6 aprile 1994, quando il Pontedera sconfisse l'Italia

06.04.2013 00:00 di  Daniele MOSCONI   vedi letture
6 aprile 1994, quando il Pontedera sconfisse l'Italia
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Era il 6 aprile del 1994, la Nazionale di calcio allora guidata da Arrigo Sacchi si preparava a volare da lì a qualche settimana, negli Stati Uniti. Quell'anno i mondiali di calcio sarebbero stati disputati in America. Mossa voluta dalla Fifa per provare ad appassionare al "soccer" un popolo abituato a sport più sedentari come il baseball o il football americano, dove è più il tempo dove non accade nulla che quello effettivo di gioco. Sembra una strategia usata dai maghi della comunicazione, affinché il pubblico si ingozzi delle varie "prelibatezze" che rendono gli States una delle nazioni con più obesi sulla terra. Gli americani amano primeggiare, in qualunque campo, purché siano primi. Un'impresa, quella dei mondiali, che alla fine si rivelò un fallimento, tant'è che ancora adesso la "Mls" acronimo che sta per Major League Soccer, è solo un puntino nel mare di sport che inonda il paese a stelle e strisce durante i 365 giorni all'anno.

La prima settimana di aprile si apriva con lo stage voluto dal Ct azzurro Sacchi, per testare la squadra che avrebbe esordito contro l'Irlanda al "Giant Stadium" di New York il 18 giugno.

La fama dell'Arrigo nazionale - dopo i fasti con il Milan - come commissario tecnico a dire il vero non era proprio eccelsa, anzi erano più le critiche che gli elogi. Tanto che negli stadi dove giocavano gli azzurri, si sentivano anche i fischi. Qualcosa che non si sarebbe mai immaginato.

Un oltraggio simile era stato vissuto - seppure in maniera più pesante - la notte del 24 giugno 1966 all'aereoporto "Cristoforo Colombo" di Genova, di ritorno dalla spedizione al Mondiale d'Inghilterra, quando l'Italia fu eliminata nel girone eliminatorio, anche grazie ad un dentista (era il suo vero mestiere) di nome Pak Doo Ik, in quel Corea del Nord-Italia 1-0 che ancora adesso fa rabbrividire al solo pensiero. Tifosi inferociti accolsero la comitiva con lanci di pomodori e uova marce. Non si salvò nessuno, anche i dirigenti che pensavano di scamparla. Generazioni di italiani hanno vissuto con la leggenda coreana, ma non sapevano che quel 6 aprile un'altra Corea, ancora più umiliante li avrebbe attesi.

Quel giorno avvenne l'apoteosi. Ciò che nessuno aveva immaginato, stava per accadere. Il Pontedera, onesta formazione toscana che disputava il campionato di C2, era lo sparring partner che avrebbe testato gli schemi del gruppo agli ordini dell'"omino di Fusignano", così era denominato fin dal suo arrivo al Milan, Arrigo Sacchi.

Quella era una Nazionale come detto in difficoltà, per via delle tante critiche che gli piovevano addosso, vuoi per il gioco e vuoi per un clima intorno a loro non particolarmente favorevole, ma lo spessore tecnico non era in discussione, almeno in quella partita amichevole contro il piccolo club toscano. Gente come Signori, Baggio, Donadoni, Nicola Berti, Peruzzi e Marchegiani, erano capaci di cambiarti volto in una manifestazione importante come il mondiale per nazioni. Le motivazioni nel calcio contano tanto e con quelle puoi giocare anche fino a 44 anni come ha fatto Ballotta con la Lazio fino al 2008 in serie A (per la cronaca, il portierone, alla veneranda età di quasi 49 anni, ancora gioca in giro per l'Italia).

Sotto gli occhi attenti di Pierluigi Collina, ha inizio l'amichevole tra Italia e Pontedera. Una sgambatura più che altro. Almeno così doveva essere nelle intenzioni degli azzurri.

I granata diretti da mister Francesco D'Arrigo non ci stanno a fare la vittima sacrificale e schierano la formazione migliore. Se bisogna affrontare l'Italia, meglio farlo con l'abito migliore. Un onore simile non si può sciupare in questo modo. Il Pontedera in quella stagione stava regalando enormi soddisfazioni alla propria gente, tanto da arrivare a fine campionato al secondo posto e centrare la promozione in C1 (dietro il Gualdo Tadino). In porta c'era Drago (un passato anche con il Bari e l'Empoli in A), difensori Vezzosi, Paradiso, Rocchini e Allori, a centrocampo Cecchi, Rossi, Moschetti e Pane. In avanti la coppia d'oro: Cecchini e Aglietti.

