TuttoLegaPro.com ... in rosa: Elena Pianigiani (vicepresidente Poggibonsi)

TuttoLegaPro.com ... in rosa: Elena Pianigiani (vicepresidente Poggibonsi)
Elena Pianigiani (a destra)
© foto di ©TLP
domenica 1 dicembre 2013, 08:00Interviste TC
di Redazione TLP
Da un'idea di Sebastian Donzella e Valeria Debbia

"Allo stadio al tacco non ci rinuncio": la femminilità prima di tutto. Mette subito le cose in chiaro Elena Pianigiani, giovane vicepresidente del Poggibonsi, protagonista della seconda puntata di TuttoLegaPro.com...in rosa. Anche se ammette: "sono passionale, cerco di contenermi ma a volte qualche piccola e simpatica imprecazione scappa".

Una vice in linea con l'età media. Come è diventata la numero due del Poggibonsi?

"Nel 2008 mio padre (Antonello Pianigiani, NdR) ha acquistato il 51% delle quote del team, diventando il presidente. Il vice all'epoca era un altro socio che aveva il restante 49%. Nel 2010 la mia famiglia prese l'intero pacchetto azionario. In quell'occasione mio padre mi chiese di entrare a far parte del progetto e io non ci pensai due volte. Una situazione insolita perché avevo solo 21 anni. A quell'età un padre è più facile che regali una borsa, mentre a me ha dato l'opportunità di diventare vicepresidente di una squadra di calcio professionistica: non ha guardato alle frivolezze, ma alla praticità, alla sostanza. Ha creduto fossi responsabile: si è fidato e si fida di me".

L'unico regalo che suo padre non le ha fatto è stato Kakà...

"(ride, ndr) Quella è stata una delusione. Lessi su Internet che Kakà era stato accostato al Poggibonsi. Il suo agente che aveva in procura anche un nostro giocatore, Anouar El Kamch, aveva detto al brasiliano: "Pur di andar via dal Real vai a giocare anche a Poggibonsi". Io a quel punto dissi a mio padre che se avessimo preso Kakà non avrei risposto più di me stessa. Papà ha sempre la battuta pronta e non gli mancò nemmeno in quell'occasione. Disse che l'interessamento era tangibile ma che da un punto di vista economico bisognava lavorarci su".

A differenza di altri dirigenti, segue spesso la squadra in trasferta: la sua è una passione che è nata dopo l'ingresso in società o già l'aveva pervasa da piccola?

"Sono cresciuta a pane e pallone. Mio padre mi portava a vedere il Siena all'Artemio Franchi quando lui faceva parte del CdA del Siena. Tra l'altro in quella stagione (campionato di Serie C1 1999/2000 NdR) la squadra conquistò la promozione in Serie B. Essendo piccola ero coccolata da tutti, anche dai giocatori. Ricordo che mi ruppi un braccio e tutti i calciatori mi autografarono il gesso per renderlo più bello. In cadetteria, nel dopopartita, addirittura ci scambiavamo le figurine Panini: per molti di loro era la prima volta in Serie B il che significava che non ne avevano mai avuta una personale. Erano galvanizzati, figuriamoci io! Inoltre a Siena le contrade hanno tutte un grande amore per la squadra e per questo ogni settimana a turno ognuna ci ospitava per cena. Anche quando mio padre uscì dalla società, io continuai ad andare allo stadio: avevo anche l'abbonamento in Curva con gli amici. Poi nel 2008, mentre ero al mare, mia madre mi chiama per dirmi: "Babbo ha comprato il Poggibonsi". Ed ora eccoci qua".

La sua strada è quella di una predestinata...

"Diciamo che c'è stata molta sintonia tra me, il calcio e la mia famiglia. Anche mio fratello ama questo sport: gioca in Seconda Categoria. Tutta la nostra settimana ruota intorno al pallone e a me piace, perché lo trovo un bellissimo ambiente e spero che nel futuro io possa restarci".

Sua madre è consigliere nel CdA della squadra: com'è vivere sul posto di lavoro con i genitori?

"(ride, ndr). E' dura: alcune volte vorrei scappare di casa. Vivere 24 ore su 24 a contatto con mamma e papà, due persone che stimo e da cui prendo spunto, è difficile: arrivano quei momenti in cui vorresti staccare la spina, ma è impossibile. Li vedi a casa, li vedi al lavoro, li vedi sempre insomma. E' molto tosta. Ma ripeto: siamo una grande famiglia. Qualcuno ci vuole male, l'invidia c'è, ma quando siamo uniti, nessuno ci può battere. E a me questa cosa piace tantissimo".

Se suo padre non fosse stato impegnato nel calcio, crede che la sua vita avrebbe preso una direzione opposta?

