Un calendario impari: obiettivo salvare il campionato, tra lo slittamento e l’ipotesi dello Stop&Go. Il protocollo è uguale per tutti?
TMW/TuttoC.com
Guardi le classifiche e ti viene il mal di testa. Chi ha una partita in più, chi una in meno. Chi due, chi perfino tre. Vantaggi e distacchi sono sulla carta, gli ultimi non sono davvero ultimi ma forse sì, i primi chissà se saranno i primi. Poteva andarci peggio: non si può dimenticare che stiamo tuttora combattendo un nemico insidioso e strisciante. Uno che ti mette di fronte a difficoltà e dolori, ma anche imprevisti. A sei giornate dalla fine del campionato, il calendario assume le fattezze di un quadro cubista, che per capirlo ti devi impegnare particolarmente, altrimenti non ti rendi conto di quali siano i soggetti e dove siano collocati. C’è stata troppa facilità nel concedere rinvii? Può anche darsi, ma non si possono nemmeno dimenticare le telefonate velenose e le dichiarazioni al vetriolo di quei casi in cui qualche partita non è stata rinviata. Ovunque l’avessi tirata, la coperta sarebbe rimasta corta.
Sta di fatto che lo slittamento è diventato inevitabile: è stato annunciato nei giorni scorsi, diventerà realtà col prossimo consiglio direttivo dell’1 aprile. Poteva andarci peggio, anche se il calendario che abbiamo di fronte qualche preoccupazione la genera. Soprattutto per quanto riguarda la lotta per non retrocedere, dove negli anni abbiamo imparato che si può annidare un po’ di tutto. Chi va in campo sapendo i risultati delle dirette avversarie ha un vantaggio, inutile negarlo e situazioni di disparità possono generarne altre preoccupanti (da un lato o dall’altro). L’imperativo categorico della Lega, arrivati a questo punto, è far sì che le ultime due giornate si giochino in contemporanea. Requisito minimo di normalità per un campionato che normale fino in fondo non lo sarà comunque, ma tant’è. Con la mossa dello slittamento, di fatto, si va a recuperare lo spazio per renderlo possibile, per quanto i tempi poi rimangano stretti e legati all’imprevisto rappresentato dal nemico ci due sopra. In Lega, in buona sostanza, nessuno è tranquillo, ben sapendo che fine faccia Tranquillo nei proverbi frutto della saggezza popolare, ma c’è una discreta dose di fiducia nella possibilità di arrivare alla fine senza irregolarità. C’è consapevolezza, soprattutto, che non ci sia alternativa. Intanto, tra le società, cresce il partito che pensa sarebbe utile uno stop&go: fermi tutto per una settimana o dieci giorni, fai giocare i recuperi, metti in pari tutti e si riparte. Non è una cattiva idea, ma neanche risolutiva: creerebbe tantissimi problemi organizzativi e per questo difficilmente sarà seguita.
A proposito di imparità. Il dato statistico racconta di grandi diversità da un capo all’altro del campionato: vi sono società che nell’arco della stagione hanno avuto zero o pochissimi casi di contagio in squadra, e altre che ne hanno registrati in grandi quantità. Personalmente, mi colpisce soprattutto quando all’improvviso si scoprono positività in doppia cifra dall’oggi al domani. Torno alla premessa: affrontiamo un nemico invisibile, strisciante, che non abbiamo ancora capito bene come si muove. Contagiarsi non è colpa, e può accadere in maniera pressoché casuale: puoi anche essere la persona più attenta del mondo e venire colpito. Perciò tutto si potrebbe spiegare con la casualità di questo maledetto virus che non guarda in faccia a nessuno. Però il dato resta curioso, anche perché tra quelle a zero o pochissimi casi ve ne sono alcune in zone molto colpite dalla pandemia. E perché il protocollo, costoso, oneroso, faticoso, improbo che tutto il calcio italiano s’è dato per ripartire (per carità, aspettiamo solo le motivazioni sul caso Lazio per chiamarlo carta straccia a tutti gli effetti), è uguale per tutti, almeno sulla carta. Ed è rigido, preciso: non riguarda soltanto i cicli di tamponi, ma tutti i comportamenti da tenere per consentire di ridurre al minimo (non certo a zero) il rischio. L’unica certezza che possiamo avere a tal proposito è che di sicuro le società che non hanno avuto casi o ne hanno avuti pochissimi l’abbiano seguito alla lettera. Per il resto, il dato statistico resta curioso.
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