Marchetti: "Sapevo che prima o poi Iori avrebbe guidato il Cittadella. Ritroviamo nostri valori"

Stefano Marchetti, direttore generale del Cittadella, è intervenuto come ospite nel corso della trasmissione 'A Tutta C' in onda su TMW Radio e Il 61.
Che ritiro è stato? Quale è il bilancio del lavoro della squadra fino ad ora?
"È stato un ritiro molto positivo, anche sotto l’aspetto mentale. Veniamo da un’annata difficile per mille motivi: l’epopea della retrocessione, ma anche lutti in società. È stata una stagione complicata, ma il ritiro ci ha permesso di ritrovare voglia, stimoli ed entusiasmo per affrontare un campionato difficile. Tutti i ritiri sono simili, ma è il modo in cui li vivi che fa la differenza".
La voglia di riscatto è la motivazione principale, direttore?
"Soprattutto la voglia di ritrovare il Cittadella, il suo calcio, la sua aggressività, l’organizzazione. Dobbiamo tornare su quella strada. I campionati sono difficili, vincere non è mai facile. Ci sono società che spendono molto più di noi. Dopo tanti anni di Serie B, purtroppo è successo quello che è successo. Ora dobbiamo ritrovare il Cittadella: un calcio piacevole, che piace ai tifosi, un calcio pulito. Se vinci o no, non si può prevedere, soprattutto noi non possiamo dirlo".
In queste settimane, ex calciatori e dirigenti indicano il Cittadella tra le favorite del girone A. Sente la pressione di essere tra le squadre che possono vincere il campionato?
"La pressione a Cittadella ce la creiamo da soli. È un ambiente sereno e positivo. I tifosi sono stati straordinari: dopo la retrocessione, sono venuti in ritiro in numero maggiore rispetto all’anno scorso, anche rispetto agli anni in Serie B. Questo la dice lunga sull’ambiente. La pressione, se incanalata bene, può essere positiva. Speriamo di trovare le motivazioni e l’alchimia per fare un buon campionato. Ci sono squadre con budget molto superiori ai nostri. La sorpresa in ogni campionato prima o poi emerge, quindi dobbiamo partire umili. Se ci considerano favoriti, non cambia molto. Siamo una società consolidata, con una proprietà sempre presente, ma sappiamo come approcciarci a questo campionato difficile".
Quando e come è nata la decisione di affidare la panchina a Manuel Iori, che incarna lo spirito del Cittadella? È stata una stagione particolare con la Casertana, ma da dove nasce questa idea?
"È un’idea che avevo in testa da anni. Ho preso Iori giovane, l’ho riportato a Cittadella quando era più maturo, è stato capitano per tanti anni. Quando ha smesso, gli ho fatto allenare le giovanili, seguendo un percorso. Nella mia testa, c’è sempre stata l’idea che sarebbe tornato ad allenare il Cittadella. Non si erano mai creati i presupposti prima, per vari motivi: altri allenatori, altre situazioni. Sapevo che prima o poi Iori avrebbe guidato il Cittadella, perché lo voleva lui e lo volevo io. Anche da calciatore era già un allenatore in campo. È stata una scelta semplice, naturale, e quando si è presentata l’occasione, tutto è stato facile".
Quali sono le difficoltà maggiori che il Cittadella dovrà affrontare, al di là di avversari accreditati come Brescia e Vicenza?
"Mi aspetto di ritrovare i valori del Cittadella. Siamo sempre stati una squadra difficile da affrontare, con fame e voglia di imporsi, nonostante avversari tecnicamente superiori in Serie B. L’anno scorso ci sono mancate tante piccole cose, siamo entrati in difficoltà e ci siamo smarriti. Voglio ritrovare quella sensazione di essere una squadra ostica. Con Iori ci sono idee nuove, un modo di giocare diverso, nuovi stimoli. È stato un bellissimo ritiro, anche dal punto di vista mentale. Abbiamo ancora tanto da fare: scendendo dalla Serie B, ci sono esuberi, le regole della Serie C sono diverse, con una rosa di 23 giocatori rispetto ai 27-28 della B. Ma sono contento, ho rivisto stimoli che anch’io avevo bisogno di ritrovare".
