai i soldi per portare a compimento l'operazione di salvataggio della, di volta in volta, prescelta bella da salvare. Basterebbe poco, una più equa distribuzione dei soldi e regole più rigide, ma probabilmente tutto questo va nel verso opposto alla piega che il calcio, non solo in Italia, ha preso da alcuni anni a questa parte e che ormai sembra irreversibile finché non scoppierà la bolla e ci ritroveremo in una riedizione della Grande Crisi del 1929.

Il calcio, come il resto della vita, va sempre più globalizzandosi governato dal denaro, e dai bisogni, delle televisioni che chiedono sempre più partite, sempre più tornei sia nella stagione regolare sia durante l'estate, sia a livello di club sia di nazionali (basti vedere la Nations League e l'idea di un mini Mondiale da giocarsi ogni due anni). Ma non solo perché non bastano solo più partite, ma queste devo essere anche fra squadre riconoscibili, globali e globalizzate perché il palcoscenico è il Mondo e non più un continente o una nazione (figuriamoci una regione). Una deriva che porterà presto o tardi alla nascita di competizioni continentali fra superpotenze e allo scivolamento nelle retrovie dei campionati nazionali (siano essi la potente Premier League o la sfigata Eredivisie) che porterà a un ulteriore aumento del divario fra ricchi e poveri (esattamente come succede nella società e che poi non è null'altro che il fine ultimo del sistema capitalista, ma questa è un'altra storia).

La Serie C ha deciso di uniformarsi alla corrente, sperando di sopravvivere pur snaturando il proprio essere, e così dal prossimo anno al posto di un club storico, di una piazza, di un campanile e di una realtà radicata nel proprio territorio ci saranno squadre che portano nomi e colori prestigiosi, ma senza un seguito di tifosi, che ovviamente preferiranno seguire la squadra vera e non il suo clone, senza calore e che magari giocherà non in stadi veri, ma nei campi d'allenamento come succede per la Primavera. E onestamente non credo che un ipotetico Pisa-Juventus B (o Milan B, Inter B, Napoli B, Roma B eccetera eccetera) possa davvero avere più appeal o fascino di un Pisa-Livorno o Pisa-Lucchese. Forse per le televisioni, ma non certo per chi ancora oggi sente forte il richiamo della squadra della propria città e tiene viva la fiamma delle rivalità storiche di cui il nostro calcio si è nutrito e continua a nutrirsi.

PS: Non sono un nostalgico che si culla sui bei tempi andati o vede nel passato solo rosa e fiori e non tutte le storture (calcioscommesse, bilanci gonfiati ad arte, spese folli e quant'altro) che vi erano anche nei decenni scorsi, né sono contrario tout court alla globalizzazione. Credo però in un altro mondo possibile in cui il globale e il locale non debbano per forza essere contrapposti, ma anzi possano compenetrarsi e crescere assieme, in cui le risorse che ci sono non siano a solo appannaggio dei soliti noti, ma vengano redistribuite in maniera più equa possibile per permettere a tutte le realtà di vivere, e non solo sopravvivere quando va bene, e sognare. Perché alla fine si tratta sempre di volere quel “Bread and Roses” (il pane e le rose) che chiedevano già nel 1912 gli operai e le operaie di Lawrence e che ancora oggi troppo spesso è negato, non solo nel mondo scintillante del calcio.