Palermo in B, ora merita un grande futuro. Perché d'estate tornano sempre le solite facce? Qualcuno salvi la Triestina

13.06.2022 00:45 di  Ivan Cardia  Twitter:    vedi letture
Palermo in B, ora merita un grande futuro. Perché d'estate tornano sempre le solite facce? Qualcuno salvi la Triestina
TMW/TuttoC.com

Ha vinto il Palermo, ha vinto Silvio Baldini, hanno vinto i trentacinquemila del Barbera. Gloria victis, dicevano i latini: onore ai vinti, ma soprattutto onore ai vincitori. A Padova si fanno i conti col bello e il brutto del calcio: in B va una squadra che nella stagione regolare ha collezionato venti punti in meno rispetto all'avversaro. Il percorso dei veneti prima di Pavanel e poi di Oddo avrebbe meritato ben altro epilogo, è vero. Se però abbiamo detto più volte che questi playoff sono il miglior modo di chiudere una stagione, bisogna accertarne qualche stortura. E guardare alla prossima stagione con fiducia, cercando di scacciare quanto prima l'amarezza.

Chi all'avvicinarsi del domani sfoggia un sorriso clamoroso è il Palermo. L'ode a Baldini e ai suoi ragazzi l'abbiamo già suonata nella scorsa puntata. È la vittoria di una squadra su cui in pochi avrebbero puntato a inizio stagione, e che però ha sempre dimostrato di avere grandi mezzi. È la vittoria di uno come Brunori, che dimostra quanto sia importante aspettare il luogo e il momento giusto per esplodere. È la vittoria del Barbera, e di un sud le cui piazze troppo spesso vengono sacrificate. Nel salutare il pubblico rosanero, l'augurio è inevitabilmente quello di non doverlo rivedere su queste pagine. Palermo merita un grande futuro, ci sono trattative di primo piano in piedi, conquistata la promozione è il momento di concretizzarle. E che sia City Group o Pallotta, come sembrerebbe nelle ultime ore, questa promozione non ha da restare l'ultima.

Guardiamo al campionato che verrà. Parte il conto alla rovescia, meno nove al 22 giugno che è la data ultima per sistemare la documentazione in vista del consiglio federale di inizio luglio. È la stagione dell'anno in cui si mescolano paure e speranze, ma è anche quella in cui vediamo tornare ad affacciarsi tante care facce note, non sempre per le motivazioni più felici. Direttori e dirigenti vari che hanno alle spalle due, tre, quattro fallimenti o mancate iscrizioni. Chi tiene i piedi in due scarpe, chi dov'è passato non è cresciuta più l'erba. Non bussiamo alla porta delle istituzioni: c'è già un codice di onorabilità, non efficacissimo ma neanche da buttare, mica può coprire tutto. Ma a un certo punto deve intervenire il buon senso, o quantomeno la capacità di leggere - da parte dei protagonisti nelle rispettive piazze - le cronache calcistiche degli anni precedenti. Di chiedere professionalità e conto dei risultati ottenuti. Se domani, dopodomani e il giorno dopo creo danni alla mia azienda per le cose che scrivo, la settimana prossima non lavoro più, né lì né altrove. Nel pallone non funziona così, è un meraviglioso mondo a parte nel quale sembra essere sempre l'anno zero per tutti, nel bene o nel male.

Ultime righe, forse inutili forse no, su una delle vicende più dolorose degli ultimi tempi. A Trieste il calcio è a rischio. Non lo meriterebbe la memoria del presidente Mario Biasin, non lo meriterebbe il lavoro che in società si è fatto negli ultimi anni, non lo meriterebbe la città. Eppure il baratro è dietro l'angolo. La domanda è una sola, più o meno l'ha fatta anche Milanese in una recente interviste: possibile che in una grande città da oltre duecentomila abitanti non vi sia nessuno interessato alle sorti della propria squadra? Troppo facile salire sul carro quando le cose vanno bene, ora c'è da mettersi lì di fronte e tirarlo fuori dal pantano, poi si vedrà. Qualcuno salvi la Triestina, perché è una storia diversa da tante altre e non merita di finire così.