COSA CI RESTA QUANDO NON E' PIU' OGNI MALEDETTA DOMENICA

28.04.2020 00:00 di  Valeria Debbia  Twitter:    vedi letture
COSA CI RESTA QUANDO NON E' PIU' OGNI MALEDETTA DOMENICA
© foto di TC

Domenica 26 aprile sarebbe dovuta andare in scena l'ultima giornata di campionato: qualcuno avrebbe festeggiato (magari unendo alle celebrazioni per la propria squadra altre motivazioni più personali), qualcuno avrebbe sofferto e pianto (idem come prima). E noi, quest'oggi, in questa sede avremmo sicuramente magnificato la stagione di Tizio, di Caio e di Sempronio, lasciandoci andare alle più svariate congetture e ai pronostici più sfrenati su quale Pinco Pallino avremmo acclamato alla fine dei soliti lunghi ma entusiasmanti playoff. Poi avremmo puntato il dito contro il fallimento dei tre fanalini di coda, che avrebbero mestamente salutato il professionismo; anche qui vaticinando chi avrebbe infine avuto le maggiori possibilità di salvezza tramite playout.

Avremmo in seguito iniziato a parlare dei progetti di Tizio, di Caio e di Sempronio, tornati ufficialmente in cadetteria dopo tot stagioni di inferno di terza serie: servirà un craque là davanti, un difensore di esperienza a guidare il pacchetto arretrato, bisognerà confermare quel giovane regista cresciuto nel vivaio, che sta diventato una piccola bandiera ed ora finalmente può esordire in Serie B. E ancora la panchina: sarà ancora quello il condottiero adatto per palcoscenici più delicati? 

Avremmo portato sugli scudi qualche millennials esploso nel corso della stagione, ci avremmo puntato forte: che colpi di gran classe ci ha offerto, giocate, assist, gol sarà l'uomo di punta di questo mercato estivo, chissà chi se lo accaparrerà... Fiumi di inchiostro per spostarne gli equilibri: oggi in una società che ambisce ad una tranquilla permanenza in Lega Pro, domani accostato a chi lotterà (sulla carta) per la vetta.

Avremmo magari trovato il tempo anche di fare qualche sana polemica per qualche arbitraggio che - come da tradizione - non sarebbe proprio andato giù agli eliminati al fotofinish sulla strada per la promozione o della salvezza. Analisi dei fermi immagine, moviola come se piovesse a certificare l'errore del fischietto (in buona o in cattiva fede?).

Avremmo buttato un occhio alla Serie D e dato il benvenuto (o il bentornato) alle neopromosse (anche se tra i dilettanti il campionato sarebbe terminato domenica 3 maggio, molto probabilmente alcune protagoniste avrebbero già avuto in mano il biglietto per la C). 



Siamo banali e anche abitudinari: ogni anno è stato così, perché mai questo non avrebbe dovuto esserlo? Chi mai avrebbe scritto una sceneggiatura diversa a quella che per anni si è perpetuata nella sua regolarità? Semplice. Il Covid-19 ha oltrepassato l'umana fantasia e ha spazzato via la routine quotidiana del calcio e con essa quella del giornalismo sportivo. Quindi niente di tutto questo è accaduto (e probabilmente, almeno per quanto riguarda la Lega Pro, accadrà).

Così domenica 26 aprile niente cuori palpitanti ed emozioni fino al 90': non c'è stato nulla da festeggiare. Il massimo cui abbiamo potuto tendere è stato comprendere cosa dovremo aspettarci dalla 'fase 2' (ma lo ha ben spiegato ieri il nostro direttore: sarà una fase 1, solo con le maniche corte). Il teatrino cui abbiamo dovuto assistere non è stato sul campo, ma a colpi di dichiarazioni tra il premier Conte ("Sulle attività sportive, per garantire una graduale ripresa, dal 4 maggio saranno consentite le attività degli allenamenti di atleti professionisti e non di sport individuali, purchè vengano rispettate le distanze ed evitando assembramenti. Per gli sport di squadra invece, la data è quella del 18 maggio") e il ministro Spadafora ("In questi giorni c’è stato un goffo tentativo di trasformare questo nostro “vedremo” in qualcosa di più o in una voglia di penalizzare il calcio. Il problema è che la ripresa da questa crisi è graduale e bisogna rispettare i protocolli").

Così in questi giorni il nostro lavoro di giornalisti sportivi si è trasformato e ci ritroviamo a correre dietro non più ad un pallone, ma alle opinioni di medici e virologi, solo quando vogliamo tornare in tema quelle di vertici di Coni, Figc e leghe varie.

Ma c'è anche il momento dello svago, del flebile divertimento: per farlo è nata la possibilità di seguire qualche diretta social. Perché anche la comunicazione è cambiata e i calciatori si sono trasformati essi stessi in creatori di contenuti per riempire il vuoto che il Coronavirus è andato a creare. E spesso senza più neppure l'intermediazione del giornalista: chiacchierate libere, informali, sovente senza un filo conduttore preordinato dall'alto. I calciatori, spesso le vecchie glorie, hanno escogitato questo nuovo modo per passare il tempo, si sono reinventati come riferimenti anche fuori dal campo, anche ora che il pallone ha smesso di rotolare sul prato. Per veicolare messaggi di speranza, tenerci compagnia e far apparire questo periodo un po' meno spiacevole. 

Sarà (anche) questo ciò che resterà negli almanacchi di questa stagione?