TuttoLegaPro.com ... in rosa: Gaia Simonetti (addetta stampa Lega Pro)

Tutte le news della Lega Pro, minuto per minuto, passano da lei. Stiamo parlando di Gaia Simonetti, responsabile Comunicazione, che con Nadia Giannetti, compone l'ufficio stampa della Lega. TuttoLegaPro.com ha deciso di intervistarla per la sua rubrica dedicata alle donne (eccellenti) dell’ex Serie C.
Lega Pro adesso, Fiorentina, CONI e diverse trasmissioni sportive nel passato. Possiam dire che hai lo sport nel sangue?
"Il calcio è la mia passione da sempre: era il mio sesto compleanno - sono nata a fine agosto proprio quando comincia il campionato – e mia madre mi chiese cosa volessi come regalo. Io risposi: "Voglio il biglietto così vado a vedere Fiorentina-Lazio. I colori viola sono sempre stati presenti nella mia vita.
Il mondo del calcio mi è sempre piaciuto: iniziai a lavorare in una televisione locale toscana. Lì mi proposero di occuparmi di una serie di interviste sul calcio: la prima fu a Gabriel Batistuta. Poi entrai, nel 1999, nella Fiorentina: a 25 anni avevo un contratto che mi legava all'esperienza europea dei viola che in quella stagione disputavano la Champions League. Ho avuto la fortuna di conoscere grandi personaggi come Giovanni Trapattoni. Per una trasferta a Valencia, mi chiese di partire con la squadra, ma purtroppo non potetti partire. Il mister aveva bisogno di una cassetta per studiare il modo di giocare del Valencia e lo stesso valeva per la squadra spagnola: anche loro volevano un video di un nostro match. Organizzai quindi da Firenze uno scambio di materiale.per fortuna conosco anche la lingua spagnola e mi capirono. Loro diedero a noi un video di una gara in cui avevano giocato molto bene, mentre io girai agli spagnoli una gara col Piacenza, in cui avevamo giocato malissimo, dicendo che era stata una delle migliori prestazioni…
Due anni dopo tornai a lavorare per il club toscano, allora guidato da Roberto Mancini. Ricordo quando a Nuno Gomes, in un’intervista, chiesi cosa avrebbe fatto se non fosse diventato calciatore: mi rispose che avrebbe voluto essere al mio posto, come giornalista o addetto stampa. Purtroppo, però, la società fallì e io indirizzai la mia vita professionale verso altre scelte: prima nell’area comunicazione di Confindustria toscana, poi in una catena di hotel molto importanti con un ruolo di pubbliche relazione e nella direzione strategica, fino ad arrivare ad essere caporedattore di un'emittente toscana. Infine ho lavorato presso il comune di Firenze come capo segreteria di un assessore della giunta del sindaco Renzi.
Poi un giorno - per caso, due anni e mezzo fa - mi arriva una chiamata dal direttore generale della Lega Pro, Francesco Ghirelli, che voleva propormi un colloquio per una consulenza. Il lavoro ce l'avevo e stavo bene. Ma il progetto che mi proposero era interessante e di rilievo. Ma il calcio è l'amore che non si dimentica e così alla fine mi buttai in questo progetto, nonostante i miei dieci anni di assenza da questo mondo. Mi sono chiesta se fosse proprio il caso di rimettersi in gioco nel calcio. A decidere è stata la passione: se il cuore ti porta in una determinata direzione, diventa tutto più facile. Al cuore non si comanda. Sapevo che avrei potuto qualcosa di concreto".
Come sono stati l’approdo e l’approccio alla Lega Pro?
"Il presidente Macalli, al primo colloquio, mi disse: “Benvenuta, qui c'e da fare e il lavoro non le mancherà. Iniziamo". Fu un benvenuto bello tosto, la sfida era iniziata. I vertici della Lega Pro hanno creduto in me, scommettendo sulla mia figura dato che le mie precedenti esperienze calcistiche non erano legate a questa categoria e non avevano riguardato la gestione di così tanti club insieme. Credo di averli ripagati col mio entusiasmo, la mia voglia di lavorare, le mie idee e l'essere propositiva. Il nostro è diventato un rapporto proficuo basato sulla stima, incentrato sul miglioramento continuo di una Lega che appetibile anche per il valore di club e le piazze importanti al suo interno. Abbiamo dato il massimo per ridare ancora piu immagine. Questo grazie anche al lavoro di tutti i giornalisti che si occupano di Lega Pro: non dimentichiamo infatti che se la luce è accesa è proprio perché c'è gente come voi che ricorda quanto i club e la Lega stanno facendo”.
Differenze da addetta stampa tra la Fiorentina e la Lega Pro?
