Intervista TC

Cosenza, D'Orazio: "Stiamo costruendo qualcosa di bello. Fin quando sarò qui darò sempre il 100%"

Cosenza, D'Orazio: "Stiamo costruendo qualcosa di bello. Fin quando sarò qui darò sempre il 100%"
© foto di Laerte Salvini
Oggi alle 13:15Girone C
di Laerte Salvini

Nel calcio moderno esiste ancora uno spazio autentico per il romanticismo. Quello vero, fatto di valori, appartenenza e sacrificio. Quello che nei novanta minuti riesce ancora a raccontare in campo i sentimenti più sinceri di un terzino che negli anni ha saputo adattarsi a più ruoli per amore della propria maglia; una maglia che lo ha accolto, accompagnato in Serie B e che con lui ha condiviso quasi duecento presenze. Oggi Tommaso D’Orazio, classe ’90, è ancora lì, a combattere in mezzo al campo. Ha appena toccato quota 201 apparizioni con il Cosenza e continua a esserne simbolo, leader silenzioso e capitano del sorprendente avvio dei Lupi: terzo posto, 32 punti, un orizzonte che per la prima volta appare davvero luminoso. In esclusiva ai microfoni di TuttoC.com, D’Orazio si racconta tra aneddoti e un presente da vivere ancora come protagonista. 

Partiamo dal momento che state vivendo. L’allenatore lo ha ripetuto spesso: nessuno puntava su di voi, e invece siete lì, giocate bene, avete entusiasmo. È ciò che forse mancava l’anno scorso?

"Fin dal ritiro, da luglio, il nostro percorso è stato molto positivo. Ci siamo sempre detti di ragionare settimana per settimana e la nostra forza è il gruppo. Abbiamo costruito le fondamenta su questo: prima lavorando tanto sull’aspetto psicologico, poi sulla qualità, con allenamenti importanti e uno staff sempre a disposizione. Ad oggi il nostro cammino è positivo e dobbiamo continuare con la stessa mentalità."

Che idea ti sei fatto della squadra? È un gruppo cambiato, con tanti giovani.

"Alcuni compagni erano con me anche l’anno scorso, altri sono arrivati e si sono messi subito a disposizione. Li ho trovati molto disponibili. Chi era qui già da prima si presenta da solo: parlano i risultati. A livello tecnico posso citare Mazzocchi, Florenzi, Garritano, Ricciardi… giocatori importanti per la categoria, ma soprattutto uomini con cui sto condividendo un bel percorso. Anche chi è arrivato, insieme allo staff, ha contribuito a creare un’alchimia vera. Si sta costruendo qualcosa di bello."

Hai toccato quota 200 presenze con questa maglia. Che peso ha questo traguardo?

"È un grande orgoglio. Questa maglia la sento addosso per tutto quello che ho vissuto qui. Sono cresciuto come calciatore e come uomo, la mia famiglia è cresciuta qui. Questo traguardo lo sento davvero mio. E come dal primo giorno, fino all’ultimo in cui sarò qui, darò sempre il 100%."

Da fuori si percepisce una grande voglia di sacrificio: tu e altri compagni vi siete adattati anche a ruoli non vostri. Quanto sentite vostro questo spirito e quanto deriva dal lavoro di Buscè?

"Ne sono orgoglioso. Alla base di un gruppo forte c’è proprio questa predisposizione al sacrificio: sopperire alle mancanze, dare una mano nelle situazioni estreme. La nostra forza è aiutare il compagno in difficoltà. Questo deve rimanere lo spirito fino alla fine."

L’anno scorso è stato diverso e si è concluso con la retrocessione. Quanto è cambiata la mentalità della squadra?

"L’anno scorso, dopo una partenza positiva, la stagione è andata peggiorando. Quando mancano tante componenti – umane, tecniche, tattiche – diventa difficile. Mi ci metto dentro anch’io: potevamo fare di più. Quest’anno chi è rimasto ha fatto tesoro dell’esperienza, ripartendo da zero. Le scorie c’erano, ma grazie al mister, allo staff e ai ragazzi ci siamo compattati. Abbiamo iniziato a lavorare per fare bene prima di tutto per noi stessi, ragionando gara dopo gara. La differenza rispetto all’anno scorso è l’unione che si è creata."

A 35 anni sei uno dei simboli del gruppo, con quasi 200 presenze in Serie B. Con quale spirito ti sei rimesso in gioco?

"Da quando ho iniziato ho sempre avuto la voglia di un ragazzino. Venire al campo per me è uno stimolo, perché mi diverto. Prima di tutto resta un divertimento, poi lavoro con professionalità. Negli anni ho acquisito esperienza nei momenti chiave delle stagioni e questo mi ha aiutato. Ma la base è sempre l’entusiasmo: senza entusiasmo questo mestiere non ha senso. Oggi mi sento ancora un ragazzino anche fisicamente, e a questi livelli fa la differenza."

Qual è stato il momento più difficile finora?

"L’inizio dell’estate. C’era molta incertezza e confusione, com’è normale dopo una retrocessione. Anche noi giocatori avevamo dubbi e la paura che potesse essere peggio dell’anno precedente. Poi però le cose si sono sistemate e i risultati parlano."

E il momento più alto?

"Penso che il nostro termometro si sia alzato già dopo il primo mese di campionato. L’entusiasmo è cresciuto man mano. Quel primo mese ha segnato un livello importante, che poi continua a salire: dobbiamo alimentare questa fiamma."

Possiamo dire che sei il simbolo di questo Cosenza. Nelle 200 presenze con questa maglia, c’è un momento, tra tutti, che sceglieresti come simbolo del tuo percorso?

"Ce ne sono due, soprattutto. Il primo è la vittoria dei playoff contro il Sudtirol in Serie C, con il gol al 94’: a livello di adrenalina ed emozioni è stato l’apice. Sapevamo che dopo quella partita avremmo vinto, ci arrivammo benissimo. Il secondo è il playout vinto contro il Brescia: venivamo dal fondo e riuscimmo a compiere qualcosa di incredibile. È stato un altro picco emotivo enorme. Poi c’è la salvezza del periodo Covid: impossibile da dimenticare. Questi momenti sono indelebili. E contano ancora di più perché qui sono cresciuto insieme a mia moglie Giulia: siamo arrivati da ragazzi, poi ci siamo sposati, sono nati i nostri due figli. Ho vissuto qui tutta la mia vita calcistica e una parte fondamentale della mia vita personale."