La Serie C e il paradosso indice di liquidità. La passerella anche no: è svilente. La data sbagliata e un paio di domande sulla corsa all’iscrizione

27.06.2022 00:30 di  Ivan Cardia  Twitter:    vedi letture
La Serie C e il paradosso indice di liquidità. La passerella anche no: è svilente. La data sbagliata e un paio di domande sulla corsa all’iscrizione
TMW/TuttoC.com

Mi perdoneranno i lettori se torno su argomenti a lungo trattati nella settimana appena conclusa, anche se in realtà molte cose riguardano il futuro e uno dei punti è proprio un equivoco di fondo. Ma andiamo con ordine: nei giorni passati abbiamo superato la temuta (?) data del 22 giugno, entro la quale i club partecipanti alla prossima Serie C dovevano presentare la propria domanda d'iscrizione. Sono pervenute tutte: grande giubilo, ma si vedrà. Ancora, con calma.


Sono pervenute tutte, si diceva, nonostante il paradosso evidenziato di recente sia dal presidente Ghirelli che dal collega Luca Bargellini su queste pagine. Più di un club di Serie A, probabilmente, non avrebbe potuto iscriversi in Serie C. E viceversa, chi rischiava in Lega Pro non avrebbe avuto grandi ostacoli nel massimo campionato. In parte è, in realtà, abbastanza normale: più si è grandi, più è la stessa dimensione a dare una qualche certezza sul futuro, ivi compresa la possibilità di attirare investitori e/o acquirenti per i periodi di crisi. Al di là di questo, è in effetti abbastanza curioso che la A sia scesa sul piede di guerra per regole meno stringenti rispetto a campionati inferiori, spesso troppo facilmente giudicati "disastrati". Porta a farsi tante domande sui club e sullo stato del massimo campionato. D'altra parte, evidenzia però come la strada scelta per le riforme sia proprio quella seguita dalla Lega Pro sul tema indice di liquidità. Non è stato calato dall'alto, ma votato e accettato dai club. È una differenza sostanziale, e non è la via che la FIGC sta perseguendo: uno dei motivi, se non il principale, per il quale parlare di riforma a oggi vuol dire parlare del nulla.

Torniamo a noi: nei giorni appena conclusi abbiamo assistito alla passerella di molti - per fortuna non tutti - club, che hanno sbandierato ai quattro venti il deposito della propria domanda d'iscrizione. Capisco il senso di fare annunci pubblici per chi era (è?) a rischio; capisco anche la necessità, in certi casi, di mandare un messaggio alla società civile-economica della città di riferimento, che troppo spesso si bea dei successi e resta inerte nelle difficoltà. In generale, però, è difficile spiegarne davvero il senso e l'utilità. Quanti di voi fanno storie o post sui social ogni volta che pagano l'affitto di casa? Ecco, richiedere l'iscrizione - o pagare gli stipendi - equivale più o meno a questo: un punto di partenza, mica di arrivo. Altrimenti abbiamo un problema d'impostazione prima ancora che di sostanza.

Peraltro, lo si è già accennato e l'hanno scritto altri colleghi, la data del 22 era quella "sbagliata". Accettiamo che in molti casi presentare la domanda d'iscrizione sia un risultato importante. Non garantisce comunque nulla, anche prima di eventuali casi Catania a stagione in corso. Le date da cerchiare in rosso sono le prossime: il vaglio della CoViSoC, nei giorni a venire, poi il consiglio federale dell'8 luglio. Avere sessanta club che chiedono l'iscrizione, al di là dei controlli formali che per carità non vanno sottovalutati, non dice quasi nulla: anche l'anno scorso erano tanti, ne furono bocciati cinque. Restiamo pertanto vigili, senza escludere qualche sorpresa in negativo. Se poi saranno sessanta, su queste pagine saremo i primi a rallegrarcene, ci mancherebbe altro.

Da ultimo, la Triestina, alla quale c'è solo da augurare il meglio per il futuro, si è iscritta al prossimo campionato. Ora che c'è più fiducia in tal senso, è una vicenda che comunque solleva qualche interrogativo, non certo facile da porre prima, e per la verità neanche ora, perché è una storia che passa da una tragedia. Non è sulla Triestina che si ragiona, non nello specifico se non come spunto di riflessione, ma sul modo di fare business di tante società. È davvero sostenibile un'azienda che per andare avanti deve aspettare si stacchi l'assegno di fine mese? È davvero sostenibile un sistema nel quale a fine stagione c'è chi ripiana tutto o non si va avanti? Non sono, lo ripeto, domande che riguardano solo la Triestina, ma tutti quanti, se si vuole cambiare l'approccio.