Abbiamo un'ammazza-campionato. Lo diciamo da anni: tanti, troppi divieti di trasferta

Abbiamo un'ammazza-campionato. Lo diciamo da anni: tanti, troppi divieti di trasfertaTMW/TuttoC.com
Oggi alle 00:00Il Punto
di Ivan Cardia

Il campionato di Serie C scivola via, divertente per qualcuno e un po’ meno per altri. La novità è al Nord: colpaccio dell’Alcione, inciampa il Brescia, non fa sconti il Vicenza. Abbiamo un’ammazza-campionato: in Veneto toccheranno ferro e legno, otto punti sono troppo pochi per essere decisivi a questo punto della stagione, ma sufficienti a parlare di fuga. Ci divertono ancora di più gli altri due raggruppamenti, così aperti e così indecisi: il girone B è quasi indecifrabile, manca una squadra in grado di fare il vuoto. Al Sud ce n’è più di una e sarà una corsa ad altissima velocità fino alla fine.

A Rimini hanno risolto, per ora: temiamo nuovi capitoli della telenovela, stiamo alla finestra. A Livorno hanno finito la pazienza, pare: attendiamo la conferenza annunciata da Esciuà per martedì, le novità potrebbero non limitarsi al credito esaurito da parte del tecnico Formisano. È un campionato, la C, che macina record di presenze allo stadio, proprio per la sua capacità di raccontare storie e dinamiche così diverse. C’è il bello e il brutto, c’è l’Italia molto di più che nelle divisioni superiori. E pesano, di conseguenza, alcuni vizi del nostro Paese.


Torniamo su un vecchio cavallo di battaglia, che non riguarda direttamente la C se non per la sua - fisiologica - maggior frequenza. Qualche giorno fa i dirigenti dell’Eintracht (che potrebbero anche farsi un esame di coscienza, visto cosa combinano i loro tifosi) hanno protestato in maniera veemente contro il divieto di trasferta a Napoli. “In Italia è la prassi”. Al netto della questione contingente - ripetiamo: esame di coscienza -, purtroppo hanno ragione. Da diversi anni, nel nostro Paese, vietare la trasferta, e quindi la partecipazione del pubblico, è diventata la ricetta principale, se non unica, per gestire l’ordine pubblico in condizioni delicate. Peccato che non sia una gestione, ma una ritirata. Il tema, giova tornarvi, non riguarda direttamente la C, né ovviamente le sue istituzioni e nemmeno quelle calcistiche: ha un’incidenza maggiore in terza serie per il maggior numero di squadre, la vicinanza geografica più frequente tra i club e per la piccola dimensione di molte città (meglio paesi) coinvolte. È una questione, più che di calcio, di istituzioni e di cosa rappresenti lo Stato: quando vieta, non gestisce, ma rinuncia a uno dei suoi compiti essenziali. E questo, ovviamente, è un problema.