La Serie C serbatoio di giovani. Ma quanti ragazzi giocano davvero in Lega Pro? Abolite il campionato Primavera

11.10.2021 00:00 di  Ivan Cardia  Twitter:    vedi letture
La Serie C serbatoio di giovani. Ma quanti ragazzi giocano davvero in Lega Pro? Abolite il campionato Primavera
TMW/TuttoC.com

In settimana, incantato dal diamante ammirato nelle Final Four di Nations League, mi sono chiesto chi potesse essere il Gavi italiano. La risposta è stata sconfortante: se esiste, ce lo stiamo probabilmente perdendo, dato che in Serie A la classe 2004 è praticamente una sconosciuta. Negli anni ci è stato raccontato, e in buona parte abbiamo raccontato anche noi su queste pagine, che uno degli obiettivi fondamentali della Serie C è diventare una sorta di serbatoio di talenti per il calcio italiano. Diamanti, magari più grezzi di uno che può nascere una volta ogni tot anni e per la cronaca ne ha comunque davanti parecchi in cui dimostrare se è davvero così o meno, ma pur sempre diamanti grezzi da regalare alle categorie superiori, all’Italia, alla Champions League, a chi pare a voi. È un scopo meritevole, per certi versi persino necessario al futuro della C, fondamentale per tutto il pallone italiano. La domanda è quindi lecita: ma in Lega Pro quanti giovani giocano davvero?

Pochini. Premesso che in un contesto nel quale ragazzi di 18-19 anni arrivano tranquillamente a valere diversi milioni di euro (la lista è già lunghetta: Gavi per chi non lo sapesse è del 2004, Bellingham del 2003) i giovani veri dovrebbero essere sotto dai diciott’anni in giù. Poi si è giovani pure a vent’anni, per carità, però il serbatoio dovrebbe contenere benzina molto verde per essere davvero tale. Il lungo preambolo serve a dire che prendiamo in considerazione soltanto i nati dal 2003 in poi. Cioè loro e i 2004, dato che il 2005 non è ancora arrivato in Serie A e figuriamoci più in basso. Anche giusto così, eh. Un paio di numeri: considerando i tre gironi, i classe 2003 e 2004 fin qui hanno rimediato 1.592 minuti in campo. Se ne contano quindici, dei quali soltanto due (Iacovoni della Triestina e Berti del Cesena) nati nel 2004. Il più presente è Miretti della Juventus, che per la cronaca piazza anche Iling tra i giovanissimi più presenti: in due, fanno metà del minutaggio complessivo summenzionato. E c’è pure chi dice che le squadre B non servono a niente.

All’estero come sono messi? Dato che si parte dalla Spagna, si torna lì. Anche se la comparazione è molto complicata, specie a questi livelli, tra sistemi molto diversi. In ogni caso, l’equivalente spagnolo della Serie C (divisa in due gironi) sfodera 3.861 minuti affidati a ragazzi del 2003 e del 2004. Giova ricordarlo, si parla di 44 squadre contro 60, un roster complessivo da meno di mille giocatori contro uno che sfonda il muro dei millecinquecento. Sono poco più della metà di noi, fanno comunque il doppio. Per certi versi, colpisce ancora di più il dato della League One inglese: 1.498 minuti tra i 2003 e i 2004. Poco meno della C italiana, ma con un terzo delle squadre (24 a 60) e quindi dei giocatori complessivi. Fermiamoci qui.

I numeri raccontano una parte del quadro. Presi senza contesto, rischiano di mandare fuori strada. Per esempio, si potrebbe obiettare che con un campionato Primavera di alto livello è normale che i migliori ragazzi giochino lì. Ci arriviamo. Nel frattempo, oserei dire che il problema è la qualità, prima ancora che la quantità. Le cifre di cui sopra sarebbero relative, se poi si parlasse di un campionato che schiera i giovani (e qui il discorso si allarga a tutti gli “under”) perché bravi. Invece, per un motivo o per l’altro, si è costruito un modello nel quale i giovani vanno messi in campo solo perché giovani. E qui si va a parare: non è soltanto questione di regole. Sono i fatti a dimostrare che le regole da sole non bastano. Il presupposto, fino a qualche anno fa, era: dovete far giocare i giovani. È andata malissimo. Da alcune stagioni è: fate giocare i giovani, ci guadagnate. Già più logico, anche se poi sul funzionamento concreto si potrebbe aprire un capitolo a parte. Ma un premio economico per chi ha il minutaggio più verde vale comunque fino a un certo punto. Al massimo, è un incentivo. La “rivoluzione” deve passare dalle mani e dalle idee delle società. Altrimenti non se ne esce, signori miei. Mettiamola sul piano che più piace ai presidenti. Il minutaggio sono spiccioli (ok, più o meno), i soldi che si possono fare con un solo ragazzo tirato su per bene sono altra roba. Per info chiedere al Palermo, con Lucca che è andato a Pisa portando un bel po’ di monetine. Verrebbe da dire: abolite pure le regole sul minutaggio, togliete qualsiasi incentivo, regolamentare o monetario, a schierare i giovani. Ci vorrebbe un po’ di tempo, ma sarebbe una sorta di selezione economica naturale.

Chiaramente, non succederà. Non lo propongo neanche sul serio, si parte da una domanda e si resta lì perché le soluzioni vanno trovate mettendosi a tavolino insieme (sta succedendo, non sta succedendo? E chi lo sa, la riforma resta nebulosa, programmatica, una sorta di spettro che s’aggira per l’Italia calcistica) e ragionandone. Chissà che qualcuno non possa proporre un’idea che sembra bislacca ma magari non lo è fino in fondo. Per esempio. Abolite il campionato Primavera è in gran parte una provocazione. Sono due discorsi legati a doppio nodo, però. In Italia i giovani “giovani” giocano poco ovunque si guardi. Il campionato Primavera è un posto dove, al netto di qualche talento che ovviamente c’è, si battono ragazzi che sono praticamente già grandi ma non sono pronti (e forse non lo saranno mai), parecchi marcantoni dai piedi di ghisa, qualche raccomandato e qualche altro dotato di agente dai buoni/ottimi uffici. Potrebbe anche rimanere in piedi, ma anche qui servirebbe una rinnovata percezione culturale, e non credo che le novità introdotte a inizio anno spostino più di tanto l’ago della bilancia. Oggi gli allenatori premiati sono quelli che vincono: assurdo, perché l’obiettivo sarebbe formare, mandare tra i “grandi” gente pronta per certi livelli, costruire il futuro. Invece si ragiona in termini di promozioni e retrocessioni, coppe e piazzamenti. Così in campo contano più centimetri e chili che piedi e testa. Fate voi il resto. Cambiasse tutto questo, non ci sarebbe da discuterne. Dato che non succederà mai, sarebbe meglio toglierlo di mezzo. Mandare questi ragazzi a giocare in terza serie, da professionisti, non a correre per un obiettivo (lo scudetto, ora c’è addirittura la salvezza) che non è davvero tale. Serve agonismo? Pensiamo una serie di mini-tornei stagionali che tengano alto il livello di competitività dei ragazzi, ma rendano di fatto insignificante il palmares dell’allenatore. Per le classifiche, mandateli a giocare in C questi benedetti ragazzi. Aiuterebbe loro a crescere e il campionato a essere quel serbatoio che si vorrebbe fosse. Era l'idea alla base delle squadre B: sono state introdotte talmente male che ce n'è una sola, ma forse a Torino sono più dritti di tutti.