Dieci anni fa c’è stata quella promozione immediata dalla C alla B, un’impresa rara. Cosa vi ha insegnato quell’esperienza con il cambio da Foscarini a Venturato?
"Le cose nascono piano piano, non puoi programmare il futuro all’inizio dell’anno. Devi sperarci e crederci. Essere visionari aiuta: avere una visione chiara di cosa vuoi fare. Non so cosa farà il Cittadella quest’anno, ma vogliamo tornare a fare un calcio bello e propositivo. Vincere non è facile, è difficilissimo. Quel campionato di dieci anni fa era diverso, con giocatori esperti come Litteri, Coralli, Sgrigna, Bonazzoli, di categoria superiore. Non si possono fare paragoni, ma sono fiducioso e contento di quello che sta nascendo. I ragazzi devono capire che l’obiettivo della squadra viene prima di quello personale. Se giochi 20 o 30 partite, conta poco: bisogna vincere insieme. Dobbiamo essere umili, imparare dalla retrocessione, avere fame e voglia di tornare a fare bene. Se ci riusciremo, saremo una squadra che può dare fastidio, fare un buon campionato e divertire il popolo granata, che l’anno scorso si è divertito poco e ha bisogno di ritrovare entusiasmo. Voglio che il Cittadella torni a essere il Cittadella".
Direttore, un aggiornamento sulle strutture: lo stadio, il centro sportivo del settore giovanile e l’accordo con il Ponzano per il legame con le società affiliate.
"La nostra forza è la coesione. Sono qui da 23 anni, la continuità è un punto di forza. Nonostante la retrocessione, i nostri progetti non sono cambiati. Vogliamo migliorare le strutture e portare il Tombolato a essere uno stadio importante per la nostra realtà. Quest’anno modernizzeremo la tribuna est e costruiremo due curve, quella ovest e quella dietro le porte. In futuro, faremo anche la tribuna ovest. I nostri obiettivi strutturali vanno avanti, al di là della categoria, insieme all’obiettivo sportivo sul campo".
Cosa ha visto in Cristian Bunino che le ha fatto pensare possa essere un uomo da area per il Cittadella?
"Su Bunino ho fatto un ragionamento alla Cittadella. È un ragazzo con esperienza, non più giovanissimo, che ha fatto tanti campionati in C ma non ha mai espresso tutto il suo potenziale, per vari motivi, anche per colpa sua. Spero che la sua maturazione e il modo di giocare di Iori, che lo ha avuto a Caserta, possano esaltarne le qualità. Non è una punta classica, ma una seconda punta, strutturata fisicamente, che può raccordare il gioco e riempire l’area con l’altra punta. Le sue caratteristiche si sposano bene con noi. Ora tocca a lui: gli ho dato la bicicletta, deve pedalare. Ha voluto fortemente il Cittadella, mi ha detto che questo è il suo treno e vuole prenderlo. Spero dimostri in campo le motivazioni che mi ha trasmesso a parole".
L’inizio della stagione: in Coppa c’è il Ravenna, neopromosso, poi in campionato Virtus Verona fuori casa, Alcione in casa e alla quarta giornata il big match con il Vicenza.
"È un bel segnale, dobbiamo essere pronti subito. Il Ravenna ha potenzialità economiche e una società che ha investito tanto. La Virtus Verona di Gigi Fresco è sempre pericolosa in casa, l’Alcione ha fatto acquisti importanti e il Vicenza è la squadra più accreditata per vincere il campionato. Dobbiamo partire forti, sapendo che le prime partite non determinano tutto. Il campionato è lunghissimo, 38 partite, ma partire bene dà un segnale a noi stessi".
C’è un giocatore tra quelli rimasti da cui si aspetta una particolare voglia di riscatto, in cui ha visto gli occhi giusti per lasciarsi alle spalle la stagione scorsa?
"Ci sono tanti giocatori che hanno metabolizzato male la retrocessione, sono feriti e arrabbiati. Penso a Vita, Pavan, Salvi: sono ragazzi sani, con me da anni. La retrocessione li ha colpiti, ma vedo nei loro occhi la voglia di riscatto. Anche Davide Diaw ha tanta voglia di dimostrare di essere il giocatore che ha fatto la differenza in Serie B per anni. Ora tocca a loro dimostrarlo in campo".
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