Davanti a mostri sacri come Panucci, Maldini, Antonio Conte, Roberto Baggio, Donadoni e Signori, un po' di timore reverenziale è concesso. Non si gioca contro di loro tutti i giorni, quindi l'occasione per un passivo contenuto, era già di per sé un successone da raccontare agli eredi per chissà quante generazioni. Anche solo per la soddisfazione di dire: "Ho giocato contro l'Italia". La storia però non è mai scontata e se in matematica uno più uno fa sempre due, nel calcio questo assunto non sempre è valido. E' il fascino non solo del calcio - bisogna dirlo - ma dello sport in generale. I miti nascono proprio in questo modo: dal sovvertire i pronostici della vigilia. Davide che batte Golia. Libri e libri scritti su questi eventi.

Pronti via e i granata non si fanno problemi e in tre minuti, 19' e 22', vanno avanti 2-0. Rossi e Aglietti trafiggono Marchegiani. Davanti ad un'ipotesi irrealistica fino a qualche istante prima, le forze si moltiplicano e la stanchezza non si avverte. Negli occhi dei giocatori di D'Arrigo c'è il sacro fuoco dell'impresa che si sta materializzando. Minuto dopo minuto, secondo dopo secondo. Quello stesso fuoco che manca agli azzurri che hanno preso questo test sottogamba. Forse troppo.

Nella ripresa è tutta un'altra musica (non ci voleva molto a dire il vero), con Daniele Massaro, entrato al posto di Signori, che accorcia le distanze. Ancora l'attaccante del Milan che fa tremare il sogno del Pontedera colpendo una traversa. Pressione degli azzurri, ma una nuova "Corea" era lì pronta per essere servita in pasto all'opinione pubblica. Le sembianze del Pak Doo-ik di turno erano prese da Aglietti e il suo Pontedera. Alla fine, dopo il triplice fischio finale di Collina, sembra di vivere in una situazione kafkiana: l'Italia, quell'11 che dovrebbe rappresentare il meglio che produce il massimo campionato, non riesce a evitare una sconfitta contro una squadra di Serie C2. Un'onta che i giornali del giorno cavalcano, neanche fossero Frankie Dettori su un Varenne qualsiasi. Alcuni titolano in maniera perentoria e molto provocatoria: "Il Pontedera ai mondiali".

Le critiche che piovono su Sacchi e la sua squadra fanno il paio con gli elogi al gruppo di D'Arrigo. Giocatori sconosciuti ai più fino a quel mercoledì 6 aprile 1994, divengono d'improvviso famosi, attraversando in novanta minuti quel limbo che porta dall'anonimato alla Storia.

L'Italia al mondiale di Usa '94 arrivò in finale, dopo un esordio shock: 0-1 contro l'Irlanda, grazie ad un gol di Houghton dopo pochi minuti. Quella sconfitta stava pregiudicando la qualificazione agli ottavi, raggiunta solo per il rotto della cuffia, in un girone chiuso con le quattro squadre (Messico, Irlanda, Italia e Norvegia) a pari punti (4), con i norvegesi esclusi solo per la differenza reti. Il cammino da quel momento fu via via trionfale: eliminata la Nigeria, nei quarti la Spagna. In semifinale la sorprendente Bulgaria. In finale contro il Brasile nello stadio "Rose Bowl" di Pasadena, alle ore 12 locali per favorire l'Europa con il fuso orario, fu un'altra scelta disastrosa. Sotto un'afa incredibile (quasi 40°!!), tanto tatticismo, come è giusto che sia in partite simili, ma alla fine furono i rigori a condannare gli azzurri. Decisivi gli errori dagli undici metri di Roberto Baggio e Franco Baresi.

Nonostante tutto quella finale non potrà mai far dimenticare quel Pontedera-Italia 2-1. A 19 anni di distanza, fa ancora notizia.


Queste le formazioni che scesero in campo quel mercoledì 6 aprile 1994.

Italia: Marchegiani (Peruzzi), Panucci, Maldini, Albertini, Costacurta, Baresi (Negro), Donadoni, Conte, Signori (Massaro),  R. Baggio (Casiraghi), Stroppa ( Fontolan).

Pontedera: Drago, Vezzosi, Paradiso, Rocchini, Allori, Cecchi, Rossi, Moschetti, Cecchini, Pane, Aglietti.

Arbitro: P. Collina, Durata: p.t. 40′, s.t. 47′.

Marcatori: 19' Rossi (P), 22' Aglietti (P), 52' Massaro (I)