INTERVISTA TC - Montevarchi, Gambale: "Facevo il fornaio, ora sforno gol in C"

25.11.2021 07:30 di Sebastian Donzella Twitter:    vedi letture
INTERVISTA TC - Montevarchi, Gambale: "Facevo il fornaio, ora sforno gol in C"
TMW/TuttoC.com
© foto di Marcello Sani Ph

Sfornare. È il verbo, forse, che più rappresenta Diego Gambale. Perché l'attaccante classe '98, debuttante in C con l'Aquila Montevarchi, sforna gol a ripetizione. Perché le reti le ha sfornate, e tante, negli ultimi anni, tra la Serie D e l'Eccellenza. E perché, mentre faceva tutto ciò, era realmente un fornaio. TuttoC.com vi racconta l'incredibile storia della punta di Roma, una delle più belle sorprese di questo inizio di stagione. 

Hai segnato 7 gol in 14 partite. In pratica ogni due gare una squadra becca gol da te. 
"Se vogliamo essere pignoli, per minutaggio direi anche 13, visto che non ho finito tutte le partite al novantesimo. Minuzie a parte, un grande inizio che non mi sarei mai aspettato. Ci tengo subito a ringraziare i compagni: i gol arrivano solo se la squadra fa un grande lavoro".

Tra gol e assist sei stato decisivo in metà delle reti. In pochi mesi, insomma, le responsabilità sono cresciute a dismisura. 
"So che la mia presenza in mezzo al campo conta tanto in questo momento ma non mi sento imprescindibile. Mi è sempre piaciuto essere un punto di riferimento per i miei compagni, le mie caratteristiche mi portano a lavorare per la squadra: non gioco solo dentro l'area ma anche tanto fuori. Inoltre il nostro è un gruppo che va oltre il campo: non ci vediamo solo agli allenamenti, stiamo insieme anche quando non siamo su un terreno di gioco. E questa complicità ci aiuta molto anche nelle partite".

Dove può arrivare questo Montevarchi?  E Gambale?
"L'obiettivo è la salvezza, siamo neopromossi, non montiamoci la testa per questi 19 punti perché mancano ancora 25 partite. Anche a livello personale voglio fare un passo alla volta. L'obiettivo è la doppia cifra, riuscirci il primo anno sarebbe una soddisfazione imensa. Se ce la farò punterò a quota 15. E se riuscirò anche in questo allora proverò a raggiungere le 20 reti. La speranza, ovviamente, è di mantenere questa media".

Nonostante la vittoria, dopo l'ultima gara mister Malotti ha parlato di mentalità amatoriale.
"A volte ci portiamo dietro un po' di mentalità dilettantistica perché veniamo quasi tutti da lì. Contro la Reggiana in nove eravamo al debutto tra i professionisti. Pochissimi in squadra hanno giocato in categoria, ancora meno coloro che l'hanno fatto con continuità. In più, dopo la Juventus U23, siamo la squadra più giovane di tutti e tre i gironi. Ci vuole un po' di tempo ma lavoriamo tutta la settimana per far sì che quel tipo di mentalità rimasta vada via. Sicuramente dobbiamo imparare a gestire meglio le partite, ce la stiamo mettendo tutta per riuscirci".

Hai segnato per il Montevarchi ma mai a Montevarchi, visto che giocate in casa a Pontedera.
"Già. Spiace perché il numero di tifosi allo stadio di Montevarchi ovviamente è diverso, sicuramente raddoppierà rispetto ad ora quando potremo andarci. Si parla di Natale, sarebbe un bel regalo poter giocare lì prima dell'anno nuovo".

Sei arrivato in C a suon di gol tra i dilettanti. Ma in realtà sei cresciuto in un settore giovanile di Serie A.
"Otto anni con la Lazio, dai Pulcini agli Allievi Nazionali. Poi, sul più bello, niente conferma, niente Primavera. Sono laziale dalla nascita e in famiglia lo siamo da generazioni: fu durissima da accettare.  Mi era passata la voglia di giocare a calcio, papà per fortuna mi fece ragionare e mi rimisi in gioco. Ma non fu affatto facile ripartire dopo una botta del genere".

