INTERVISTA TC - Dg Piacenza: "I presidenti mettono i soldi, altri puntano il dito"

05.08.2020 11:30 di Raffaella Bon   vedi letture
INTERVISTA TC - Dg Piacenza: "I presidenti mettono i soldi, altri puntano il dito"

"La situazione è aberrante dal punto di vista formativo: con la scusa dei giovani si supporta solo chi non vuol spendere. E' una norma portata avanti da squadre che l'anno scorso hanno rinunciato a fare i play-off. E' indicativo di quanto interessi l'aspetto tecnico-sportivo a questi soggetti". Sono queste le dichiarazioni rilasciate ieri dall'avvocato Umberto Calcagno nel corso di un'intervista a TMW. Dichiarazioni quelle del vice presidente dell'AIC che non hanno lasciato indifferente Marco Scianò, direttore generale e socio del Piacenza, che ha voluto rispondere ai microfoni di TuttoC. "Rimaniamo attoniti davanti a dichiarazioni di questo genere soprattutto fatte da un'istituzione che rappresenta i calciatori, ma che dovrebbe avere ben chiaro i problemi e l’impatto presente e soprattutto futuro del momento storico che viviamo. L'affermazione dell'avvocato Calcagno risulta falsa e a tratti tendenziosa, perché questo tipo di impostazione per la prossima stagione non è stata decisa o portata avanti dalle squadre che non hanno fatto i playoff, ma dalla collegialità di tante società. Anche perché sono poche le squadre che hanno rifiutato di disputare i playoff, forse non si capiscono il momento storico e le difficoltà derivanti da una pandemia. C'è bisogno di lavorare e trovare risorse e non continuare a puntare il dito sulle proprietà che mettono i denari, la verità che in Serie C va avanti grazie ai grazie soldi che mettono i presidenti e i soci e non dalle chiacchiere di dirigenti ed istituzioni. Si deve richiamare un momento di maggior concretezza e questo non è solo il pensiero del Piacenza. Ci vorrebbe maggior considerazione delle società, non puntare il dito e capire che è stata una decisione collegiale e non delle società che non hanno fatto i playoff. Inoltre a più parti continuo a sentire dire “con la scusa del Covid”: le eccezioni ci saranno state pure, ma la maggioranza delle situazioni è realtà, ed è costituita da club che hanno subito mancati incassi da botteghino, da sponsor che non hanno più pagato perché in difficoltà lavorativa e che hanno giustamente dato priorità ai propri lavoratori, da introiti federali di dubbia riscossione, da proprietà con dipendenti in cassa integrazione o con cali di fatturato di oltre il 50%. È ora che il calcio torni sulla terra, a ragionare come un mondo reale, almeno quello non di serie A, non è accettabile dire che chi non vuole spendere non deve fare calcio, perché in C quasi tutti i presidenti tirano fuori almeno un paio di milioni per non parlare di cifre maggiori in altre club".

RIFORMA - "L'ultimo aspetto potrebbe portarmi a dare un punto di vista diverso, noi dobbiamo investire nella formazione e nella cultura. Abbiamo lacune troppo evidente a tutti i livelli: dirigenti, proprietà, tecnici, istituzioni. Un campionato che ha una forte tendenza giovanile come la Serie C ma che ha numeri medi di impiego dei giovani che non mentono mai visto che abbiamo una media nei tre gironi molto bassa per essere considerati società di mission. Chi dice che con i giovani si abbassa il livello, vive ancorato a preconcetti, perché in Europa oggi ci portano a scuola su questo, con club che lanciano tantissimi giovani a tutti i livelli. Questa è una riforma che va a valorizzare i giovani, il tempo è sempre galantuomo e sono fiducioso che raccoglieremo i frutti nell'arco di prossimi anni. E' un grande atto di coraggio da parte delle società ed è questo il momento che chiede atti di coraggio. E' normale che possa esserci qualche mal di pancia, il problema sta principalmente nel primo anno e per quei club che hanno troppi contratti in essere. Sento dire che questa riforma è un modo per risparmiare: non è vero, è un modo di lavorare con i giovani in maniera decisa. Se non c'è un contenimento dei costi, tra qualche anno il campionato sarà disputato da massimo venti squadre perchè si fallisce. Poi se accettiamo questo, allora è un altro discorso".

Questa la chiosa finale del direttore del Piacenza. "Bisogna saper ponderare bene le parole, i presidenti mettono soldi mentre il resto commentano con il portafoglio degli altri. Io sono un socio anche, conosco le difficoltà di questa categoria, ma anche della B oserei dire. La parole “investire” nel calcio è un grande ossimoro: io investo nei settori giovanili, nelle infrastrutture, non negli stipendi. Mi sento di parlare a nome della maggior parte dei presidenti, onestamente essere strumentalizzati in questo momento la reputo sgradevole e offensivo".