ESCLUSIVA TLP - SudTirol, Fischnaller: "Dal calcio giocato alla scrivania a soli 22 anni. Vi spiego il perché di questa scelta di vita..."

ESCLUSIVA TLP - SudTirol, Fischnaller: "Dal calcio giocato alla scrivania a soli 22 anni. Vi spiego il perché di questa scelta di vita..."TMW/TuttoC.com
Hannes Fischnaller al Mantova
© foto di Alberto Sogliani
sabato 15 marzo 2014, 18:00Interviste TC
di Sebastian DONZELLA

Dal campo alla scrivania. A soli 22 anni. Una scelta di vita. Protagonista Hannes Fischnaller, responsabile marketing del SudTirol, ex calciatore di Lega Pro. Una storia curiosa e controcorrente di chi ha capito che il calcio era meglio organizzarlo che giocarlo. TuttoLegaPro.com lo ha intervistato in esclusiva per i suoi lettori. 

Fino a un paio d'anni fa eri tra i giovani più promettenti dell'Alto Adige. Poi?

"Sono cresciuto nelle giovanili del SudTirol, per poi essere inserito in prima squadra. In due anni e mezzo ho conquistato una promozione in 1^ Divisione. Poi sono andato in prestito a Mantova, in Serie D, e anche lì ho vinto il campionato. L'anno dopo, cioè due anni fa, sono passato al Mezzocorona, sempre tra i dilettanti, collezionando un buon numero di presenze. Ma ho capito che la vita da calciatore non faceva per me: non mi piaceva per niente svegliarmi tardi, fare solo allenamento e subire tanta pressione. Mi sono guardato intorno alla ricerca di un lavoro. Fortunatamente la dirigenza del SudTirol ha creduto in me e sono entrato nei loro uffici. Lì ho capito che mi piaceva di più questo lavoro e ho lasciato il calcio giocato a livelli pro o semi-pro. Devo dire che avevo già sostenuto altri colloqui, sempre nel settore manageriale-sportivo, e aspettavo delle risposte. Ma al SudTirol non potevo dire di no, ho accettato con entusiasmo dal momento che è anche la mia squadra del cuore".

E adesso la tua vita com'è cambiata?

"Ho ripreso a studiare: prima ero iscritto a giurisprudenza, poi ho smesso. Da un anno studio Economia e Gestione Aziendale a Bolzano. A causa dei vari impegni, però, frequento poco e e mi sa che andrò fuori corso. Adesso le mie giornate iniziano presto, sono più piene rispetto a quando ho incominciato: parlo con gli sponsor, gestisco il merchandising e le varie iniziative come i "Camp" (ne facciamo 25 all'anno), seguo i social network e parlo con i soci. Noi, infatti, come il Bayern, abbiamo un sistema di partecipazione aperta ai tifosi: la squadra non è di una o di poche persone, è del territorio. Io, come facevo in passato in campo, do tutto e mi impegno al massimo. 
Infine a volte mi confronto anche con i giocatori: tra noi non c'è mai distanza, come potrebbe esserci tra dirigente e calciatori. Il mio passato mi aiuta: conosco molti di loro per averci giocato insieme e capisco i loro pensieri".

Con il calcio giocato, però, il capitolo non si è chiuso definitivamente...

"Gioco ancora in Eccellenza: Mi alleno tre volte a settimana, alla sera. Una cosa che ti dà equilibrio e ti rigenera. Un dopolavoro che ti rilassa, insomma. Prima giocare era la tua vita, su un errore commesso non ti davi pace per tre giorni. Ora no, c'è molta più tranquillità. L'anno scorso, comunque, siamo arrivati secondi, perdendo la promozione solo agli spareggi. Ma avevo già deciso che, in caso di vittoria, avrei cambiato squadra. Non è fattibile essere il responsabile marketing di una società di Lega Pro e al contempo un giocatore di Serie D. L'impegno sarebbe troppo. Anche perché, da un po' di tempo, gestisco anche un sito internet con degli amici: si chiama Fubas.it e raccoglie, anche grazie a un'app per smartphone, tutti i risultati calcistici dilettantistici dell'Alto Adige, seguendo pure le carriere professionistiche dei giocatori della nostra zona".

In pratica fai l'opposto di tutti quei ragazzi che cercano di sfondare nel mondo del calcio. Cosa ne pensi?

"Questo sport ormai è cambiato, ci sono troppe società in affanno e i soldi non sono gli stessi di dieci anni fa. Io mi sono detto: sono abbastanza bravo da poter vivere solo di calcio? Ho visto che ero ancora giovane e potevo crescere ma ho capito che non sarei diventato bravo abbastanza per farlo diventare un mestiere stabile. Ero, più o meno, un giocatore da 2^ Divisione e Serie D. Per questo ho preferito cambiare radicalmente vita.
Lo dico sempre ai giovani che vengono da noi di non pensare solo al loro essere calciatori, ma di fare anche altro. Purtroppo, nella mia carriera, ho incontrato tanti di loro che non studiano, non leggono, non hanno una cultura. Credono di essere importanti e non hanno umiltà. E non capiscono che a 30 anni, poi, è difficile trovare lavoro. Ma non è un caso solo italiano: conosco anche in Germania tantissimi disoccupati a causa del pallone.
La cosa particolare è che io ho imparato l'italiano proprio grazie al calcio, prima ancora che a scuola. Per me è stato un veicolo di cultura, ma purtroppo non è sempre così".

Chi invece ha sfondato nel calcio è suo fratello Manuel. Anche se per la Serie B si è allontanato di oltre mille kilometri...

"Devo dire che ho maturato la mia scelta anche grazie a lui: è più piccolo di me di un anno ma ha molta più qualità. Da due anni, con la Reggina, è riuscito a giocare in cadetteria. Sarebbe bello se noi salissimo in Serie B e lui ritornasse da noi. Comunque ci sentiamo molto spesso, lui a Reggio si trova benissimo e tra un mese lo andrò a vedere".