TuttoLegaPro.com ... in rosa: Barbara Diquigiovanni (responsabile comunicazione Real Vicenza)

TuttoLegaPro.com ... in rosa: Barbara Diquigiovanni (responsabile comunicazione Real Vicenza)
Barbara Diquigiovanni
© foto di TLP
domenica 26 gennaio 2014, 08:00Interviste TC
di Redazione TLP
Da un'idea di Sebastian Donzella e Valeria Debbia

Il segreto del successo, spesso, sta nell'umiltà, nell'onestà e nella presenza di uomini capaci dietro le quinte. Nel caso del Real Vicenza, dietro il sipario ad agire è una donna che non ama mettersi in mostra: mai in primo piano, mai appariscente, sempre al lavoro, sempre silenziosamente. Barbara Diquigiovanni, tuttofare del team vicentino, è la nostra ospite settimanale per la rubrica sulle quote rosa in Lega Pro. 

Partiamo dal ruolo: quali sono le funzioni che ricopre all'interno del Real Vicenza?

"Ho pochi incarichi ufficiali e tanti incarichi ufficiosi. Il mio ruolo sarebbe quello di addetta stampa, ma non lo sto svolgendo al 100%, in quanto in realtà non ne ho grande esperienza e mi è stato dato in fretta e furia ad agosto dopo il ripescaggio. In effetti non siamo riusciti a strutturarci in modo adeguato a livello di comunicazione, visto che non sapevamo nel dettaglio come sarebbe stata la nostra avventura nel mondo professionistico. Seguo anche la biglietteria e tutto ciò ad essa collegata. Infine mi occupo della parte medica della prima squadra, mantenendo i contatti con ortopedici, fisioterapisti, preparatori atletici... Ma in effetti collaboro un po' con ogni settore societario. 
A me piace quello che sto facendo e in assoluto quello che preferisco è seguire da vicino le problematiche mediche della prima squadra, perché mi permette di capire meglio ciò che avviene all'interno dello spogliatoio. In futuro sarebbe bello seguire di più il settore giovanile, una delle cose che dovremo migliorare l'anno prossimo: credo che questo sia un incarico prettamente femminile perché ha bisogno di tante energie e di un certo tipo di sensibilità, visto che si ha a che fare con i genitori".

Come riesce a conciliare tutti questi impegni tra di loro?

"Corro tutto il giorno, visto che ho anche un lavoro mio a cui sto portando via parecchio tempo. Cerco comunque di fare tutto al meglio, con le mie lacune visto che manco di esperienza. Il mondo del professionismo è stato un gran regalo per noi: il 5 agosto abbiamo saputo di essere stati ripescati e in tre settimane abbiamo portato avanti tutto ciò che una società generalmente fa in tre mesi, ma in Lega Pro abbiamo trovato un grande supporto da parte di tutti.
Il Real Vicenza è una società a tutti gli effetti a conduzione familiare: il presidente è mio padre Lino ed è una figura anomala perché, a differenza di altri presidenti, lui è in sede dalle nove della mattina alle sette di sera. E' presente a 360° ed è anche un accentratore. C'è poi mio marito che segue la prima squadra in trasferta, ma è sempre presente anche durante la settimana: collabora con mio papà nel prendere le decisioni più importanti. Ed infine ci sono io. Mio padre ci ha sempre coinvolto in tutto ciò che ha fatto. come ad esempio nelle esperienze passate nel mondo del ciclismo. L'anno prossimo - se riusciremo a mantenere la categoria - dovremo comunque dare un'impostazione societaria un po' diversa
".

E non c'è alcun lato negativo nel lavorare continuamente a stretto contatto coi propri cari?