"L'esperienza in Champions League è stata limitata nel tempo perché era legata al cammino della squadra nella competizione. Mentre il percorso in Lega Pro è molto più lungo e il traguardo ancora non è raggiunto, anche se ci sono state tante tappe importanti. La categoria ha fatto passi da gigante in termini di credibilità e di appeal. Abbiamo queste risposte anche in ambito internazionale. Rispetto al lavoro che ho fatto con la Fiorentina possiamo dire che ha maggiore completezza. Qui si condividono momenti, progetti ed eventi respirando un clima comunque familiare: è un lavoro molto più "pesante" perché articolato, ma ci permette di arrivare a tagliare il traguardo tutti insieme. La prima volta che parlai con gli addetti stampa dei club dissi loro che la nostra parola d'ordine era "raccontarsi". Trovare news, storie e personaggi da lanciare non solo a livello locale, ma anche nazionale. La Lega Pro non deve essere inferiore ad altre realtà: cerchiamo di renderle fruibili all'esterno e raccontiamoci".
Un concetto che stiamo cercando di far emergere, attraverso questa rubrica, è come la presenza della donna stia diventando la normalità in Lega Pro. Un fatto su cui voi stessi puntate molto…
"Siamo un bel numero, che e' cresciuto rispetto agli ultimi anni. Questo vuol dire che non siamo in un panorama chiuso alle donne. Il bello della Lega Pro è che ti permette di portare la competenza femminile nei club ma anche nella stessa Lega: all’interno di quest’ultima siamo molte donne, con me, ad esempio, collabora Nadia Giannetti, il mio braccio destro.
Le stesse società, inoltre, hanno figure femminili all'interno: oltre alle addette stampa le donne svolgono vari ruoli come quella di direttore sportivo, di segretarie, responsabili marketing, addette alla sicurezza negli stadi, ai rapporti coi tifosi, ispettori di campo e non solo. Il terreno è fertile affinché le donne possano portare la loro competenza in un mondo maschile e quindi trovare i loro spazi. Un ringraziamento deve essere fatto ai club che credono nelle figure femminili, calate nel calcio. Comunque devo dire che la figura del diesse mi incuriosisce molto, ma se non avessi fatto la giornalista mi sarebbe piaciuto lavorare come direttore generale di un club”.
Quindi il Dg Ghirelli deve iniziare a tremare?
"(ride, ndr) Prima di arrivare a quei livelli, sai quanta acqua deve passare sotto i ponti, si dice nella mia città, a Firenze".
Come ti rapporti con i “tuoi” addetti stampa?
"La prima cosa che ho fatto è stata alzare il telefono e parlare con ognuno di loro, per dar loro i riferimenti e poter lavorare insieme. Mi hanno infatti riferito che precedentemente non avevano avuto un colloquio così diretto con l'ufficio stampa della Lega Pro. Il nostro lavoro non avrebbe motivo di esistere se non avessimo questo tipo di rapporto quotidiano. Gli altri passaggi sono stati la disponibilità, la reperibilità, la collaborazione e il supporto alle varie iniziative dei club, a livello organizzativo e promozionale. Tutto ciò ha permesso di costruire una vera e propria squadra”.
Una ventina, tra loro, sono donne…
“Il rapporto con loro è buonissimo: a volte non è facile condividere un percorso con altre figure femminili, invece in questo caso lo è stato. Infatti abbiamo anche costituito una squadra di addette stampa, senza peculiarità tecniche, che si impegna in iniziative sociali: abbiam portato, ad esempio, le maglie dei club di Lega Pro ai bimbi malati del Comitato Chianelli di Perugia. Abbiamo già in programma una iniziativa molto bella che partirà il prossimo anno e riguarderà i bambini che hanno bisogno.
Inoltre alcune di loro sono molto giovani, mi rivedo molto nella loro passione e nel loro entusiasmo per il calcio. Io non do loro consigli, ma se mi chiedono suggerimenti dettati dalla mia esperienza, sono pronta a darli. E' un rapporto biunivoco perché la loro giovane età porta in questo mondo una ventata di novità, freschezza ed innovazione. Diventa uno scambio di conoscenze, non un divario generazionale. C'è un rapporto familiare tra persone che lavorano per la stessa causa. Al di là del lavoro, ci si telefona anche solo per sapere come va: diventa quindi un discorso di amicizia".
Riguardo al sociale, quello con le addette di Lega Pro non è il tuo unico impegno...
“Tre volte al mese vado al canile come volontaria. Proprio da un canile, precisamente di Catania, ho preso il mio cane, Oliver. Tifoso viola DOC, dal pelo bianco e marrone (non bianconero). Adoro i cani, per questo ho apprezzato molto l'iniziativa della FeralpiSalò che entrò in campo con i volontari del canile per sensibilizzare gli spettatori sull'abbandono degli animali”.
