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Caravello: "Il sistema calcio deve ridurre squadre in A, B e C. Si ragioni di sistema"

Caravello: "Il sistema calcio deve ridurre squadre in A, B e C. Si ragioni di sistema"TMW/TuttoC.com
Danilo Caravello
Oggi alle 11:00Altre news
di Valeria Debbia

Danilo Caravello, agente FIFA dal 2003, è stato ospite della trasmissione 'A tutta C', in onda su TMW Radio e Il 61, per un'analisi approfondita del campionato di Serie C. 

Dopo sei giornate di Serie C, il campionato sta andando secondo i pronostici iniziali?

"Al netto di qualche risultato a sorpresa, tipico delle prime fasi o dei turni infrasettimanali, in testa troviamo le squadre più attrezzate, che lotteranno per la Serie B. Nel Girone A, Vicenza e Brescia erano pronosticabili, con il Lecco come terzo incomodo, una squadra di categoria e fastidiosa. Nel Girone B, Arezzo e Ascoli stanno rispettando le attese. Nel Girone C, Benevento, Salernitana e Catania sono lì, ma è il girone più equilibrato e difficile, perché anche le squadre in bassa classifica danno filo da torcere. La Serie C, soprattutto nel girone di ritorno, mescola le carte: è un campionato a sé, con outsider che possono fare brutti scherzi".

È un campionato lungo e stressante, con una sola sosta e impegni internazionali. Quanto incide questo sugli organici e sui risultati?

"È molto impegnativo, servono organici attrezzati. Con una sola sosta, è una tirata fino alla fine. I cinque cambi aiutano a mantenere il valore delle squadre, ma servono campi adeguati e programmazione. Le sorprese ci sono sempre, ma alla lunga le squadre importanti arrivano quasi sempre al vertice. Tra marzo e aprile si decidono i campionati, e la classifica si sbilancia verso chi è più attrezzato".

Operi anche in Serie B, che differenze noti con la Serie C? Le neopromosse o retrocesse spesso faticano ad adattarsi.

"Ogni categoria ha le sue criticità, non c’è una migliore o peggiore. La differenza tra C e B è meno marcata rispetto a B e A, soprattutto per i ricavi, che limitano il mercato in C. Piazze come Salernitana, Catania, Benevento, Arezzo, Perugia, Ascoli, Vicenza e Brescia sono da Serie B, con organici e proprietà che non sfigurerebbero. Squadre come il Catanzaro di Vivarini, che ha dominato la C, con puntelli e under forti ha fatto benissimo in B. Gli under sono fondamentali in B, fuori lista, ma devono essere pronti. In C ci sono già giocatori esperti, scesi dalla B o con anni di esperienza, quindi le sorprese sono possibili. La chiave è correre: se sei tecnicamente bravo ma non corri, gli avversari ti sovrastano, dalla A alla C. Serve programmazione e fare le cose per bene".

Parliamo di giovani e della riforma Zola. Le Under 23, come il Milan Futuro in Serie D o altre in C, come si inseriscono? Il minutaggio penalizza i giovani italiani, considerati “vecchi” a 23 anni o non pronti a 20 rispetto agli stranieri?

"È un discorso complesso. Sono contro regolamentazioni come rose chiuse, valorizzazioni e minutaggio. Un giovane bravo deve giocare, a 16 o 17 anni, senza bisogno di incentivi. All’estero c’è più coraggio e meno pressione, per questo i loro giovani sono più pronti. In C, fare rose con 17-18 over va bene, ma non che un 2007 con contratto entri in lista. Questo non riduce i costi, e a gennaio le squadre in difficoltà si indeboliscono ulteriormente. Il minutaggio fa giocare giovani per due-tre anni senza meritarlo, poi spariscono perché non più under. Non si costruisce così un sistema per i giovani. Le Under 23, come Milan, Atalanta, Inter o Juventus, hanno talenti da Serie A, ma calati tutti insieme in C non sono pronti. Il Milan è retrocesso, l’Atalanta nel Girone C fatica: gioca bene, ha individualità, ma manca di attenzione nei momenti chiave, penalizzata dall’ambiente e dalla fame delle avversarie. I giovani devono fare esperienza prima, non dopo anni di gavetta inutile".

La Serie C sembra lontana dalla Nazionale, ma molti campioni del mondo sono passati di lì. È un problema di sistema?

"Esatto, serve ragionare di sistema. La Serie A pensa ai propri interessi, la B e la C idem, ma quando una squadra di B retrocede in C, trova solo costi e pochi ricavi. Contratti pesanti diventano insostenibili senza solidità economica. Le squadre sono troppo piene di stranieri, penalizzando i giovani italiani e la Nazionale. Fabregas, che non guarda la carta d’identità, dice che gli italiani non sono pronti: è un campanello d’allarme. Se non cambiamo regolamenti e mentalità, rischiamo un altro Mondiale mancato, un dramma sportivo che non possiamo permetterci dopo due esclusioni. Auguro a Rino Gattuso e al suo staff di ottenere risultati immediati, per la Nazionale e per il sistema".

Si farà mai questa riforma tanto decantata?

"Va fatta. Il sistema calcio deve ridurre le squadre in A, B e C. Tornerei a una C1 e C2, con una C2 semi-professionistica, un cuscinetto tra professionisti e Serie D, con costi sostenibili. Questo darebbe spazio a giocatori senza far sparire piazze come Taranto o Turris. La C deve avere 20 squadre per girone, con proprietà solide e campionati garantiti. Bisogna ridurre le retrocessioni da A e B, ragionare di sistema, perché troppi club professionisti non sono più sostenibili economicamente. Stadi e strutture vanno migliorati, altrimenti il calcio italiano resterà di Serie B a livello internazionale, nonostante la nostra tradizione".