"A livello personale i contrasti possono esserci: ad esempio tra me e mio padre sono all'ordine del giorno, visto che siamo uguali ed è come avere due galli in un pollaio. Come detto, noi cominciamo a parlare di calcio alle otto del mattino e continuiamo fino alle nove di sera. Qualche litigio c'è, dipende magari dal modo diverso di vedere la partita, ma è più la forza e l'unione che ci dà il lavorare in famiglia che gli aspetti negativi. Siamo tutti coinvolti, ma senza che questa cosa ci pesi: c'è tanta spontaneità e nessuna costrizione. Per cui la viviamo serenamente, anche se al di fuori del calcio in fin dei conti non abbiamo più una vita (ride, ndr)".

Questa sua passione per il calcio da dove nasce?

"Io mastico calcio da quando avevo sette anni, cioè dalla prima esperienza di mio padre in ambito calcistico dilettantistico. Ha infatti lavorato nel Valdagno in Interregionale, poi è stato responsabile del settore giovanile del Vicenza e io seguivo la Primavera biancorossa. Il calcio quindi è sempre stata la mia passione e mi sono persino laureata nel 2001 in giurisprudenza con una tesi su questo sport: in quel periodo c'è stato il passaggio delle società sportive dall'essere senza scopo di lucro ad essere società di capitali. Inoltre iniziava il fenomeno del marketing e del merchandising. Ho chiesto al mio professore di Diritto Commerciale se potevo fare una tesi sul merchandising sportivo in ambito calcistico. Il mio professore era di Modena - e in quel periodo la squadra andava molto bene - ed era un grande appassionato quindi ha accolto la mia richiesta. Da lì ho iniziato il mio percorso. 
Negli ultimi quattro anni - come famiglia - abbiamo aumentato l'intensità di questo tipo di esperienza. Io personalmente invece ho aumentato i miei impegni proprio nell'ultimo anno. Non è mai stato un obbligo per me, ma lo faccio perché amo il calcio. Fortunatamente ho un marito che condivide questa passione con me, altrimenti ci sarebbero un po' di problemi (ride, ndr): ho scelto bene, ci siamo conosciuti nel mondo dello sport e anche lui ci mette impegno senza che gli sia mai stato imposto nulla. Noi viviamo il calcio 24 ore su 24: la sera a casa ne parliamo e litighiamo pure. Siamo gelosi ognuno del nostro ruolo, ma è bello vivere in famiglia tutto questo.
Anche con i nostri due figli, Lorenzo e Laura, di dieci e otto anni. Lui gioca a calcio, ma purtroppo è milanista (ride, ndr). Alla bimba piace un po' meno e a volte le dico di cercare di appassionarsi a questo sport il prima possibile perché altrimenti sarà dura per lei la vita nella nostra famiglia (ride, ndr). Lo vivono, lo sentono, lo percepiscono ma sono ancora troppo piccoli per delinearne un futuro".

Donne e Real Vicenza: com'è la situazione e come cambierà?

"Oltre a me ci sono già la segretaria e la fisioterapista: quest'ultima è una figura particolare, visto che si è abituati a vedere un uomo in quel ruolo. Con lei c'è un rapporto di rispetto ed è tenuta in grande considerazione, anche se a volte scappa qualche battutina, ma ho sempre visto molta serietà e non c'è mai stata alcuna preclusione. 
Inoltre non dimentichiamo che c'è mia madre. Non ricopre alcun incarico in forma ufficiale, ma a modo suo è presente in società ed ha il suo peso. Senza peccare di presunzione - visto che non lo dico solo io ma anche tutti i nostri allenatori - mia madre è una delle poche donne che capisce veramente di calcio, dal punto di vista tecnico: è stata lei che ha trascinato mio padre in questo mondo. Lei è tifosa della Juventus da quando aveva quindici anni ed ascoltava le partite in radio, mentre mio padre nasce come ciclista. Il nostro allenatore parla più volentieri con mia madre piuttosto che con mio padre: si consulta tantissimo con lei.
L'anno prossimo sicuramente saranno introdotte altre figure, ma non credo saranno donne perché, secondo me, ci sono dei ruoli che le competono ed altri no. Mi spiego meglio: quando qualcuno mi chiede se mi piacerebbe fare il direttore sportivo - visto che sono impegnata anche nelle scelte dei giocatori e nei contatti coi procuratori - rispondo che servono anni e anni di esperienza sul campo, conoscenze e capacità tecniche. Le donne sono entrate in certi settori del mondo del calcio da poco, quindi servirà ancora del tempo. Per questo è una scelta che non escluderei a priori. La donna ha comunque già dimostrato che in altri settori come la comunicazione e il marketing, con le competenze adeguate, può fare meglio di un uomo".

