Quanta Serie C nell’Italia di Mancini: una ricetta per non buttare soldi. Riforma un rinvio dietro l’altro

14.06.2021 00:00 di Ivan Cardia Twitter:    vedi letture
Quanta Serie C nell’Italia di Mancini: una ricetta per non buttare soldi. Riforma un rinvio dietro l’altro
TMW/TuttoC.com

Ancora 90 minuti, poi l’ultimo verdetto della Serie C. Padova o Alessandria, si vedrà. Benvenute a Montevarchi, Gozzano e Taranto, anche su questo fronte siamo praticamente agli sgoccioli. Poi partirà il valzer delle riammissioni e dei ripescaggi (si dice si ballerà poco quest’anno: ho qualche dubbio, staremo a vedere), infine il mercato. Delle vacche magre e a cascata: se non ci sono soldi in alto, quanti ne possono girare in basso? Siamo pronti a salutare la stagione e tuffarci nella prossima. Intanto, dato che siamo immersi in quella meravigliosa Sanremo calcistica che è l’Europeo (nel senso che parlare d’altro mi suona fuori tema), ci godiamo l’Italia. Di Serie C.

Appena prima dell’esordio degli azzurri a Euro 2020, su queste pagine l’ottimo Donzella ci ha raccontato quali e soprattutto quanti giocatori della Nazionale si siano sporcati le scarpe in terza serie prima di arrivare al gran calcio. La mia storia preferita è per distacco quella di Di Lorenzo, uno che in quattro anni è passato da Matera all’Europeo e con la Svizzera sarà titolare. Chapeau. Il passo successivo è rendersi conto che per questi ragazzi la C ha avuto un peso, e che quindi ha avuto una sua importanza nel costruire la nazionale che, se Eupalla vorrà, arriverà almeno a Wembley. C’è del talento e c’è un torneo che ha la forza e la capacità di coltivarlo. È una grandissima ricetta per non buttare soldi, anche se sono consapevole di averlo scritto parecchie volte e di poter risultare noioso: mentre il mondo del pallone si riempie la bocca di paroloni quali sostenibilità e abbassare i costi (ma evidentemente non si ascolta), basterebbe guardare in basso per trovare un serbatoio con cui risparmiare e forse pure alzare la qualità. Va coltivato, però, e qui ci vuole davvero l’impegno di tutti. Dall’alto e dal basso.

Nel frattempo, sotto silenzio fino a un certo punto, la FIGC ha prorogato di un mese il termine per la celebrata e agognata riforma. Avvolta nell’oscurità di un dibattito pressoché inesistente a livello pubblico, eppure dovrebbe essere l’unica cosa a interessarci e possibilmente pure coinvolgerci. Comunque, il rinvio in questo caso non è un male di per sé. Anzi: dimostra per esempio la volontà di Gravina di provarci, anche se i tempi sono strettissimi. È un rinvio che dà in realtà più margine per poterci arrivare davvero, a questa benedetta riforma. Ma è pur sempre un rinvio. Il dubbio è se il pallone italiano la voglia davvero.