Ti è mai capitato che qualcuno non ti vedesse di buon occhio perché donna?
"Grossi problemi non li ho mai avuti, anche se quando ho provato a fare l'opinionista in trasmissioni calcistiche sono stata guardata dall'alto verso il basso con il pregiudizio tipico: "E' una donna, chissà cosa dice...". Invece poi sono arrivati apprezzamenti per la competenza.
Penso anche agli occhi increduli dei compagni di viaggio in treno, quando mi vedono intenta nella lettura dei tre quotidiani sportivi. Ma sono sempre stata ben vista ed apprezzata. Gli unici problemi li ho avuti in famiglia, visto che mio marito non ama il calcio (ride, ndr). I primi tempi del fidanzamento dovevo nascondere la mia partenza per le trasferte con la Fiorentina: raccontavo che andavo a visitare i musei, dal momento che avevo studiato all'Università storia dell'arte".
Quindi qui ci troviamo di fronte al ribaltamento del luogo comune…
"Ho sempre la televisione accesa sul calcio di Lega Pro e delle altre categorie e lui sui film d'azione: per questo abbiamo due televisori. Infatti lui si arrabbia se accendendo la Tv si accorge che il canale programmato è dedicato al calcio. Questi sono motivi di litigio: lui spesso dice che io penso sempre al calcio. Ho provato a portarlo in vari campi toscani, da Pisa a Prato a Viareggio, ma il calcio proprio non gli piace. Oramai ho perso la speranza (ride, ndr).
Mia madre, invece, è sempre stata una grande tifosa dell'Inter e mi ha incentivato a seguire questa strada: è stata la prima a supportarmi in questa scelta. Mio padre ha sempre vissuto la cosa con tranquillità".
La figura della donna nel giornalismo sportivo ha conosciuto una crescita: è passata dall'essere soubrette all'essere giornalista sul campo a 360°. Hai notato questo cambiamento anche nelle testate di informazione che vi seguono o trovi sia un qualcosa ancora in divenire?
"Per quanto riguarda la Lega Pro la donna viene considerata per la sua competenza. Una delle donne più preparate in questo ambito, non a caso, conduce la trasmissione Rai Lega Pro: mi riferisco ad Arianna Secondini.
Credo che la donna si sta facendo valere, comunque, non solo da un punto di vista giornalistico, ma nello sport in generale. I risultati ottenuti dalle varie atlete nelle diverse discipline sono espressioni tangibili. Oggi la donna “riesce” in vari settori della sua vita, essendo anche una brava madre: prendiamo ad esempio Valentina Vezzali”.
Parità tra uomo e donna significa essere sullo stesso piano o avere competenze specifiche?
"Credo che la parità sia non rinunciare al proprio modo di essere e al proprio modo di lavorare. Non significa essere tutti sullo stesso livello perché ognuno è un soggetto a sé stante, con le proprie caratteristiche. La parità sta nel poter farle emergere".
Non tutti sanno che hai anche scritto un libro: "Azzurra è la notte. Franco Ballerini, l'uomo", dedicato appunto al commissario tecnico della Nazionale italiana maschile di ciclismo scomparso nel 2010…
"Il libro nasce a maggio di quell’anno, a pochissimi mesi dalla sua scomparsa. Ci tenevo a ringraziarlo: io ho avuto un'esperienza lavorativa che ci ha visti legati in un progetto. Nel 2006 infatti ero responsabile dell'ufficio stampa del CONI di Firenze: con Alfredo Martini, grande saggio del ciclismo, e lo stesso Ballerini avevamo messo in piedi un progetto che riguardava la figura di Bartali. Gli studenti delle scuole fiorentine avrebbero dovuto fare delle composizioni dedicate a quest’ultimo: al miglior testo sarebbe stato poi assegnato un premio. In commissione Ballerini era in difficoltà: non sapeva quale scegliere, visto che tutti i testi erano veramente ben fatti. Mi colpirono la sua umiltà e la sua semplicità: diventammo amici e il giorno in cui scomparve telefonai a Martini per chiedergli quale fosse il modo migliore per ricordarlo. Scartammo convegni e altri progetti e puntammo su un libro che lo ricordasse come uomo, non come ciclista. E' stato così descritto dalle tante persone che lo conoscevano: ognuno ha lasciato un suo ritratto di Franco Ballerini. L'allora CT della Nazionale italiana Marcello Lippi ci raccontò di quando si chiamavano per scambiarsi consigli su come creare una squadra; Javier Zanetti ci raccontò del tifo appassionato di Ballerini per l'Inter; la madre, invece, ci raccontò di come a 40 anni - sprovvista di patente - decise di iscriversi alla scuola guida per portare il figlio agli allenamenti. Il libro ha l'umiltà di volerlo ricordare, ma soprattutto di ringraziarlo per quanto ha fatto".
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