Club dei 100 - Massimiliano Favo: dalla A con Maradona alla C con Zola

17.07.2020 00:00 di Sebastian Donzella Twitter:    vedi letture
Club dei 100 - Massimiliano Favo: dalla A con Maradona alla C con Zola
© foto di Luca Marchesini/TuttoLegaPro.com

Ha giocato con Maradona in A e con Zola in...C. Massimiliano Favo, allenatore delle giovanili della Nazionale ed ex tecnico in Lega Pro della Paganese, è parte dei Club dei 100. Perché è tra i giocatori che hanno disputato più di trecento partite in Serie C in giro per l'Italia: Salernitana, Lucchese, Torres, Palermo, Ascoli, Atletico Catania, Lucchese, Ancona e Viterbese. Tutte piazze toccate nella chiacchierata del mister con TuttoC.com. A cominciare da Palermo, due promozioni e oltre 150 presenze tra il 1989 e il 1994: "Con i rosanero ho avuto una carriera corposa. E sono riuscito a vincere anche l'unico trofeo in bacheca, la Coppa Italia di Serie C. Furono anni particolari: prima riuscimmo a salire in Serie B da secondi in classifica, dopo la Casertana, poi retrocedemmo. E lì scelsi di restare, anche se avevo diverse offerte dalle categorie superiori. E ho fatto bene perché, da capitano, non solo ho vinto il campionato ma ho alzato anche la coppa. Tutto in un solo anno. Sono rimasto in tutto 5 anni, non ci pensavo proprio ad andare via. Si stava bene e la tifoseria era incredibile. Ricordo ancora la festa dopo la vittoria a Perugia: all'88' vincevano loro 1-0, poi finì 2-1 per noi. Forse non eravamo la squadra più forte a livello di singoli ma sicuramente avevamo il gruppo più solido". E chissà che il Palermo attuale, neopromosso in C, non possa ricalcare il suo di 30 anni fa: "Le similitudini sono tante: c'è un presidente locale molto attaccato alla squadra, c'è una dirigenza di spessore, ci sono i presupposti per tornare ai livelli di una volta. E poi a Palermo sta stretta anche la B, inutile nasconderlo. Parliamo della quinta città d'Italia".

Riavvolgiamo il nastro, e partiamo dalla Campania: Napoli in A e Salernitana in C, da giovanissimo: "In azzurro esordimmo insieme io e Ciro Ferrara. La prima partita da titolari la giocammo insieme contro Zico. Eravamo in squadra con Maradona, io riuscii a collezionare 10 presenze. Poi mi accorsi all'improvviso che guadagnarsi la pagnotta era dura, che nel tuo ruolo c'erano giocatori di altissimo livello. Quindi mi rimboccai le maniche e scesi in Serie C, dove però non fu tutto rose e fiori. Arrivai alla Salernitana giovanissimo, ero un marmocchio. Quando inizi la tua carriera in Serie A e poi vieni prestato in Serie C, rischi di prendere l'esperienza in terza serie sottogamba. Ed è così che ti rompi le ossa. Perché non sei più nel calcio ovattato ma giochi contro gente che ha il coltello tra i denti, che ti marca a uomo. Ricordo che con i granata ero nazionale di C, disputati un campionato di approccio al professionismo. Ero un regista ma, onestamente, a quell'età non avevo la personalità per prendere in mano una squadra come la Salernitana".

Da lì la prima esperienza al Nord, alla Lucchese: "Una doppia esperienza, in realtà. Prima andai lì nell'anno del militare, fu una scelta logistica prima di tutto. Poi però mi trovai molto bene ma i rossoneri non riuscirono a riscattarmi. Poi, a 30 anni, tornai con loro: questa volta ero un giocatore fatto e finito e soprattutto eravamo in Serie B".

Dopo la Toscana, la Sardegna. E un compagno di squadra niente male: "Alla Torres arrivammo terzi, raggiungendo il più alto risultato nella storia del club. Ero in squadra con Zola, che a 23 anni giocava ancora in Serie C. Parliamo di un lord inglese, uno che è arrivato alla finale di un mondiale giusto cinque anni dopo. Ma parliamo di campionati incredibili: ricordo che nel Perugia quell’anno c’era Ravanelli, tanto per fare un esempio. In quegli anni, anche grazie a una congiuntura economica favorevole, la terza serie era veramente ricca e piena di giovani di talento: Materazzi e Grosso, per fare due nomi, sono diventati campioni del mondo passando dalla Lega Pro. Io, per conto mio, ebbi la fortuna di giocare con Zola: fu una grande annata che mi spalancò le porte di Palermo".

E dopo la lunghissima parentesi rosanero, Favo diventa bianconero. Ad Ascoli. In un'avventura non proprio fortunata: "Purtroppo nelle Marche arrivò l'infortunio più importante della mi carriera. Eravamo primi, contro il Lecce mi ruppi la caviglia. E lì la mia stagione finì. Tornai solamente alla fine della stagione ma senza poter partecipare alla finale playoff. Fu un match storico, ma per i nostri avversari: il Castel di Sangro conquistò la sua prima promozione in Serie B contro di noi, mandando in campo il secondo portiere nella lotteria dei rigori. Fu un vero peccato per noi: io feci di tutto per recuperare e la società fece altrettanto. Ma non ci fu verso". 

Dopo Ascoli, parentesi all'Atletico Catania ("persi una semifinale playoff, peccato"), la seconda annata alla Lucchese e poi Ancona, nella sua seconda giovinezza: "In biancorosso arrivò la mia terza promozione. E lo feci proprio contro l'Ascoli, in uno spareggio durissimo. Non solo si trattava di una finale playoff ma era anche un derby sentitissimo. Vista la miglior posizione di classifica, con un pari saremmo saliti in Serie B. E ottenemmo proprio il pareggio ma solo al minuto 118 dei supplementari. Fu veramente incredibile. Spero che l'Ancona calcistica si risollevi e ritorni il prima possibile tra i professionisti".

La chiusura della lunga carriera alla Viterbese, in una terza giovinezza: "Due anni intensi, veramente belli. Arrivai a un passo dalla mia quarta promozione, perdendo la finale playoff. Contro il Crotone fu 0-0 all'andata nel Lazio, ma al ritorno perdemmo 3-0. Fu la mia ultima partita, a 37 anni e mezzo. Peccato non aver chiuso festeggiando. Ma fu comunque un'esperienza da ricordare".

In chiusura, l'attualità. Da un uomo abituato a vivere i playoff, ecco le sue considerazioni sugli spareggi promozione attuali: "Il Bari è la favorita anche se ha rischiato tantissimo contro la Ternana. Ma non avevo dubbi che i galletti avrebbero fatto fatica visto che erano fermi da più di tre mesi. Adesso invece avrà più possibilità di farcela perché la condizione sarà migliore. Ma occhio, le sorprese sono sempre dietro l'angolo: il blasone aumenta la pressione. E poi, nell’ultimo campionato di C da allenatore a Pagani, mi piaceva tanto il Cosenza che alla fine vinse i playoff".