Juanito Gomez a 360°: "La Virtus una famiglia. Con Fresco un calcio di amicizia"

Juanito Gomez a 360°: "La Virtus una famiglia. Con Fresco un calcio di amicizia"TMW/TuttoC.com
Juan Ignacio Gomez Taleb
© foto di Federico Gaetano
Ieri alle 21:00Girone A
di Valeria Debbia

Venerdì scorso Juanito Gomez, esterno offensivo della Virtus Verona, ha annunciato la sua volontà di appendere le scarpette al chiodo e dire addio al calcio giocato. Il rossoblù - che proprio domani compirà 40 anni - è poi intervenuto in conferenza stampa: "Prima di tutto voglio ringraziare Diego (il dg Campedelli, ndr) e tutta la Virtus. Rivedo già il film della mia vita, e mi viene da piangere. Spero di non farlo. Fisicamente sto ancora bene, ma smetto perché voglio iniziare un altro percorso. Non so ancora quale, ma quest’anno ho giocato meno, e questo ha reso la decisione un po’ più facile. Voglio lavorare fuori dal campo, non dietro una scrivania, con il sogno di fare qualcosa di importante”.

I tre gol della carriera da incorniciare - Il più semplice da ricordare, per la visibilità che ha avuto, è il gol alla Juve con l’Hellas Verona. Poi quello a Gubbio contro la Paganese, che ci ha dato la vittoria in Serie C e mi ha aperto la strada per la carriera che ho fatto, arrivando a Verona. Un altro che porto nel cuore è quando mia mamma era in tribuna, per la festa della mamma. Avevo preparato una maglietta per lei, sempre a Gubbio. Ogni gol ha la sua bellezza: il primo in Serie A, il primo tra i professionisti, quello con mia sorella in tribuna, o con gli amici dall’Argentina. Anche il gol con la Virtus che ci ha fatto passare il turno, contro il Padova, sempre per la festa della mamma. È stato emozionante, soprattutto per come è arrivato verso la fine”.

20 anni da professionista: differenza tra il calcio di quando hai iniziato e del calcio attuale - È cambiato tanto. Io stesso sono cambiato. In Argentina ero centrocampista, poi qui sono diventato esterno, un tipo di giocatore diverso. Un allenatore mi disse che vicino alla porta potevo fare più gol, e mi sono adattato alle richieste dei tecnici. Ora il calcio è più veloce, più fisico, più difficile. Non basta più solo la tecnica, come quando ho iniziato. Sono cambiati alimentazione, professionalità, informazioni. Oggi i giocatori hanno strumenti come il GPS, i dati dei preparatori, e sono più pronti, più forti fisicamente, quasi macchine”.

Dall'Hellas alla Virtus, ma sempre a Verona - No, non pensavo di venire alla Virtus quando ero all’Hellas. Credevo di finire lì la carriera. Poi, per vari motivi, sono dovuto andare via. Ho avuto i miei figli a Verona, ho fatto gran parte della mia carriera qui con l’Hellas, e mi sono trovato benissimo. È una città bellissima, ho trovato tanti amici. O tornavo in Argentina o restavo qui. Poi ho avuto la fortuna di venire alla Virtus, giocare altri tre anni da professionista. Sono grato a Gigi (Fresco, ndr), Diego (il già citato Campedelli, ndr), Matteo (Corradini, ndr) che mi hanno contattato e proposto di finire qui. Così ho potuto continuare a vivere a Peschiera, giocare in campi bellissimi, in un gruppo fantastico. La Virtus è stata una famiglia, ci siamo divertiti tanto, e per questo sono rimasto”.

L'allenatore che gli ha dato di più, tra di essi anche Gigi Fresco - Da ogni allenatore prendi qualcosa. Ricordo Varella al Bellaria, che mi ha insegnato le prime basi tattiche. Poi Torrente e Gigi Simoni a Gubbio, che mi hanno lanciato, facendomi andare in doppia cifra per la prima volta e portandomi a Verona. Con Mandorlini all’Hellas abbiamo vissuto anni bellissimi. Loro mi hanno segnato di più. Gigi, invece, mi ha fatto vedere il calcio in un altro modo: un calcio di amicizia, di famiglia, senza pressioni, senza tensioni costanti o regole rigide. È un calcio che molti pensano non possa funzionare, ma funziona. In tre anni alla Virtus abbiamo fatto due playoff e siamo stati bene. Non c’è la controprova che con un approccio diverso avremmo vinto il campionato, ma squadre più blasonate, con stipendi più alti, a volte lottano per non retrocedere. Sono fortunato ad aver vissuto questi tre anni così belli”.

500 presenze, tanti spogliatoi e tanti mister: tra veri amici e compagni di vita - “Una delle cose belle di questo sport è conoscere tanti ragazzi, condividere emozioni, vittorie, sconfitte. È un percorso fantastico. Passi uno o due anni in un gruppo, leghi di più con tre o quattro persone, ma io andavo d’accordo con tutti. Sono stato fortunato a incontrare tante belle persone. Soprattutto al Verona, dove ho passato più tempo: Jorginho, Tachtsidis, Rafael, Halfredsson, che ho ritrovato qui grazie alla Virtus. A Gubbio, Farina, La Manna, Galano. Ora con i gruppi WhatsApp restiamo in contatto, come quello del campionato di Serie B vinto. Potrei fare tanti nomi”.

Amare il calcio o odiarlo - “Io lo amo. Non potrei mai odiare il calcio, che mi ha dato praticamente tutto. Forse qualcuno odia giocare, allenarsi, o ha paura di farsi male con l’età. Io continuerò a vivere il calcio, spero in una società, in qualche ruolo, perché mi piace troppo. È quello che faccio da 30 anni, e spero mi dia soddisfazioni anche fuori dal campo”.

Il momento più buio - “Cerco di cancellare subito i momenti bui. Nella carriera di un calciatore, i periodi difficili sono quando giochi meno, o quando allenatori e direttori ti dicono che non sei capace, che non sei bravo, che non ti considerano. Sì, mi è successo, parecchie volte, soprattutto all’inizio. A Bellaria, ad esempio, facevo la tribuna, insieme a giocatori come Giaccherini, che poi hanno fatto carriera. Sono momenti in cui vai a letto, a 12.000 km da casa, dopo aver lasciato tutto, e ti chiedi se ne valga la pena. Ho pensato di smettere prima che tutto decollasse. Ma sono contento che siano successi, perché mi hanno dato la forza per andare avanti”.

Cosa mancherà di più - Penso mi mancherà l’emozione di quando segnavi e vedevi la gioia di amici, famiglia, tifosi. Sapere che non succederà più è duro. Non tanto il gol in sé, ma le emozioni che facevi provare agli altri, rendendoli felici. Gli allenamenti, le partitelle con gli amici, quelli potrò ancora farli, ma far sentire bene la gente con un gol, quello mi mancherà”.