Petricciuolo: "Contratti comprati e sponsor. Stanco di questo calcio"

17.11.2018 13:00 di Valeria Debbia Twitter:    vedi letture
Simone Petricciuolo
TMW/TuttoC.com
Simone Petricciuolo
© foto di Armando Serpe

23 anni. Una carriera come difensore che è partita dai settori giovanili di Bari, Roma e Juve Stabia, per poi dipanarsi tra Serie B e Serie D, tra Savoia, Avellino, Aversa Normanna, Melfi, ancora Juve Stabia, Casertana, Sarnese e ultimamente Anzio. Ma ora Simone Petricciuolo ha deciso di dire basta. E lo ha fatto con un lungo sfogo social in cui ha puntato il dito contro questo calcio malato: "Esattamente 18 anni fa, iniziai a calciare un pallone; ero un bambino qualunque che sognava di diventare un calciatore. E ce l’avevo quasi fatta. Sono stato ad un passo dal realizzarlo. 

Così vicino da sentire il profumo. Ho toccato con mano, ho vissuto il calcio dei dilettanti e quello professionistico, addirittura la Serie B e poi è svanito tutto. Proprio come quando ti svegli da un bel sogno.

Io ci ho creduto. Settore giovanile Bari e Roma. Top in Italia. Miglior Terzino della Serie D a 18 anni e un campionato vinto. Serie B ad Avellino. Nazionale Under 20.

Ci ho creduto veramente. Per arrivare a certe situazioni non ci arrivi per caso se non hai qualcosa di importante. E poco importa ora di chi è la colpa se non posso più inseguire questo grande sogno perché non servirebbe a nulla e inoltre non fregherebbe a nessuno.

Io mi prendo la mia buona parte di colpe, forse avrei dovuto stringere più i denti e  sicuramente qualche scelta sbagliata l’ho fatta in passato, come ad esempio quella di non firmare per il Palermo, che poi quell’anno andò in serie A, di non allontanarmi più da casa, di affidarmi ad una persona che ha pensato solo ai suoi affari, ad una società che non mi ha saputo aiutare nè tutelare spedendomi in una realtà dove mi sono ritrovato a pagarne le spese con situazioni “strane” ma che, comunque, faceva comodo e di conseguenza anch'essa ha pensato solo ai suoi affari.

E ne ho fatte anche altre… Come quella di non accettare “regole non scritte” o di non scendere a patti.

Ma, a chi importa di tutto questo? O a cosa serve sfogarsi? A nessuno, a niente.

Per questo rimango in silenzio, non ne parlo mai, resto tranquillo ma porto dentro me una rabbia immane, come un vulcano dormiente pronto ad accendersi da un momento all’altro.

Ci hanno provato in tutti i modi a farmi passare per quello che non sono.  Hanno detto che sono un presuntuoso eppure ho amici ovunque, in tutte le squadre in cui ho giocato ho lasciato un buon ricordo di me come ragazzo vero e sincero, disponibile e non a caso ancora oggi ho contatti con la gran parte di loro e in molte piazze ancora oggi vengo ricordato con affetto e come professionista serio. 

La verità è che le chiacchiere se le porta il vento e che con il tempo rimangono solo i fatti.

Oggi giocare in Serie C o in D è estremamente difficile o allo stesso tempo estremamente facile.

Difficile per chi, come me, solo bravo e grazie a delle regole intelligenti a 23 anni considerato già vecchio.

Facile per chi invece ha conoscenze importanti, oppure in grado di “comprare” un contratto dando 15 mila euro al direttore di turno che a sua volta ti fa il contratto con la società, o di portare soldi alle società tramite sponsor o a volte basta avere semplicemente 18-20 anni cosicché il costo è nullo anzi... Facendo qualche presenza le società guadagnano motivo per cui, oltre alle regole, la metà di ogni rosa è fatta di Under.

Dopo si lamentano che i campionati non sono competitivi e che in Italia non nascono più i talenti di una volta.

Ma questo lo sanno anche i muri però tutto tace. 

Alla luce di tutti questi avvenimenti, io tuttora muoio per il calcio. 

Lo amo con tutto me stesso, non riesco ad immaginarmici senza. 

Potrei giocare altri 10 anni tranquillamente in D e sicuramente un'altra occasione in C l’avrei avuta, ma non è questo ciò che mi ero prefissato, non mi ero prefissato di accontentarmi, non era questo il mio sogno.

Colgo l’occasione per ringraziare l’Anzio calcio, società, staff e i miei compagni di squadra per l’affetto ricevuto e per aver capito i motivi della mia scelta.

Oggi dico addio al mio sogno per intraprendere un percorso lavorativo, dove miro al massimo dell’obiettivo.

Perché ho un'ambizione che mi mangia.

Non sono felice per questa scelta presa. Un giorno forse, se raggiungerò il mio obbiettivo lo sarò.

In realtà sto male, dopo 18 anni abbandonare così fa male. È il colpo piu duro.  È il momento più difficile.

Ma saprò come cavarmela. Saprò come uscirne.  Anche se niente in passato mi ha mai colpito in questo modo, sono sicuro di avere la forza e il coraggio per reagire e trovare una soluzione.

E me lo scrivo qui cosi che quando avrò i miei momenti di debolezza, che nessuno vedrà mai, ricorderò i motivi di questa mia decisione e ripartirò. Perchè credimi, ci vuole tanto coraggio per dire addio ai propri sogni”.