LEGA PRO, WANNA BE MY VALENTINE? LE CINQUE REGOLE PER TENER VIVO QUESTO RAPPORTO E NON FARLO FINIRE NEL CESSO

14.02.2020 00:00 di Luca Bargellini Twitter:    vedi letture
LEGA PRO, WANNA BE MY VALENTINE? LE CINQUE REGOLE PER TENER VIVO QUESTO RAPPORTO E NON FARLO FINIRE NEL CESSO

Nell’arco delle 24 ore che sono appena iniziate sentirete una pletora infinita di smancerie. Miele ovunque. Oltre ogni umana possibilità di sopportazione. E non solo fra moglie e marito, fidanzato e fidanzata, amanti e inguaribili romantici. Sentirete parlare di amore a profusione anche in relazione al mondo del pallone, di quanto sia il motore che muova la vita di tanti. Con una passione costante e duratura. In sintesi: “l’amor che move il sole e l’altre stelle”, giusto per citare qualcuno che parlando di queste cose è finito all’inferno.
Su queste colonne di dichiarazioni d’amore alla Lega Pro ne troverete poche. Anzi, nessuna. Mai ne tantomeno oggi. Perché i problemi li abbiamo sempre affrontati e non nascosti, abbiamo infilato il dito nella piaga. E da bravi cinici, realisti e un po’ sadici ci è anche piaciuto.
Così ho deciso, nel giorno dedicato all’amore, di prendermi “la briga e di certo il gusto” di proporre cinque regole (non 100) per dare un futuro alla Lega Pro. Regole concrete e non fantasie che lasciano il tempo che trovano.

1 - Finanze valide e non creative
Chi conosce un minimo il sottoscritto per quello che ha raccontato nel corso degli ultimi due anni e mezzo sa bene qual è la mia personalissima ricetta per una Serie C solida e credibile. Ok la selezione all’ingresso, con tutta una serie di garanzie che certificano la solidità delle aziende che investono nei club della terza serie, ma non basta. Serve un impegno finanziario, garantito a medio termine. Chi entra nel pallone deve dimostrare, fin da subito, di volerci rimanere almeno per qualche anno. Perché allora non chiedere un versamento a garanzia delle spettanze stagionali della società in questione come simbolo di “buona fede”? Se davvero c’è la volontà di fare calcio per un imprenditore serio non è certo un qualcosa di eccessivamente gravoso.

2 - Seconde squadre? No grazie
Qui il discorso è semplice. L’esperienza della Juventus Under23 in questi due anni ha dimostrato che l’inserimento delle seconde squadre nel calcio italiano non funziona. Se davvero fosse un progetto “attraente” per le società del nostro movimento non ci sarebbero solo quei bianconeri che, col passare del tempo, danno l’idea di aver detto sì più per una sorta di “favore” ad un sistema che cercava di rilanciarsi che per reale convinzione. Se proprio si vuole mantenere le seconde squadre lo si faccia con un campionato specifico. La Serie C è un altro mondo.



3 - Tv… sempre!
Il calcio italiano è legato a doppio filo al mondo dei media. Il luccicante modello inglese rimarrà probabilmente una chimera per l’Italia ed è dunque giusto smettere di fantasticare. Bene i nuovi stadi, accoglienti e vivibili 7 su 7, ma l’appassionato di pallone dello stivale vorrà sempre avere la possibilità di vedere la propria squadra in tv dopo il pranzo domenicale a casa della mamma. Ecco allora che la Lega Pro dovrà dotarsi, nel minor tempo possibile, di una televisione che le permetta di arrivare ovunque. Non importa che si tratti di un’emittente satellitare o una piattaforma streaming: ciò che conta è che sia affidabile a tal punto da garantire introiti più elevati a tutte e 60 le partecipanti.

4 - Professionisti nel semiprofessionismo
Altro vecchio cavallo di battaglia. Se aumentare i ricavi attraverso una maggiore visibilità (vedi punto precedente) è fondamentale per il futuro della Lega Pro, occorre anche ragionare sul versante opposto, ovvero quello dell’abbattimento dei costi. Uno solo è il percorso a disposizione: la reintroduzione del semiprofessionismo. Almeno per i primi anni un taglio delle spese permetterebbe alle società di investire una quantità maggiore di denaro in strutture, ma anche in calciatori. Siano essi del settore giovanile o acquistati sul mercato.

5 - Gironi? Sorteggiamoli!
L’ultimo punto. Quello che arriva in coda a tutti gli altri, ma che ha il ruolo della “ciliegina sulla torta”. Mai come quest’anno due dei tre gironi di Serie C sono già decisi prima ancora che inizi marzo. Il gruppo A e il C sono saldamente nelle mani di due club importanti come Monza e Reggina, capaci fin da subito di dimostrarsi superiori agli altri. Una tendenza, questa, che a periodi alterni si è sempre manifestata, ma che deve essere combattuta. Potrebbe, dunque, essere arrivata l’ora di stravolgere i gironi con un sorteggio integrale dei tre raggruppamenti. Una volta abbattuti i costi e alzati gli introiti, anche per le società di terza serie sostenere trasferte più lunghe sarebbe molto più fattibile di adesso. In questo modo il meglio del nord avrebbe modo di scontrarsi e incontrarsi con i pari grado del sud (o del centro) imparando, crescendo e scoprendo anche nuovi modi di fare calcio, nuovi progetti sportivi e idee sorprendenti. Un taglio netto col passato.