ESCLUSIVA TLP - Lei non sa chi sono io: Andrea Pintori (Civitanovese)

ESCLUSIVA TLP -  Lei non sa chi sono io: Andrea Pintori (Civitanovese)TMW/TuttoC.com
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giovedì 13 novembre 2014, 10:20Interviste TC
di Daniele MOSCONI

Tra le favorite del Girone F di serie D, oltre alla Sambenedettese, al Matelica e al Chieti, c'è anche la Civitanovese. La squadra rossoblù, diretta quest'anno da Antonio Mecomonaco ha i galloni della favorita grazie ad una campagna acquisti importante: Giuseppe Aquino, Alessandro Cibocchi, Daniel Margarita e ultimo solo in ordine di apparizione è il protagonista di questo nuovo appuntamento con "Lei non sa chi sono io": Andrea Pintori. Come ogni giovedì mattina TuttoLegaPro.com intervista in esclusiva un giocatore o un allenatore che si stanno mettendo in mostra nel massimo campionato dilettantistico. 

Non propriamente uno sconosciuto, Andrea Pintori è nato a Nuoro e dalle giovanili della società biancoverde ha mosso i suoi primi passi, partendo da un muro sotto casa sua dove allenava il suo piede meno forte: il sinistro. Gli incitamenti del padre per migliorarsi in fondamentali dove era carente l'hanno portato alle soglie della B, senza mai riuscire ad entrarvi.

Dopo dieci anni di professionismo in piazze importanti come Benevento, Pisa e Virtus Lanciano, sei tornato nei dilettanti. Cosa è successo?

"La storia è lunga ma possiamo sintetizzarla così: mi sono affidato ad un procuratore che all'improvviso mi ha abbandonato e quando sembrava che alcune società di B potessero puntare su di me, mi sono trovato a piedi".

Quali erano questi club?

"Il Modena, la Salernitana, il Grosseto. Lo stesso Benevento (dove ha giocato dal 2010 al 2012, ndr) mi aveva proposto un rinnovo contrattuale. Lo scorso anno di questi tempi mi sono trovato senza squadra. Ho provato a chiamarlo, ma ha iniziato a non rispondermi più al telefono. Da quel momento ho cominciato a muovermi da solo, facendomi da procuratore di me stesso. Non è stato facile per via delle regole sull'età media che mi hanno penalizzato non poco e ho trovato il Sora (serie D, girone G, ndr)".

Eri anche a Lumezzane.

"Novembre 2012 sono stato al Lumezzane, grazie ad un procuratore che conosceva bene l'allora Direttore sportivo dei valgobbini, Luca Nember (attuale Ds del Chievo in A, ndr) ho lavorato con loro fino al giugno 2013 e il resto è storia di questi ultimi mesi".

Hai un rimpianto?

"Sì, quello di non aver giocato in B. Pensavo che i numeri - da esterno ho fatto quasi cinquanta gol - e la mia carriera potessero essere dei biglietti da visita importanti per provare il palcoscenico della cadetteria".

Queste tue parole ci fanno tornare alla mente un detto che non tramonta mai: "La vittoria ha cento padri, la sconfitta è sempre orfana".

"La sconfitta insegna molto e in questi due anni difficili sono maturato tanto a livello caratteriale e ho imparato come va il calcio. Quello che mi è stato insegnato fin da piccolo è di non mollare mai. Non ho mai perso la speranza di rimettermi in gioco e nonostante gli anni passino, io mi sento come uno che sta iniziando da adesso. L'entusiasmo è quello di un ragazzino. Ho la fortuna di poter dare il mio contributo per la causa della Civitanovese e grazie a loro voglio togliermi tanti sassolini dalla scarpa, per dimostrare a me stesso che sono ancora - tra virgolette - vivo. Dopo dieci anni di professionismo, anche scendere nei dilettanti non mi fa dimenticare il mio stile di vita professionale".

Pensi che il calciatore sia un artista?

"Diciamo che il calciatore si può chiamare artista, avendo la dote di poter emozionare la platea. Allo stesso tempo anche noi ci emozioniamo. Ho provato forti emozioni a Benevento. Nei due anni che ho vestito la maglia giallorossa, era una sensazione esaltante potermi esibire davanti al pubblico del "Vigorito", capace come pochi di darti stimoli fondamentali per dare il meglio di te stesso".

