Casale, all'Istituto Leardi una lezione di vita da Buglio e Taddei

Il Casale Calcio ha chiuso il suo 2011 in vetta alla classifica, arrivando al giro di boa a quota 40 punti. Un risultato certamente importante per una squadra che, senza alcun proclama estivo, ora è la candidata favorita ad una promozione diretta in Prima Divisione. Quest'oggi, tuttavia, non vogliamo parlare dei meriti sportivi dei monferrini, ma della grande umanità che da sempre contraddistingue questo club. Davanti ai ragazzi dell'Istituto Superiore Statale Leardi una delegazione del Casale Calcio, composta da mister Francesco Buglio, dal capitano Riccardo Taddei, dal responsabile del Settore Giovanile e allenatore della Berretti Carlo Monichino e da Marinella Raimondo dell’ufficio comunicazione e marketing, ha tenuto una vera e propria lezione di vita e sport. Soprattutto il tecnico toscano si è messo in gioco, raccontando come ad appena vent'anni il suo sogno di calciatore svanì per tramutarsi in quello da tecnico. Una storia di grande forza di volontà e passione per il calcio. “A diciotto anni ero stato ingaggiato dal Varese. Ero considerato una promessa, avevo disputato il torneo di Viareggio e, in un’amichevole, avevo segnato addirittura un gol alla Nazionale con in porta un mito come Dino Zoff. Il Varese mi diede in prestito un anno alla Salernitana e uno al Viareggio e qui la mia carriera finì.
Era da poco successa la tragedia di Renato Curi, il giocatore del Perugia morto in campo per un infarto, e sull’onda emotiva di quel dramma furono fermati tutti i giovani che avevano qualche scompenso cardiaco, anche lieve. I medici mi trovarono un battito irregolare, magari frutto di un modo intenso di vivere le emozioni: un problema che adesso è facilmente controllabile, ma allora non c’erano le conoscenze di adesso e mi fermarono. Iniziò un’odissea negli ospedali italiani, controlli su controlli, ma non ci fu nulla da fare: la mia carriera era finita”. Ha iniziato a spiegare Francesco Buglio. “Potete immaginare come mi sono sentito: ero un giovane che credeva di avere il mondo in mano, invece si era interrotto tutto. Mi sono messo a lavorare come rappresentante, perché avevo un figlio appena nato e dovevo portare i soldi a casa: ho venduto di tutto, e anche quell’esperienza mi ha fortificato il carattere. A 27 anni mi sono iscritto al corso di Coverciano e ho cominciato ad allenare, lavorando contemporaneamente. - ha proseguito il tecnico - Da quindici anni sono un allenatore professionista. La passione mi ha sempre guidato nei momenti duri e, ancora adesso, mi pongo l’obiettivo di arrivare in serie B (e non è detto che non ci riesca con il Casale) e, poi, il mio principale traguardo: allenare un giorno in serie A”.
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