DAL MINISTRO SPADAFORA ALTRA BORDATA AL PALLONE. IL RIMPALLO DI RESPONSABILITÀ VERSO L’ATTO FINALE: È SEMPRE UNA QUESTIONE DI SOLDI. CHI RIDARÀ AL CALCIO IL TEMPO PERSO?

04.05.2020 00:00 di Ivan Cardia Twitter:    vedi letture
DAL MINISTRO SPADAFORA ALTRA BORDATA AL PALLONE. IL RIMPALLO DI RESPONSABILITÀ VERSO L’ATTO FINALE: È SEMPRE UNA QUESTIONE DI SOLDI. CHI RIDARÀ AL CALCIO IL TEMPO PERSO?
TMW/TuttoC.com

"Leggo cose strane in giro ma nulla è cambiato rispetto a quanto ho sempre detto sul Calcio: gli allenamenti delle squadre non riprenderanno prima del 18 maggio e della ripresa del Campionato per ora non se ne parla proprio. Ora scusate ma torno ad occuparmi di tutti gli altri sport e dei centri sportivi (palestre, centri danza, piscine, ecc) che devono riaprire al più presto!". Signore e signori, il ministro dello Sport italiano. Lo riportiamo in versione integrale, perché il ministro Vincenzo Spadafora l’ha scritto davvero, alle 20.30 di una domenica sera qualsiasi. In poche righe, tutta l’approssimazione con cui l’esecutivo sta affrontando una questione cruciale non solo per il calcio, ma per tutto lo sport italiano.

Il campionato può partire o non ripartire, ci arriveremo tra poco. Non è questo il punto. Il nodo focale è dare al calcio, da parte di chi dovrebbe tutelarlo, il rispetto e la posizione che merita. E, finché andremo avanti con prese di posizione di questo tipo, che banalizzano il problema anziché affrontarlo di petto, non ne verremo mai davvero fuori. Con i soldi di quale sport, di grazia, il ministro Spadafora intenda riformare il settore non è dato saperlo. Piccolo spoiler: sono quelli del calcio, che manda avanti da anni la baracca. E, se pure può essere arrogante, supponente, egoista, ciò non toglie che senza calcio in Italia non ci sia uno sport uno che sia in attivo, in grado di sostenersi sulle proprie gambe e figuriamoci sostenere gli altri.

È passato il tempo in cui chiedevamo serietà. I toni sprezzanti sono figli di un rimpallo di responsabilità che va avanti da troppo tempo. Il calcio, inteso come Serie A, sbandiera da tempo la propria volontà di completare la stagione. È una posizione comprensibile, sulla quale abbiamo da queste parti espresso già tanti (troppi?) dubbi che non ripeteremo qui per non tediarvi. Sta di fatto che il calcio, inteso come Serie A, sta sempre più prendendo coscienza del fatto che sarà stop. Anche perché, tornando a quei dubbi, che campionato sarebbe fermo da inizio marzo e ripreso a metà giugno? Però il calcio, inteso, come Serie A, aspetta che sia il governo a decretare il suddetto stop. Così, almeno, ci sarebbe la possibilità di recuperare due lire (che poi sono molte di più) dalle Pay Tv. E, già che ci siamo, avrebbero più modi di risparmiare altri soldi sugli stipendi dei calciatori, a quel punto davvero impossibilitati a fornire la propria prestazione lavorativa per decreto. Sul punto, breve inciso: anche chi esprime dubbi sull’opportunità di riprendere il campionato capisce benissimo che non avrebbe senso mandare la Pellegrini in piscina e Cristiano Ronaldo al parchetto: è questione di buon senso. Almeno su questo, anche a costo di una figura barbina, l’esecutivo ha compreso che non avrebbe logica forzare la mano.

È sempre una questione di soldi, ovviamente. E chiariamo: non demonizziamo che lo sia. In questo momento non demonizziamo niente, per la verità, neanche certe lunghe attese, dovute all’evolversi di una situazione che ha spiazzato il mondo intero. Capiamo meno il senso di dichiarazioni sprezzanti. La novità delle ultime ore, comunque, è che il governo pare intenzionato a prendersi la responsabilità di fermare il campionato e il calcio. Lasciamo le questioni politiche al loro posto: la sensazione è che comunque certe fughe in avanti porteranno a ridiscutere, a lungo, anche questo. A un certo punto, in ogni caso, serve che il rimpallo trovi un approdo stabile. Perché di tempo se ne sta perdendo sempre di più, sempre troppo.

Dal 21 febbraio, il giorno di Piacenza-Sambenedettese sospesa, è stato un continuo andirivieni di mezze decisioni, dichiarazioni, incertezze. A livello “politico”, la Lega Pro è stata quella che, pur tra mille difficoltà, ha gestito meglio il caos e di questo abbiamo sempre dato atto al presidente Ghirelli, nonché ai suoi presidenti. Poi ci sono anche state spaccature e prese di posizione volte ai propri interessi, pure spiccioli, ma alzi la mano chi non ha mai pensato, anche in questi mesi drammatici, al proprio orto: è la natura umana. Da troppo, però, siamo tra coloro che sono sospesi. Con la specificità che Serie B, Serie C, Serie D e via dicendo sanno benissimo che non potranno ripartire. E che tutti, dalla massima serie a scendere, avrebbero potuto sfruttare questo tempo per riorganizzarsi, ripensare a come siamo arrivati in equilibrio precario al terremoto, inventare nuove soluzioni per il domani. Ci sembra che, dal ministro Spadafora in giù, non sia successo nulla di tutto questo. Che si preferisca litigare, anche in modo sguaiato. Far finta che sia un gioco, quando ormai non è più soltanto un gioco, ma molto di più. E meriterebbe, non possiamo che ripeterci, la serietà di una delle più grazie aziende italiane.