Al posto della Primavera della Lazio, la Berretti della Lupa Roma.
"Con il mio primo ritiro tra i grandi, con la prima squadra che si preparava per la Serie C. Quell'anno, divenuto maggiorenne, capii che dovevo chiuderla con le giovanili e ancora oggi son convinto di aver preso la decisione migliore: secondo me un anno tra i dilettanti vale 3-4 campionati in un settore giovanile".

E quindi il salto nel vuoto, in Eccellenza.
"Alla Boreale, non proprio una big. All'inizio non fu semplice, con equilibri completamente differenti:  tra i grandi non si scherza più, gli allenamenti diventano più pesanti, in partita inizi a prenderle per davvero. niente più ambiente ovattato di giovani ma padri di famiglia che cercano di portare la pagnotta a casa. Io stesso alla Boreale lavoravo come fornaio dal lunedì al sabato, dalle 10 alle 15, allenandomi la sera dalle 19 alle 21. Era stancante ma onestamente non mi è mai piaciuto chiedere soldi a mamma e papà".

Però in campo i gol li sfornavi, eccome.
"Al primo anno di Eccellenza feci 11 gol e ottenemmo la salvezza. Il secondo anno ne segnai 21 e arrivammo in semifinale di Coppa Italia Eccellenza. Un risultato eccezionale per una piccola società di quartiere guidata egregiamente da Leandro Leonardi, un amico prima ancora che un presidente. Una stagione da favola". 

Da lì ancora un altro club di Eccellenza. Strano non salire di categoria dopo tutti quei gol.
"Non scelsi una società a caso. Il Montespaccato è unica nel suo genere: aiuta i calciatori ad affermarsi sia nel campo che nella vita. Ti formano a livello scolastico, ti danno opportunità lavorative e offrono dei corsi formativi personalizzati. Quest'ultimi li ho frequentati volentieri. Per quanto riguarda lo studio avevo già ottenuto il diploma da ragioniere mentre riguardo al lavoro lasciai il forno: mi allenavo nel primo pomeriggio, non riuscivo più a far combaciare le due professioni". 

Due anni al Montespaccato, uno migliore dell'altro.
"Già. Nel primo vittoria del campionato e capocannoniere con 24 gol in 23 partite. Purtroppo il Covid portò alla cancellazione delle ultime 9 partite e dovetti abbandonare la caccia al record del Lazio, ancora fermo a 33. Dopo anni ammetto che mi è ancora rimasto un po' l'amaro in bocca. L'anno dopo la scelta fu semplice: ancora la stessa squadra. Mi ero trovato talmente bene e avevo promesso al presidente Massimiliano Monnanni che in caso di promozione sarei rimasto. Glielo dovevo, mi aveva accolto come un figlio facendomi sentire un professionista. Anche questa è stata la scelta giusta: ho segnato 15 gol e da neopromossi in D ci siamo salvati tranquillamente".

E finalmente la chiamata tra i professionisti. E non in una squadra a caso.
"In effetti mi feci notare dal Montevarchi facendogli doppietta in campionato (ride NdR). Battute a parte, avevo diverse offerte ma ho scelto la squadra che ha puntato maggiormente su di me: un bel progetto tecnico, un contratto triennale. Insomma, ho capito che qui volevano fare le cose per bene e che mi volevano veramente".

Il salto di categoria, visti i numeri monstre di inizio stagione, non ti è pesato.
"Se devo essere sincero, all'inizio non è stato semplice: non avevo mai lasciato casa, venivo da una sola stagione in Serie D, ero in un posto dove non conoscevo nessuno. Però ho risolto in fretta tutti questi problemi: forse perché quest'estate è stato il momento giusto per prendere la decisione di giocarmi le mie chance tra i professionisti".