Ci torneremo su questo argomento. Intanto vedendo i numeri della Civitanovese, c'è Giovanni Amodeo che nella vostra squadra fa le pentole e allo stesso tempo i coperchi, quindi davanti a questi dati ti chiedo: è il singolo che esalta la squadra o viceversa?

"Sono del parere che la domenica si scenda in campo in undici. Il singolo per me non fa la squadra. Soltanto un giocatore ha fatto una squadra: Diego Armando Maradona. Se non hai undici leoni, è normale che il singolo si può esaltare. Ci può essere il colpo che nasce da una giocata, ma il contributo è di tutti".

Cosa differenzia il campione da un calciatore?

"Il campione non è solo quello che scende in campo, ma lo è anche e soprattutto fuori, in particolar modo a livello umano. Penso che quest'ultimo sia un valore importante da tenere in considerazione. Se poi sei anche bravo in campo, diventi un campione completo".

C'è attualmente o c'è stato un campione completo per Andrea Pintori?

"Io sono juventino e il campione completo è Alessandro Del Piero. Non è il mio idolo, però se mi collego alla risposta di poco prima, fuori dal campo Del Piero è un fenomeno. Se vogliamo guardare un altro campione, posso dirti Javier Zanetti. Gli idoli sono una cosa, i campioni un'altra".

Chi sono i tuoi idoli?

"Il primo è Roberto Baggio. Di seguito c'era il fenomeno Ronaldo".

Tu sei nato a Nuoro dove ha mosso i primi passi Gianfranco Zola e settimana scorsa ha fatto settant'anni Gigi Riva, uno dei pochi uomini ad essere diventato un'isola.

"Per noi sardi Gigi è un orgoglio. L'orgoglio sardo, di tutta Cagliari e di tutta la Sardegna. Gianfranco è un altro mito, ma essendo nato qui ha un sapore diverso rispetto al mitico Gigi".

C'è un motto che ti contraddistingue?

"Quello di non mollare mai".

In questo ultimo anno e mezzo questo pensiero del "non mollare mai" si è rafforzato in particolar modo.

"Me lo dice spesso mia moglie e le persone che mi sono vicine. Altri avrebbero già mollato, mentre io ho continuato, ostinato - non sarei sardo (ride, ndr) - e credo che i sacrifici alla lunga paghino. Certo, la sofferenza c'è, a livello emotivo e caratteriale. Anche se ho 34 anni, sembra come se ne avessi 20. Adesso mi sento meglio di quando ero più giovane. E' stato un fulmine a ciel sereno dopo quello che ho fatto e non mi aspettavo di arrivare così velocemente in D".

Lo sport a livello agonistico quanto influisce nella tua vita privata?

"Ormai so regolarmi e conosco i miei limiti e non ha mai influito a livello familiare. Mia moglie, per fortuna, ha capito subito come è la vita di un calciatore e devo dire che sotto questo aspetto mi ritengo una persona fortunata. La stabilità a livello affettivo è molto importante per un calciatore. Penso che il calcio sia lo sport più bello che uno possa praticare. Quando il pensiero arriva ad un domani, mi auguro il più lontano possibile, quando appenderò gli scarpini al chiodo, mi viene l'ansia. Mi mancherà il campo, la partita, gli allenamenti, la vigilia, i ritiri, il precampionato. Tutte cose che hanno fatto parte della mia vita in questi anni".

Tu dici: "La stabilità a livello affettivo è fondamentale".

"Sì, ne sono convinto. Non credo a quelli che dicono che non cambi nulla e che anche se dovesse succedere di lasciarsi con la fidanzata o la moglie, non avvenga nulla a livello emotivo dentro di loro. Sono le stesse persone che poi in maniera qualunquistica pensano che allenarsi diventi un modo per svagarsi in quelle due ore. Non è assolutamente vero. Anche solo litigare con la persona che ami, questo influisce non poco. E diventa ancora più difficile quando ci sono di mezzo i figli. Uno cerca di staccare la spina, ma non è facile. Io come calciatore ho fatto tanti anni lontano da mia moglie, anche dai miei figli. Ci sono abituato ormai. Però un conto è stare lontano dalla famiglia e un altro è litigare".

Come ti vedi tra dieci anni?

"Ne avrò quarantaquattro e penso che a livello fisico vorrei rimanere come sono adesso, perché non mi vedo fermo con la pancia che mi cresce. Mi vedo come allenatore dei bambini. Adesso però non ci penso: ho ancora voglia di divertirmi".