Non ha mai vissuto sulla sua pelle situazioni spiacevoli dovute a pregiudizi?

"No, anzi devo dire che ho sempre instaurato buone relazioni anche negli anni passati, sia coi giocatori sia con lo staff tecnico. Non ho mai vissuto pregiudizi legati al fatto di essere donna. Ed è una cosa che ho riscontrato anche nell'altro mio lavoro, che si sviluppa in un altro settore prettamente maschile: l'edilizia. Quando un uomo incontra una donna che ha una buona padronanza del suo lavoro è facile che la apprezzi e la stimi. E io per questo vado più d'accordo con gli uomini che con le donne: ho sempre trovato la strada in discesa, senza mai ostacoli".

Che tipo di rapporto ha instaurato coi calciatori?

"Molto buono con tutti, non mi trattano in modo diverso rispetto ad un uomo. Sono tutti bravi ragazzi intelligenti: è un buon gruppo e non ci sono mai stati problemi né fra di loro né con me. Io però sono la figlia del presidente e questo influisce sui rapporti che instaurano con me. Ma se una donna ha l'attitudine per questo lavoro non ci sono problemi. Ho avuto qualche contrasto con qualcuno, ma per situazioni legate al discorso medico e lì mi sono dovuta imporre. Si è comunque tutto risolto facilmente". 

Come accennato, suo padre è stato sponsor di una squadra ciclistica che ha partecipato a diversi Giri d'Italia. Quali sono le differenze tra calcio e ciclismo a livello del ruolo da lei ricoperto?

"Il ciclismo è uno sport completamente diverso: io vi lavoravo per brevi periodi dell'anno, nella fase iniziale della stagione quando c'era la presentazione della squadra e del Giro d'Italia. Poi il team partiva e restava lontano per lunghi periodi, visto che le cosiddette classiche venivano fatte spesso all'estero. E del Giro seguivo solo le tappe più vicine a Vicenza. Nel ciclismo c'è più individualità e meno gruppo: ognuno lavora per sé e c'è una preparazione diversa. Sono più lontani dalla nostra quotidianità: li seguivo quindi per televisione con passione, ma c'era meno contatto diretto".

In Lega Pro le addette ai lavori sono circa 250. Ha notato?

""Ho trovato persone veramente preparate nel mondo femminile della Lega Pro, come Gaia (Simonetti, ndr) e Nadia (Giannetti, ndr). Ci sono tanti ruoli rivestiti da donne e ho avuto tanta collaborazione, sostegno ed aiuto da loro. Tutto questo a suggellare il concetto che se c'è la passione la donna può fare del bene nel calcio: ha un tipo di sensibilità che porta ad intervenire ed organizzare eventi importanti sotto l'aspetto sociale ed umano. Per questo ringrazio tutte le donne della Lega Pro.
Per fortuna è già stata superata la fase della "normalità": si è abituati a vedere la figura femminile nel pallone. Q
uello che mi sento di dire alle donne che amano questo tipo di lavoro - ma è un discorso che vale per tutti i lavori - è che se lo fanno con passione, dedizione e competenza si faranno valere anche in un mondo maschile. Conta la professionalità e allora si riuscirà ad andare oltre. Quando è la stessa donna a presentarsi in un modo che la fa percepire come non preparata o troppo civettuola - e ne ho viste dalle mie parti! - viene facilmente denigrata dal mondo maschile. Ma se si è forti e sicure della propria persona, preparate e all'altezza di ciò che si fa, cadranno tutti i pregiudizi. Insomma: tutto dipende da come noi donne ci poniamo".

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