Spera nel bene, ma preparati al peggio. Ma il calcio italiano ha puntato solo sulla prima parte del proverbio. E ora i nodi vengono al pettine e lo stop si fa sempre più concreto
TMW/TuttoC.com
Spera nel bene, ma preparati al peggio. Recita così un proverbio inglese che ben si adatta alla situazione che vive la Serie C e il calcio italiano in generale. Perché purtroppo la pandemia da Covid-19 è ben lungi dall'essere finita e anzi dopo un'estate tutto sommato tranquilla (e che aveva fatto pensare erratamente che il peggio fosse alle spalle ritardando interventi che erano necessari e lo sono ancor di più in questo momento) è tornata a colpire con forza seppur con numeri di morti per ora, inferiori a quelli della scorsa primavera quando tutto si era fermato, compreso il calcio.
Ora si va verso un nuovo lockdown, forse differenziato per zone e meno rigido – per il momento – rispetto a quello vissuto solo pochi mesi fa ed è inutile non tenerne conto. Del resto ogni giorno aggiorniamo il bollettino dei positivi nelle varie squadre, scriviamo di gare a rischio rinvio o rinviate direttamente coi campionati che hanno classifiche sempre più piene di asterischi e il calendario che va pian piano a esaurire gli slot disponibili per i vari e sempre più numerosi recuperi da giocare. “Vogliamo giocare, ma la pandemia ci obbliga a giocare d’anticipo. In questa situazione così complessa dobbiamo essere ancora più pronti e reattivi nel pianificare e gestire tutte le eventuali emergenze che dovessero sopraggiungere”, ha detto ieri il presidente dei Lega Pro Francesco Ghirelli nella giornata di ieri. Parole ovvie, scontate, ma che forse si sarebbero dovute pronunciare qualche mese fa e non ora. Perché l'arrivo della seconda ondata era chiaro a tutti, ma in troppi – a tutti i livelli non solo calcistici – hanno fatto finta che non fosse così sperando per il meglio, ma senza prepararsi al peggio.
In questi lunghi mesi, a partire da marzo in poi, nessuno ha pensato realmente a dei piani B o C per portare a conclusione i campionati. Non si è pensato a una vera riforma del sistema per renderlo più sostenibile in un periodo di grave crisi finanziaria ed economica, si sono invocati aiuti di Stato, ma senza fare autocritica rispetto a un mondo che spende molto più di quel che incassa (e più si sale nelle serie e più questo è evidente). Solo ora, a un passo dall'inevitabile, si ragiona su che fare se le cose, come probabilmente accadrà, dovessero peggiorare: slittamento calendario senza play off, solo girone d’andata con play off e play out o play off allargati per determinare tutte le promosse sono le tre possibilità che la Lega Pro sta analizzando e discutendo. Tardivamente a mio parere.
Fare pronostici su cosa potrà accadere nelle prossime settimane non è facile, ma dobbiamo prepararci a un nuovo, doloroso, stop perché probabilmente solo la Serie A – seppur fra mille difficoltà – può reggere a lungo l'urto della crisi generata dalla pandemia. E la colpa non è solo di uno stato che ha dimenticato, colpevolmente, il mondo del calcio e dello sport in generale (specie di quello di base), ma anche di chi in sei mesi non è stato capace di ripensare a un sistema che era già in crisi da anni e trovare quei correttivi necessari non solo per sopravvivere, ma anche per darsi una nuova vita meno precaria di quella precedente. E forse solo una tabula rasa a questo punto può essere la soluzione per far rinascere il calcio dalle proprie ceneri. Come una fenice.
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IL PUNTO di Nicolò Schira
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