Che rapporto hai con il tuo corpo?

"Ottimo! Sono una persona molto attenta all'alimentazione, al peso e tutto quello che riguarda questo aspetto, in particolar modo prima di una partita, dove cerco di nutrirmi senza appesantirmi. Può sembrare una malattia, ma io la vedo come un modo per vivere in maniera sana e questo poi si trasferisce nelle mie prestazioni domenicali".

Quando fai lo strappo alla regola cosa ti concedi dei piaceri della tavola?

"Il giorno che mi concedo ad uno strappo alla regola è il lunedì: amo gli gnocchi fatti a mano, con il ragù di pesce. Mia moglie Silvia è un'ottima cuoca".

Mentre il piatto sardo che ami in particolar modo?

"Gli gnocchetti scurriau".

Come hai conosciuto tua moglie?

"Al mare. Venne in Sardegna in vacanza e per farmi notare da lei facevo un po' il figo in acqua per attirare la sua attenzione. Chi ha fatto il primo passo? Diciamo che sono stato io (ride, ndr)".

La vostra canzone?

"Domo mea, dei Tazenda".

La tua canzone preferita?

"Adesso posso dire che è quella dei Modà: Cuore e vento".

Una cosa che avresti voluto dire a tua moglie?

"Penso di averle detto tutto. Che la sposerei ogni giorno. E ogni momento con lei è infinito".

Fare la spesa con tua moglie com'è?

"Divertentissimo, specie quando vai nei centri commerciali. Quando vai nei supermercati piccolini, in cinque minuti esci fuori. Quando invece andiamo nelle grandi catene, ne vieni fuori che hai i crampi alle gambe".

Come mai secondo te il fenomeno dell'omosessualità nel calcio sembra essere vissuto come un tabù?

"Non lo so, difficile dare una risposta a questa domanda. Credo che sia una condizione che vada rispettata".

Ti è mai capitato di avere un compagno di squadra dichiaratamente omosessuale?

"No, ma anche se ci fosse stato e non me l'avesse detto, non sarebbe cambiato molto. E' la loro vita e non sarò io a intralciare la loro felicità".

Andrea Pintori calciatore che piatto sarebbe?

"Un bel piatto di pasta in bianco. Pietanza umile, ma ricca. Oppure, dipende dai momenti, un piatto all'arrabbiata".

Mentre la Civitanovese?

"Sarebbe un dolce. Io qui sto benissimo. E' una piazza che non mi aspettavo così: sia come città che come calore del pubblico. Spero che le cose proseguano in questo modo".

Ci colleghiamo alla Civitanovese e guardando al vostro campionato l'impressione che abbiamo da fuori è quella di un cambio di marcia avvenuto dopo il gol di Amodeo al 91' al "Guido Angelini" di Chieti. Perdevate 2-1 e il gol del vostro attaccante principe vi ha rimesso in carreggiata dopo che avevate perso il derby in casa contro la Maceratese per 2-1. Cosa è cambiato dopo questo inizio negativo?

"Da parte nostra non è cambiato niente. E' andata male la partita in casa contro la Maceratese, classico derby perso per due errori individuali. Abbiamo dimostrato un grande calcio e ogni domenica abbiamo creato quelle sei, sette palle gol. Quello che ci è mancato nelle prime cinque partite è la concretezza. Con il Chieti abbiamo pareggiato e dovevamo vincere. Contro la Vis Pesaro un'altra partita strana. Solo chi ha visto le nostre partite può capire. Ora vinciamo, le prime giornate no, questa la differenza sostanziale".

Ma è Andrea Pintori che ha inseguito il calcio o è il calcio che ha inseguito lui?

"Sono io che l'ho inseguito come il sogno di un bambino. Devo ringraziare mio padre, e torno ancora al motto del "non mollare mai", che mi ha spronato a migliorarmi giorno dopo giorno. Mi ha insegnato tanto, mi ha dato le basi. Ricordo che quando avevo dieci-dodici anni, mio padre mi diceva: per migliorare con il sinistro, fai muro, fai muro, fai muro. Sotto casa avevo proprio un muro. Ogni giorno, dopo i compiti, scendevo un'oretta, mi mettevo lì a calciare. Di tutto quello che ho fatto, non devo dire grazie a nessuno. Mio padre mi ha dato, come detto, le basi, ma ho avuto tanta voglia, tenacia, fin da piccolo. Son contento perché tutto quello che ho fatto, me lo sono costruito da me stesso. Non ho fatto giovanili importanti o una Primavera dove ti costruiscono come calciatore. La mia Primavera è stata il muro sotto casa".