"Avrei seguito comunque il calcio perché mi piace, ma avrei dedicato il mio tempo ad altro. Se papà non fosse stato presidente mi sarei impegnata al 100% al lavoro nell'azienda di famiglia, la Pianigiani Rottami: mi occupo di amministrazione e contabilità. Probabilmente avrei anche finito prima di studiare. Mi sto infatti laureando in economia e commercio.
Il Poggibonsi, anche se non sembra, occupa una parte considerevole della mia vita. Mi occupo delle sponsorizzazioni della squadra, un lavoro fondamentale come non mai visto che da quest'anno il Monte dei Paschi non è più di supporto. Poi seguo la nostra Scuola Calcio, chiamata ASD Leoni e nata nel 2011. Ne sono presidente: abbiamo un centinaio di bambini, nati tra il 2001 e il 2007, che vanno a formare sette squadre. Con loro organizziamo tornei e quando posso vado a vederli giocare durante le partitelle. A loro fa piacere e io mi diverto a vederli sgambettare qua e là".

E' anche conduttrice di "90° Giallorosso", programma dedicato al vostro team...

"Questo è più un divertimento. A inizio anno il produttore della trasmissione mi ha proposto di farne parte, per dare un tocco di novità. Io mi son lasciata convincere dall'altro conduttore, Filippo Tecce, e dal nostro addetto stampa Francesco Scarpetti. Ero un po' titubante all'inizio: pensavo di poter avere difficoltà o momenti di imbarazzo nel dialogare con giocatori e sponsor, ma poi mi sono buttata. Anche se parlare davanti ad una telecamera resta una cosa molto difficile: mi occupo soprattutto di interviste, una cosa non facile perché il nostro obiettivo è quello di far conoscere l'ospite da un punto di vista personale. Ora comunque mi sono sciolta: d'altronde mi piace mettermi in gioco. Non riesco mai a stare ferma. Cerco sempre di provare nuove cose".

Cambiamo registro: le è mai capitato che qualche giocatore si spingesse oltre nell'approccio?

"Quando siamo in campo con gli atleti mi saluto e ho un rapporto amichevole, ma fuori dal terreno di gioco ognuno prende la sua strada. Anche se poi alla fine del campionato con molti di loro nasce una sorta di amicizia, senza nulla di malizioso. Tra l'altro col passare del tempo i giocatori sono sempre più piccoli: all'inizio erano tutti più grandi di me, nel corso degli anni il rapporto si è invertito. Si condividono tanti momenti belli e brutti che si cerca anche di risolvere insieme. Due anni fa la squadra mi è stata molto vicina per episodi accaduti nella mia famiglia. In quell'occasione mi sono dovuta occupare insieme allo staff e al direttore sportivo di tutto: i calciatori sono stati esemplari e non mi hanno mai messa in difficoltà. Quello che fa veramente tanto piacere è ricevere tuttora messaggi attraverso i vari social network pieni di stima. E' quello che vogliamo trasmettere: io e papà siamo presidente e vicepresidente, ma soprattutto una famiglia e con lo staff questa famiglia si allarga".

Una famiglia molto femminile: nell'organigramma spicca la presenza di ben sette donne. Casualità o scelta ponderata?

"Il Poggibonsi è rosa. Da mia madre che controlla l’amministrazione alla signora Carla, la nostra addetta alla lavanderia e al magazzino. Tra le tante è presente Beatrice Cianciolo, la figlia del nostro direttore sportivo che, oltre ad essere una mia amica, è una tifosa e compagna di tantissime trasferte. Diciamo quindi che l'alta percentuale di donne è capitata, ma è allo stesso tempo una scelta voluta".

Ciò significa che le donne possono coprire tranquillamente tutti i ruoli?

"Il calcio è un mondo maschile, per questo sono contenta che le donne stiano entrando a farne parte. Certo è che gli aspetti tecnici puri li lascio volentieri in mano agli uomini, la risoluzione dei problemi tecnici penso riguardi più loro. Io non mi ci vedrei mai. La classica domanda "Che cos'è il fuorigioco?" mette un po' in soggezione la donna (ride, ndr). Credo comunque che la parte femminile, nel mondo del calcio, sia indispensabile: le società sono aziende ed una donna è brava a gestirle, forse più di un uomo".

Forse si riferisce anche al fatto che avere a che fare con uno spogliatoio di soli uomini è una cosa, appunto, da uomini...

"Sì, diciamo così. Anche se non ho avuto problemi a parlare con la squadra rapportandomi con venti ragazzi. Il mio primo discorso l'ho fatto due anni fa, quando la maggior parte dei giocatori era più adulta di me: non ho avuto soggezione, nessun problema. L'importante è, come in ogni ambito, la serietà".

In Lega Pro siete oltre 250 le addette ai lavori. Cosa ne pensa del risalto che si sta cercando di dare a questa massiccia presenza femminile? 

"Sono favorevole. Non devono esistere discriminazioni. Al di là del mondo del calcio, molte aziende hanno sempre più amministratrici che amministratori. Viva le donne in tutti i settori".

© foto di ©TLP
© foto di ©TLP
© foto di ©TLP