Ieri fornaio, oggi bomber in C. A soli 23 anni ne hai vissute di vite...
"Se penso da dove son partito, dove sono arrivato ora, ai sacrifici che ho fatto insieme alle persone a me vicine, l'aver dovuto ricominciare dopo la botta alla Lazio... Ora vivo altre emozioni, cerco di andare avanti e non di andare indietro. So di essere qua perché me lo sono meritato e questa è la cosa più importante. So anche che la visibilità in C è tanta, soprattutto se segni con regolarità. Ma per come sono fatto io non penso al futuro, meglio avere la testa al presente". 

Quindi inutile chiederti anticipazioni di mercato.
"Ho già detto al mio procuratore di voler disputare il campionato in maniera tranquilla, non voglio pulci nell'orecchio. Anche se ci fossero o ci saranno offerte, ho intenzione di rimanere a Montevarchi e di terminare la stagione qui". 

Però, anche se non ami pensare al futuro, avrai sicuramente pensato a cosa vorrai fare da grande...
"Più che pensare al futuro, lo sogno. Ho 23 anni, se non sogno a quest'età quando lo faccio più? E quindi ammetto che il sogno dei sogni ovviamente è la numero 9 della Lazio (ride NdR). Aprendo gli occhi l'obiettivo è quella di scalare le categorie, io ce la metto e ce la metterò tutta per riuscirci".

Al momento quella maglia biancoceleste appartiene a un certo Ciro Immobile. E anche al tuo armadio...
"Quando ho ricevuto la sua maglietta con dedica mi sono emozionato. La conservo gelosamente, è qualcosa di incredibile. Stiamo parlando dell'attaccante della mia squadra del cuore e della punta più forte della Serie A".

Su questo, visto come sono andate le qualificazioni mondiali, qualcuno dissente...
"I fatti dicono che dev'essere la punta della Nazionale. Non ha ancora espresso in maglia azzurra quanto fatto con la Lazio ma dà tutto e non vedo come fai a criticarlo o non affidarti a lui per gli spareggi. È vero, sono tifoso biancoceleste, ma la sua grande forza è oggettiva".

Intanto un pezzo di Serie A nel weekend ogni tanto lo incontri...
"Dessena, Missiroli e Paloschi hanno fatto la Serie A vera e oggi ci gioco contro, che spettacolo: ti danno lo stimolo in più di dimostrare che sei un valido giocatore. Eppure quello che mi ha impressionato è stato Cigarini, ricordo quando lo vedevo in TV. Ero al debutto in C, in uno stadio storico come quello di Reggio Emilia, stavo giocando contro una squadra storica come la Reggiana e di fronte avevo uno come lui. Già è tanto se sono riuscito a terminare tutti e 90 i minuti dall'emozione. Alla fine non sono nemmeno riuscito a parlargli, non sapevo nemmeno come rivolgermi a lui. Magari la gara di ritorno potrei farmi avanti (ride NdR)".

A proposito di calciatori, anche in casa ne hai sempre avuto uno.
"Papà Angelo ha giocato per 20 anni arrivando fino alla Serie D. Calcisticamente, però, non c'entriamo nulla: lui era un centrocampista di quantità, abbastanza basso. Io invece sono una punta di un metro e novanta, per fortuna ho preso l'altezza dallo zio materno (ride NdR). Al di là delle differenze in campo, mio padre è sempre venuto a vedermi e continua a farlo anche adesso in giro per l'Italia. Conoscendolo, andrebbe a Olbia anche in barca se ce ne fosse bisogno. Ci confrontiamo molto, cerca sempre di farmi migliorare e raramente mi dice 'bravo' a fine partita. Anche dopo la doppietta all'Imolese, la mia prima tra i professionisti, è riuscito a dirmi che avrei potuto segnarne ancora un altro. Direi che è un po' esigente. Però non posso fare altro che ringraziarlo, insieme a mia madre Roberta, per tutto quello che hanno fatto. E da tre anni dico grazie anche alla mia ragazza Martina per tutto quello che fa".

Chiusura con il primo momento che ti viene in mente di quest'anno.
"Io che segno al Grosseto e gli amici di una vita che esultano sugli spalti. Mi è venuto in mente quando esultavano con me sui campi d'Eccellenza, ammetto di essermi commosso".