INTERVISTA TC - Campilongo: "Il Bari ha continuità, la Turris fa il più bel calcio. Avellino delusione"

26.11.2021 18:00 di Ivan Cardia Twitter:    vedi letture
INTERVISTA TC - Campilongo: "Il Bari ha continuità, la Turris fa il più bel calcio. Avellino delusione"
TMW/TuttoC.com
© foto di Carlo Giacomazza-Fabio Altobello/CGP Pho

"Il Bari sta dando grande continuità". Parola di Salvatore Campilongo. L'allenatore campano, raggiunto da TuttoC, commenta la stagione del Girone C di Serie C: "A parte qualche piccolo passo che ci può stare, è questo che ti porta ad avere quei 4-5 punti di vantaggio che fanno la differenza. La continuità ti dà forza, anche perché alcune potenziali contendenti stanno deludendo".

Ha detto in passato che non pensa però che i biancorossi possano emulare la Ternana.

"Confermo, sono due squadre diverse. La Ternana l'anno scorso era un rullo compressore, non aveva problemi ad andare in casa e fuori casa, inseguiva sempre la vittoria. E poi aveva una rosa molto importante, con giocatori eccezionali e ricambi impressionanti. Aveva due squadre, sia a centrocampo che negli altri reparti. Non credo che il Bari possa tenere quel ritmo".

Il più bel calcio del campionato?

"Quello della Turris. Dinamico, d'intensità, spensierato, molto sulle catene col 3-4-3: ricalca un po' la filosofia di Gasperini, del resto Caneo è stato a lungo un suo secondo. Io già l'anno scorso intravedevo qualcosa, le capacità di Bruno le ho viste già a Rieti, nonostante la squadra non fosse all'altezza esprimeva un buon calcio. Oggi la Turris gioca bene, anche se rischia tanto perché lascia campo agli avversari, però se ne frega e fa la sua partita, si è visto per esempio anche a Francavilla".

Le delusioni?

"Avellino e Catanzaro. Io credo che entrambe abbiano un po' deluso le aspettative, soprattutto l'Avellino. Ha cambiato tanto, non so se sia stata la scelta giusta".

Il livello del campionato si alza o si abbassa?

"Per me si abbassa, e non di poco, di anno in anno. Mi basta pensare a due anni fa, quando la Reggina era uno squadrone, ma c'era anche il Bari di Vivarini. E poi c'erano altre squadre di alto livello, era più accesa la lotta".

Ma qual è il motivo secondo lei?

"Un po' ha influito la pandemia: due anni fa è arrivata a metà campionato mentre l'anno scorso era un problema già in partenza. I presidenti non hanno avuto grandi risorse. Alla fine manca la qualità, anche perché le società hanno pensato sempre a fare giocare i giovani. Io ho la mia idea: se sono forti li fai giocare sempre, se non sono bravi no".

Si è sviluppata una filosofia dei giovani a prescindere?

"Sì, perché magari quando firmi il contratto il presidente ti chiede di giocare con 3-4 under almeno, per ottenere i soldi del minutaggio. Le squadre che vincono, invece, non ci pensano perché hanno capacità economiche diverse. Quindi succede che le 3-4 più forti si giocano il campionato da sole. Negli anni scorsi non c'erano squadre materasso o in fuga, c'era un gruppone".

Di ragazzi bravi, però, ce ne sono tanti.

"Io resto al girone C, che conosco meglio. Silipo e Moro del Catania sono molto interessanti devo dire. Lo stesso dicasi per Spina della Vibonese. Io due anni fa avevo Spaltro che ora è alla Spal dove sta avendo poco spazio, la fortuna dei giovani spesso è anche trovare l'allenatore giusto per le loro qualità. Per esempio Spaltro giocava terzino destro quando arrivai: non credo sia il suo ruolo. Lo spostai venti metri più avanti: travolgeva le difese e ha fatto cinque gol".

Quanta amarezza le è rimasta per la retrocessione della Cavese?

"Lì ho sbagliato io, non dovevo tornare. Ha prevalso il cuore, infatti non lo dico per la piazza: ci tornerei ventimila volte. Però conoscevo il presidente e avevo già detto che non sarei dovuto tornare, poi mi sono fatto coinvolgere. Devo essere sincero, ho sbagliato anche nei confronti della Paganese, perché avevo quasi firmato il contratto. L'amarezza c'è, non mi sarei aspettato il giorno di Pasqua di essere esonerato, avrei preferito retrocedere con la squadra, anche per tutto quello che ci è successo".

Per chi non lo ricordasse, ha vissuto la tragedia della scomparsa di Vanacore.

"Antonio io me lo sono cresciuto, è stata durissima. E a Cava avevo già vissuto una situazione così, nel 2006 ho perso Catello Mari dopo la festa della promozione per un incidente in auto. Sono cose che ti rimangono, che ti fanno male. E poi tante difficoltà: pensi che noi ci siamo andati ad allenare a San Gregorio Magno, io ero positivo e siamo partiti con sette giocatori. Siamo tornati ad allenarci insieme dopo 25 giorni, siamo andati a Foggia e il presidente non ha voluto rinviare la partita pur potendo usufruire del jolly, la gente dimentica troppe cose".

Avendo vissuto una storia così, e avendo lottato col Covid in prima persona, la fa arrabbiare chi non si vuole vaccinare?

"Certo che sì, ma non poco. I no vax devono stare fuori dalla mia vita, bisogna rispettare chi si ha davanti. Poi la puoi pensare come vuoi, ma non puoi mettere in discussione tutto. Io l'ho vissuto sulla mia pelle: a parte l'aver perso Antonio, anche altri due miei collaboratori sono stati malissimo, quaranta giorni con una polmonite interstiziale. Non scherziamo".

E ora cosa prevede il futuro?

"Ho una grandissima voglia di ritornare, lo farei anche in Serie D con un programma importante, per vincere il campionato. Ho capito che oggi un allenatore come me fa più fatica, si cerca il giovane per tante ragioni. Non ci credo ai progetti: quelli li fanno gli architetti, non gli allenatori. Credo alle società serie, buone, che fanno le cose per bene. Poi vincere è sempre difficile, tutti vogliono farlo, ma quel che conta è la serietà della società. Se si vogliono valorizzare i giovani va bene: non mi fossilizzo da nessun punto di vista, neanche tattico".