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Caravello: "Mercato sempre aperto, come incide l'esclusione del Rimini"

Caravello: "Mercato sempre aperto, come incide l'esclusione del Rimini"TMW/TuttoC.com
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di Redazione TC

Ospite della mattinata di TMW Radio, durante la trasmissione A Tutta C, l'agente Danilo Caravello ha parlato della riapertura del mercato ormai imminente.

Il caso Rimini inciderà sulle trattative?

"Incide sicuramente. L’abbiamo visto con l’allenatore e con alcuni calciatori; altri si accaseranno nelle prossime ore. Le squadre che avevano delle lacune o che avevano individuato giocatori del Rimini hanno anticipato di un mese e mezzo l’ingresso di nuovi elementi, che peraltro possono giocare da subito. È diventato un mercato sempre aperto, con opportunità immediate: sui giocatori più pronti si sono buttate squadre importanti. L’allenatore, da neofita, si è ritrovato subito in una piazza calda come San Benedetto. E questi giocatori hanno anche il vantaggio di essersi allenati e aver giocato fino a pochi giorni fa, quindi sono immediatamente pronti". 

Come valuta la nuova regola per gli allenatori?

"Nel complesso la ritengo una norma giusta. È vero che potrebbe favorire gli allenatori più in vista, o quelli reduci da buoni risultati. Però prima accadeva che un tecnico, dopo una o due partite, se esonerato, rischiasse di restare fermo un’intera stagione. Questa norma crea un equilibrio: permette ai club di non avere a libro paga per uno o due anni più allenatori contemporaneamente. Se un tecnico trova una nuova squadra, risolve il contratto precedente e sgrava la società. È un punto d’incontro, come spesso accade tra i club. Questa è una regola che può starci. Ne esistono molte altre, invece, totalmente prive di senso. Bisogna ragionare di sistema: non pensare che i problemi siano solo della Lega Pro. Il 90% delle squadre saltate negli ultimi anni erano retrocesse dalla A o dalla B alla C. Significa che il sistema non regge, non che il problema sia solo la Serie C. Lo ripeto da anni: finché non si interviene rischiamo di non andare al terzo mondiale consecutivo. La FIGC fa spallucce, nessuno si dimette, va tutto bene. Le regole restano le stesse, gli interpreti pure. Il calcio italiano è diventato un calcio di terzo mondo, e purtroppo è sotto gli occhi di tutti".

Cosa pensa delle seconde squadre?



"Il problema non sono le seconde squadre e nemmeno le retrocessioni da limitare: il problema è un sistema che non funziona.   Se vogliamo essere davvero utili alla nostra nazionale dobbiamo introdurre regole quasi istituzionali: liberalizzare gli extracomunitari, purché sostenibili, obbligare ogni squadra a schierare almeno cinque italiani o naturalizzati ed eliminare l’assurdità per cui un trasferimento interno richiede una fideiussione immediata, mentre uno dall’estero no. Questo spinge i club a comprare fuori, non per  i costi, che spesso sono solo narrati, ma perché non devono garantire l’operazione. Questa è una distorsione enorme. Bisogna investire seriamente nei settori giovanili, pagare tecnici veri, non dopolavoristi. In troppi vivono i settori giovanili come un obbligo o, peggio, un business con ragazzi a pagamento. Così non si cresce nessuno. La riforma è giusta in teoria, ma in Lega Pro quanti settori giovanili sono davvero in grado di formare 3-5 giocatori pronti per la prima squadra in due anni? ? Pochissimi. La Juventus U23 ha prodotto buoni giocatori, ma molti non erano italiani: erano già stati pagati milioni come prospetti da prima squadra".

C'è chi propone un campionato separato come in Inghilterra...

"Può essere una soluzione, ma bisogna essere pronti ad affrontarla. Il Milan ha creato la seconda squadra ed è riuscito a retrocedere subito: ora è in Serie D e nemmeno in testa. Le seconde squadre servono per far giocare i tuoi giovani, per capire in uno o due anni chi può diventare un giocatore da A o da B senza mandarli in giro con valorizzazioni. E anche la Lega Pro deve cambiare mentalità: forse servirebbe una C unica, o due gironi professionistici veri, mentre il resto dovrebbe diventare semiprofessionismo perché i costi fiscali sono insostenibili. Oggi ci sono squadre che fanno la formazione con la calcolatrice. Questo non è calcio: un giovane che sbaglia due anni, o non è pronto subito, smette di giocare. Bisogna togliere la regola degli under : il giovane bravo gioca perché è bravo, non perché è obbligatorio. Ne parliamo da anni, ma non cambia nulla". 

Anche perché così si crea una terra di nessuno...

"Infatti molte grandi società preferiscono regalare i giocatori, mantenendo una percentuale sulla futura rivendita. Favoriscono così club di B o Lega Pro che magari non riescono a produrre profili propri. È un sistema in crisi profonda. La nazionale è allo sbando. E non voglio nemmeno pensare a un terzo mondiale mancato: sarebbe un disastro assoluto. Però sembra che anche se non ci qualifichiamo vada tutto bene. Si riducono retrocessioni e promozioni, penalizzando ancora di più il sottobosco che dovrebbe produrre i giocatori del domani. In Inghilterra i diritti televisivi vanno dalla Premier alla terza serie: prendono soldi veri, gli stadi sono pieni, perché il sistema è ragionato. Noi siamo passati dall’essere un calcio al top 15anni fa a uno con stadi tra i peggiori d’Europa e una nazionale di fascia B. Faccio calcio da 25 anni e un punto così basso non l’avevo mai visto". 

Chi l'ha colpita di più nei tre gironi?

"Nel Girone C ci sono tre corazzate evidenti. Ho visto dal vivo Benevento–Salernitana: sembrava una gara di media Serie B, per contesto e qualità degli organici.  La squadra più sorprendente per me è il Ravenna, una neopromossa che sta facendo un campionato straordinario. Fuori dalle big del Girone C, cito anche Vicenza e Arezzo: stanno viaggiando forte e il Vicenza  è ancora imbattuto in campionato. Il Ravenna è la sorpresa, ma il livello delle prime è molto alto".