Intervista TC

Scianò: "C affascinante ma precaria per tutti. Dev'essere lega di sviluppo"

Scianò: "C affascinante ma precaria per tutti. Dev'essere lega di sviluppo"TMW/TuttoC.com
Marco Scianò
lunedì 4 marzo 2024, 11:30Interviste TC
di Raffaella Bon

Marco Scianò, ex direttore generale del Piacenza, è intervenuto ai microfoni di TuttoC.com per analizzare l'andamento dei tanti giocatori ex biancorossi, allargando poi l'orizzonte ad una disamina dell'attuale terza serie.

Direttore, partiamo dai vari giocatori sparsi per la C da lei acquistati.

"Lo scorso anno abbiamo puntato su rilanciare diversi giocatori che anche in questa stagione stanno facendo molto bene: penso a Morra oggi a Rimini già a 16 gol e Lamesta (6 gol e 7 assist, ndr) che ritengo un giocatore di grande potenzialità anche in categoria superiore o di Zunno che oggi a Messina è un uomo copertina con 6 gol. Anche Rizza, terzino sinistro ora stabile titolare in B a Cittadella, Masetti e Munari che si stanno distinguendo ad Arezzo e Albinoleffe, senza dimenticare Rossetti protagonista a Potenza e capitan Cesarini che negli ultimi anni è sempre andato in doppia cifra. Merito di Marco Pozzoli, un professionista molto bravo nello scouting e del resto del gruppo scouting. Avevamo un monte ingaggi davvero basso, di 750mila euro. Il tempo giustamente oggi sta dimostrando che quella squadra aveva valori e che quella stagione aveva ben altri problemi che quelli prettamente sportivi, cioè la grande instabilità societaria".

Cosa pensa di questa Serie C?

"La categoria rimane affascinante, ma troppo precaria per tutti: giocatori, allenatori, dirigenti e anche presidenti. Manca un indirizzo sportivo preciso che non può essere quello confusionario di oggi e che consenta di prendere una strada unica e iniziare a programmare davvero in tale direzione. Personalmente la C deve prendersi il ruolo unico di lega di sviluppo: un campionato votato ai giovani e che investa su modernizzare le infrastrutture non solo intese come stadio, ma soprattutto centro sportivo, la casa di un club a 360 gradi".

Come vede le squadre B di cui si sente a più riprese parlare?



"Positivamente. Premesso che in Italia dobbiamo preservare la territorialità e il campanilismo che sono la nostra essenza rispetto altre leghe, ritengo che con criteri corretti tutte le big di A dovrebbero averla per dare un vero senso a questo progetto. Quindi oltre a Juventus e Atalanta che hanno aderito, penso a Inter, Milan, Roma, Lazio, Napoli e Fiorentina più un paio di quei club che hanno un forte respiro di programmazione come il progetto Palermo-City Group. I perché sono semplici: economicamente riverserebbero molti denari di iscrizione necessari alla C per la sua sostenibilità, porterebbero una impostazione alta come sono per natura i club di A e sportivamente darebbero una soluzione al campionato primavera che necessita di un livello per avviare i ragazzi al mondo del calcio professionistico con pieno controllo del percorso. La Juventus ha messo nel sistema tanti giovani importanti tramite la Next Gen, che oggi sono ai massimi livelli o addirittura nel giro della nazionale. Il resto dei club di A potranno invece continuare a prestare i giovani ai club di C che dovranno peró saper pescare dalle proprie giovanili e dal proprio territorio di pertinenza creando un valore interno e non solo di valorizzazione per gli altri. È un circolo che ha ha come finalità quello di essere a supporto della piramide del nostro calcio e non emulare erroneamente in C le altre categorie non avendone gli stessi onori".

Come ogni anno, ci sono società in crisi...

"Oggi non c’è sostenibilità in C perché non c’è una impostazione corretta dei club, ma ancora una metodologia incentrata sul mecenatismo quindi con una prevedibile scadenza delle proprietà per stanchezza o sopraggiunte impossibilità economiche. Sono troppo pochi i ricavi ancor prima dei costi eccessivi da sostenere in un Club. Le proprietà non sono rappresentate da gruppi miliardari ma dalla piccola media impresa italiana, cioè da chi è disposto anche a pagare un prezzo per sostenere il proprio club, ma che sia contenuto".

Come evitare questi casi?

"Obbligando i club ad avere requisiti economici alti all’ingresso in termini di solidità economica, l’obbligo di avere stadio e centro sportivo o di avere un progetto scadenziato temporalmente oltre che dirigenti preparati e remunerati correttamente, come un qualsiasi altro ambiente lavorativo richiederebbe perché facciano questo mestiere serenamente a tempo pieno. Sembra semplice ma oggi non è così.
Con regole più semplici e uguali al resto del mondo del lavoro, ad esempio invece di avere scadenze federali bimestrali sugli stipendi, bisognerebbe pagarli ogni mese come in qualsiasi altro posto lavorativo. Alla fine sarebbe anche un miglioramento del ragionare dei club nella quotidianità.
Sono per la semplificazione e la conformazione dello sport al mondo tradizionale del lavoro e delle leggi diversamente da come è oggi
".

Un'ultima battuta sulla riforma dei campionati.

"Non sono fiducioso perché in fondo prevarrà una riforma prettamente economica dov’è ognuno richiederà risorse all’altro. E invece ognuno dovrebbe mettere da parte una porzione dei propri interessi per un ragionamento che arrivi ad un tentativo di miglioramento, ed è questo il primo grande scoglio.
Personalmente, la vera riforma non sta nei numeri dei club, ma nella capacità di avere qualità dirigenziali a tutti i livelli che possano far sì di programmare una crescita dei club, dei ricavi, una corretta gestione e voglia di investire. Tutto ciò che possa porta all’attrattività del nostro calcio. Se si lavora bene e con manager giusti ad ogni livello il resto, per me, viene da sé
".