Cuneo e Lucchese, di che morte si deve morire?

18.03.2019 06:00 di Claudia Marrone Twitter:    vedi letture
Cuneo e Lucchese, di che morte si deve morire?
TMW/TuttoC.com
© foto di Andrea Rosito

Si può avere anche la barba, ma non tutti si nasce Babbo Natale. E i regali, comprensiva la bustina di soldi da far trovare sotto l'albero ai nipoti adolescenti, non sempre c'è.
Specie poi se queste cifre ammontano a 350mila euro di multa per la fidejussione mai regolarizzata più altre spettanze varie (leggasi fornitori, organizzazione della partita, stipendi ed emolumenti ai dipendenti) da saldare entro il 20 marzo a mezzanotte, quella che rappresenterà la dead line per Cuneo e Lucchese, le altre due formazioni che, dopo Pro Piacenza e Matera, rischiano l'esclusione dal torneo. Con il Girone A che rischierebbe quindi di essere interamente riscritto, con le retrocessioni forse annullate e chissà cos'altro.
Cuneo e Lucchese fanno parte della stessa medaglia, uguali ma diverse. Anche diverse. Soprattutto diverse.



Una situazione deplorevole, quella in casa Cuneo, perché 23 punti di penalizzazione non nascono per caso: nascono da una società inadempiente, che non dà garanzie ai propri dipendenti (indipendentemente dal ruolo che essi svolgano all'interno del club), mettendo questi in situazioni di difficoltà. Ma mai si è sentito "qualcosa di troppo" (nel successivo paragrafo, capirete il senso di queste tre parole tra virgolette), mai situazioni che vanno oltre quello che di già grave si sente. Perché, parliamoci chiaro, quando si ha in mano il futuro delle altre persone, sbagliare non è un diritto: c'è chi, con quello stipendio, manda avanti la famiglia. E ci sono altre persone, presidenti, che fanno tutto in regola e meriterebbero maggior rispetto, perché chi mette i soldi veri non può avere lo stesso trattamento di chi invece sta a galla senza poi versare neppure un euro: due pesi e due misure... anche no. 

Quello che però succede in casa Lucchese ha, in più a tutto questo, anche del "fantozziano". Del "kafkiano". E chi più ne ha più ne metta. Una situazione che, se non fosse vera farebbe quasi ridere: ma fa invece solo infuriare. Perché arrivare persino a vedere i giocatori che dopo l'allenamento neppure possono fare una doccia calda perché il gas è stato staccato e il DS che deve contrattare per tenere attivo il generatore di corrente è troppo. Non solo, aggiungiamo che i dipendenti rimasti nel club devono pure occuparsi del prato e del magazzini, devono comprarsi le bottigliette di acqua per bere durante le sgambate della settimana, devono giocare match ufficiali con le gru dei vigili del fuoco che sistemano calcinacci cadenti dalla tribuna, devono attende un'ora fermi sul pullman la partenza per un ritiro, non hanno numeri di telefono del loro datore di lavoro ma solo un indirizzo mail di posta non certificata. O meglio, neppure sanno, alla fine, chi sia questo datore di lavoro, perché l'AU Aldo Castelli, approdato a Lucca con l'ex bancario Umberto Ottaviani e l'ex guardalinee Enrico Cennicola, ha sempre detto di rappresentare una cordata romana della quale non si poteva però svelare l'identità. Il tutto con un pre e un post. Il pre si chiama Lorenzo Grassini (con il placet dello sfortunato Fabrizio Lucchesi, che tra Pisa, Latina e Lucchese negli ultimi non ha mai trovato il giusto progetto), imprenditore con interessi in Tanzania e in Svizzera che senza aver versato un euro nel club è poi scappato lasciando nel pieno caos il club: di lui si è riparlato recentemente, poichè, stando a quando riferiva il quotidiano Libero, è in procinto di acquistare un dipinto attribuito a Caravaggio per una cifra con la quale avrebbe potuto mantenere la Lucchese in Serie A per almeno un quinquennio. Evidentemente l'arte tira più del calcio. Il post si chiama... come si chiama non si sa. Nella giornata odierna, il club rossonero potrebbe passare in mano, grazie al supporto di una banca di affari inglese ad Alessandro Nuccilli, con un recente passato tra Pavia, Akragas e Matera e un'interesse poi non concretizzato per l'allora Siena, dove si presentò però come Alessandro Monzi: niente di particolare, una semplice amnesia, capita a tutti di scordarsi il proprio nome e cognome, anche senza soffrire di alzheimer. Ma in mezzo a questo post ci potrebbe essere anche il grande cavallo di battaglia del recente passato rossonero, Pietro Belardelli, che potrebbe far valere una misteriosa scrittura privata con l'attuale AU Castelli.
Tanti nomi, troppi nomi, a Cuneo però questa mancanza di dignità non si sta registrando. Si arriverà magari al fallimento, ma c'è modo e modo di uscire di scena.