INTERVISTA TC - Maurizi: "Gli ex Serie A da mister hanno più appeal"

04.07.2018 14:10 di  Sebastian Donzella  Twitter:    vedi letture
INTERVISTA TC - Maurizi: "Gli ex Serie A da mister hanno più appeal"
TMW/TuttoC.com
© foto di Prospero Scolpini/TuttoLegaPro.com

Dopo la salvezza con la Reggina, Agenore Maurizi è in cerca di squadra. L'ex tecnico amaranto, accostato a numerosi club in questa fase di mercato, ha fatto chiarezza a TuttoC.com sulla propria situazione.

Iniziamo dal Bisceglie, con notizie e smentite che si sono susseguite sul suo arrivo.
"Non ho mai avuto alcun contatto con il Bisceglie. Si tratta di una voce priva di fondamento, una delle tante di mercato che girano". 

Tanti i club, da Nord a Sud, a lei accostati. Cosa c'è di vero?
"Ho avuto colloqui con 3-4 club ma non si sono concretizzati, quindi resto in attesa di un progetto convincente: è curioso che non siano uscite notizie su queste società mentre ne sono uscite altre completamente inventate".

Dopo aver raggiunto l'obiettivo salvezza a Reggio, un momentaneo stop.
"Non mi aspetto di trovare lavoro su due piedi, so che tutto passa da grande sacrifici. Umilmente aspetto che si trovi una sistemazione importante: senza ansie aspetto la chiamata giusta. Per chi viene dal basso e non ha un passato da calciatore in serie A, è difficile trovare un club. Non abbiamo lo stesso appeal di chi ha giocato ad alti livelli, indipendentemente dal grado di preparazione come tecnico. A chi arriva dall'alto viene perdonato quasi tutto, le piazze hanno un approccio diverso con gli ex calciatori famosi".

Capitolo C: 59 club iscritti ma, come al solito, tante società in difficoltà.
"In Italia, non solo nel calcio, il problema principale è il costo del lavoro. E contando anche la mancanza di introiti, il calcio è al collasso. Da un punto di vista aziendale e del marketing bisogna trovare una soluzione".

Difficile vedere in campo le seconde squadre. Sono comunque la soluzione?
"Nelle squadre B, in teoria, dovremmo vedere giocatori già formati che hanno già compiuto un percorso di crescita nel settore giovanile e sono arrivati alla fine di questo processo. In Italia, però, c'è un problema legato alla formazione: nei settori giovanili i ragazzi toccano meno la palla rispetto a 20-30 anni fa. Una volta si giocava 20 ore a settimana, in alcune realtà del mondo ci sono 28 ore settimanali di allenamenti, il 90% col pallone. Da noi si gioca tre giorni a settimana, è una differenza abissale. Inoltre le partite, a livello giovanile, devono essere viste come un progresso del calciatore, non come la finalità ultima.
Quindi, se non abbiamo fatto la giusta formazione prima, a che servono le seconde squadre? Quei ragazzi sono pronti a confrontarsi con giocatori già pronti che da anni lottano per il risultato? Per me è una semplice questione tecnica. Noi tiriamo fuori giocatori non per la formazione ma per passione e genetica, perché l'80% dei nostri ragazzi impegnati nello sport pratica calcio".