INTERVISTA TC - Colombo: "Spanò immenso: gli altri al mare, lui in Africa"

29.07.2020 22:00 di  Sebastian Donzella  Twitter:    vedi letture
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© foto di Luca Marchesini/TuttoLegaPro.com

"Una scelta fuori dall'ordinario per una persona straordinaria". Questo il messaggio che Alberto Colombo ha inviato ad Alessandro Spanò che, da capitano della Reggiana, dopo aver conquistato la Serie B ha deciso di lasciare il calcio giocato a soli 26 anni. TuttoC.com ha intervistato il primo tecnico tra i professionisti dell'ormai ex difensore granata. Il primo ad affidargli una fascia da capitano.

Sorpreso?
"A metà. Da un lato lo sei per forza: un calciatore che si ferma all'apice della carriera sembra fuori dal normale. Ma poi pensi che si tratta di Alessandro. Di uno che, qualche ora dopo aver vinto la Serie B, si è andato a laureare. Una scelta sorprendente per chi non lo conosce, molto meno per chi ha avuto la fortuna di lavorare con lui: il suo addio, così difficile, è in linea con la grandezza della persona. Parliamo di un ragazzo che un'estate, al posto di andare a divertirsi al mare, se ne andò a fare volontariato in un villaggio africano".

L'ha sentito?
"Gli ho mandato un messaggio: 'Una scelta fuori dall'ordinario per una persona straordinaria'. Adesso sarà inondato di chiamate, Whatsapp ed SMS ma sono sicuro che mi risponderà. In questi anni, dopo la nostra avventura tra Busto Arsizio e Reggio Emilia, siamo rimasti in contatto. Ironia della sorte, l'ultima partita prima dello stop per il Covid ci aveva visto rivali: io sulla panchina dell'Arzignano, lui capitano della Reggiana. Avevamo scambiato giusto due parole ma già sapevo della sua voglia di impostare un discorso extra-calcistico. Ci aveva pensato molto durante l'infortunio al ginocchio ma era sempre stato un suo pallino. E adesso ha preso la sua decisione. Non mentre stava male ma nel momento migliore da calciatore: in questo capisci che la scelta è stata ponderata fino in fondo".

Fu lei a farlo debuttare in Serie C.
"Alla Pro Patria. Era il mio primo anno da allenatore tra i professionisti. Lo impostai come terzino destro, dal momento che avevamo due centrali di grande affidamento come Nossa e Polverini che venivano dalla vittoria del campionato. Poi, in occasione di un'assenza forzata altrui, misi Alessandro come difensore centrale. E da lì non lo spostai più. C'erano tante remore su questa sua posizione: non essendo altissimo, non aveva proprio il classico fisico statuario di chi sta davanti al portiere. In tanti, insomma, tra i professionisti lo vedevano al massimo come terzino. A me invece ricordava Cannavaro o Cordoba: bravo uno contro uno, veloce, esplosivo, leggeva benissimo e in anticipo la situazione. Una lezione che avevo imparato giocando insieme a Gillet a Monza: gli dicevano che era troppo basso per stare in porta e lui arrivò in Serie A".  

E quell'anno gli diede anche la fascia da capitano...
"Attenzione, il capitano era Serafini. Ma nel corso della stagione, contro il Como, ci ritrovammo con una squadra giovanissima in campo: il più grande aveva 21 anni, i senatori erano fuori tra squalifiche e infortuni. Pur non essendo il più grande, io scelsi Alessandro: a 18 anni era già un uomo maturo, molto più della sua età. Non gli dissi niente prima del match: scoprì dalla distinta di essere il capitano: mi ringraziò e non disse altro. Però il ringraziamento vero me lo diede ogni settimana in campo".

Alla Reggiana fu lei ad affidargli di nuovo la fascia.
"Il primo anno c'erano due senatori come Ruopolo e Alessi ma al secondo anno trovai stabilità nell'affidare a lui la fascia. Il suo grande equilibrio aiutava tutti nello spogliatoio, da persona molto seria e riservata qual è. È sempre intervenuto in maniera precisa e puntuale, senza mai andare oltre, anche nei momenti difficili".  

Da ex calciatore, cosa potrà sfruttare nella sua nuova carriera?
"
Il calcio è una scuola di vita: il rispetto delle regole, il rispetto delle gerarchie, impari tutto giocando a pallone. E poi il calcio gli ha mostrato che con la propria forza si possono superare gli ostacoli e i luoghi comuni: secondo tanti non poteva fare il centrale, come detto, ma lui ha portato una squadra in B in quel ruolo".

Parliamo dei granata. Si aspettava la Reggiana in B?
"All'inizio del campionato mai avrei pensato che potesse salire in cadetteria. Ma sin dalle prime battute siamo stati colpiti dalla qualità del gioco e dall'impronta europea di mister Alvini: una squadra che non ha paura ad accettare l'uno contro uno dietro, che sa quando palleggiare, che sa quando verticalizzare. Efficace e bella da vedere. Il tutto con un ambiente e una società ottime: si è creato un mix vincente".

Chiusura con Colombo e con l'amarezza della retrocessione con l'Arzignano.
"Resta l'enorme rammarico di non aver potuto disputare il girone di ritorno per intero. Avevamo affrontato tutte le big, ci rimanevano tutti gli scontri diretti. Che all'andata avevamo vinto in gran parte. Sono convinto che, in una stagione regolare, ci saremmo salvati sul campo perché con i nostri mezzi stavamo proponendo la nostra idea di calcio in un girone pieno di qualità. Invece ci è toccato giocare i playout tre mesi dopo l'ultima partita. E ci è andata male, visto anche il rigore sbagliato nella gara di ritorno. Adesso, archiviata con molta amarezza questa stagione, aspetto una soluzione. Chiaro che dopo una retrocessione un allenatore viene additato come perdente ma il fatto che sia arrivata al termine di una stagione così particolare può far pensare che, forse, qualcosa di buono è stato fatto".