Se ha ragione Allegri, le seconde squadre non hanno senso. A Lecco tanto rumore per nulla. Viterbese, avanti un altro?

08.11.2021 00:00 di  Ivan Cardia  Twitter:    vedi letture
Se ha ragione Allegri, le seconde squadre non hanno senso. A Lecco tanto rumore per nulla. Viterbese, avanti un altro?
TMW/TuttoC.com

Le seconde squadre, che equivale a dire la Juventus Under 23, sono diventate tema d’attualità nei giorni scorsi per una notizia eccezionale: la convocazione di Matias Soulè con l’Argentina dei grandi. Al netto delle qualità innegabili del giovane, che finora ha giocato una manciata di partite Serie C - trovando peraltro poche ore fa il primo gol, complimenti - la convocazione si spiega anche col tentativo della Federcalcio argentina di anticipare un eventuale pressing di quella italiana in ottica azzurra. È questo, tra l’altro, un tema molto interessante, ma andiamo avanti. È una notizia inattesa, se non da Agnelli che l’aveva anticipata all’assemblea degli azionisti pochi giorni prima, e nella conferenza stampa prima dell’1-0 alla Fiorentina proprio su Soulè si è soffermato Massimiliano Allegri.

Il tecnico bianconero, a prescindere dal riferimento concreto al diez di Zauli, si è dilungato in una digressione sul modo in cui gestire i talenti nello specifico e quelli della Juve U23 nello specifico. Intanto ci ha dato una notizia, perché ha spiegato che “da quest’anno” son state fatte delle scelte, il che vuol dire che la filosofia sarà leggermente diversa. Per il resto, ha indicato una trafila lunghissima, ai tratti esasperante, in cui i giovani partono dalla seconda squadra, fanno tanta B, un prestito in bassa Serie A e poi si vede se sono o meno “da Juventus”. Il tutto per arrivare, salvo casi eccezionali, attorno ai 25-26 anni alla piena maturazione calcistica. Ora, questo ragionamento ha diversi punti deboli, a partire dal fatto che ragazzi di 25-26 anni possano essere considerati giovani quando le big d’Europa sono piene di ragazzi del 2002, del 2003 o anche del 2004. Troppi per essere tutti predestinati. Senza considerare che una trafila così esasperante non può fare bene a tutti e in realtà è spesso il miglior modo per disperdere dei talenti. Quello che qui può interessare, dato che per ora le seconde squadre sono materiale da Serie C, è che se fosse vero questo non avrebbero alcun senso di esistere.

Nella visione di Allegri, la squadra B serve in sostanza a far muovere i primi passi a ragazzini dai 17 ai 19 anni, che poi saranno però destinati a sbocciare altrove, prima di - nel migliore dei casi - tornare alla base. In realtà, a prescindere dalle opinioni, lì dove funzionano le seconde squadre lo fanno perché il salto è all’interno del club, alla prima squadra e in maniera diretta. Questo proprio per evitare la dispersione del talento, e perché in realtà il divario, soprattutto a quell’età, non è detto che sia così elevato. Nessuno ha la verità tra le mani, ci mancherebbe, ma le idee di Allegri sembrano l’ennesima confusione attorno a un progetto che è partito male e sta proseguendo peggio. Di seconde squadre ce n’è una sola, quella della Juventus, che giunta al terzo anno di vita non ha ancora dato un giocatore uno alla prima squadra, ma fatto fare tanti affari sul calciomercato. Aspettiamo di capire se altre si stanno effettivamente preparando - in Lega Pro c’è fiducia, tra chi cura i settori giovanili delle big anche, a livello delle proprietà tanti dubbi - ma intanto c’è da considerare che i requisiti fin qui fissati hanno frenato molto e che, se l’impostazione di Allegri è condivisa, c’è anche un problema di carattere generale nel capire a cosa servano queste benedette seconde squadre. Detto, sia chiaro, da chi è sempre stato favorevole e lo è tuttora. 

Da un tema molto generale, a due situazioni più spicciole. A Lecco una settimana fa il presidente Di Nunno ha fatto fuoco e fiamme, anche in maniera piuttosto sguaiata, per poi minacciare esoneri di massa in caso di successiva sconfitta. Morale della favola: il Lecco ha perso, in maniera piuttosto casuale considerata la partita, e tutti resteranno al loro posto. Giustamente, perché la sfuriata, oltre che nei toni francamente censurabili, è stata fuori luogo anche se si considerano i risultati di una società e una squadra che nelle ultime stagioni ha fatto dei miracoli ed è tuttora in zona playoff. Il calcio ci piace quando ci si mettono cervello e cuore, la pancia lasciamola da parte perché (e ora non si parla di Lecco ma in generale) altrimenti non ci si può lamentare per mesi perché il governo non considera il pallone una cosa seria. A Viterbo invece si cambia ancora, arriverà il terzo allenatore dopo appena tredici giornate, a meno di un ritorno di Dal Canto, cosa non certo improbabile. Sembra una trasmissione televisiva dove i concorrenti si avvicendano in maniera casuale. Le difficoltà ci sono, ma se gli allenatori cambiano e quelle rimangono, sarà solo colpa di chi è in panchina?