Chi era il giocatore che sognavi di diventare da bambino?

"Roberto Baggio. Ho giocato con il fratello Eddy a Pisa (stagione 2005/06, ndr)".

Religione?

"Cattolica. Non mi vergogno a dire che la sera prima di mettermi a letto prego per ringraziare per quello che mi è successo durante la giornata. Sono uno che non ha mai bestemmiato in vita sua e mai lo farà".

Nella vita mai dire mai oppure credi che ci sia un momento in cui bisogna fermarsi?

"Mai dire mai? Sì, credo di sì. Se hai un sogno devi inseguirlo e fare di tutto per raggiungerlo e acciuffarlo. Io poi sono sardo e sono testardo di natura".

"Arrogutottu" (spacco tutto in sardo, ma anche il soprannome di un famoso calciatore sardo, ndr).

"Antonio Langella lo chiamavano così. Ad esempio lui è un simbolo del "mai dire mai" oppure del mio "non mollare mai". Ha inseguito e rincorso il suo sogno e alla fine ha vinto".

A proposito di sogni: Daniel Leone, portiere della Reggina sta combattendo una battaglia difficile. Vuoi lanciargli un messaggio?

"Il mio è un augurio sincero che possa tornare presto in campo. E' arrivato il momento che non deve mollare. Ho avuto come allenatore Carmelo Imbriani e lui è un simbolo del "non mollare mai". Credere fermamente in se stessi".

L'impresa sportiva che ti ha fatto emozionare maggiormente?

"La pelle d'oca mi viene quando rivedo i miei gol. Ne ho fatti tanti in Lega Pro. Le emozioni forti le ho avute a Benevento. Mi ricordo in particolar modo i miei gol nei derby, ero diventato un amuleto: all'Avellino, alla Nocerina, alla Juve Stabia. Queste partite mi caricavano in particolar modo. Il più bello è stato alla Nocerina, facemmo 1-1, nell'anno in cui i molossi sono stati promossi in B. Una bella sensazione è sentire il "Ciro Vigorito" urlare il tuo nome. Se poi parliamo di un altro sport, a livello calcistico è il rigore decisivo di Fabio Grosso nella finale dei mondiali contro la Francia".

Ti chiedo un impegno: in caso di promozione della Civitanovese in Lega Pro, sareste disposti a fare un calendario in un ospedale per bambini affetti da malattie rare, a cui regalereste le vostre maglie, con tutto il ricavato, tramite la Live Onlus, in beneficenza?

"Per beneficenza farei tutto, sono sempre in prima linea. Lo farei più che volentieri".

Promesso?

"Intanto vinciamo il campionato. Da oggi avremo un motivo in più per vincerlo".

Che rapporto hai con i social network?

"Buono. Li frequento e alle volte mi sembra di avere un telegiornale attivo ventiquattro ore su ventiquattro. Sai tutto in tempo reale".

Un film che ti ha fatto emozionare?

"Il Gladiatore. Classico dei classici".

Un film che avresti voluto interpretare?

"L'allenatore nel pallone. Il primo però".

Avresti voluto essere Aristoteles?

"Non di certo Crisantemi (ride, ndr)".

Se la tua carriera da calciatore fosse un film che titolo avrebbe?

"La mia grande passione".

Un concerto che ti ha fatto emozionare?

"Il concerto di Vasco Rossi a Milano. Eravamo circa ottantamila persone. Qualcosa di inspiegabile e di unico".

Chiudiamo parlando del vostro girone: chi sono le favorite?

"Sambenedettese, Matelica, Maceratese. E non disdegno il Campobasso. Ovviamente ci siamo anche noi".

Nessuno ne parla, ma la Jesina è una squadra rognosa come poche.

"Sì, hanno messo in difficoltà la Sambenedettese e la stessa Maceratese. Vanno sicuramente tenuti d'occhio. Devo dire che il nostro girone è competitivo come pochi e questo aiuta lo spettacolo".

Prossima intervista per "Lei non sa chi sono io": 20 novembre 2014.