Roberto Breda: “Il bello del calcio è rimettersi sempre in discussione”
Intervento a TMV Radio, nel programma “A tutta C” (in onda anche sul canale 61 del digitale terrestre), mister Roberto Breda ha offerto il suo punto di vista per parlare dell'universo della terza serie.
Mister, la partita che chiuderà l’undicesimo turno di Serie C sarà Perugia–Livorno, due squadre che lei conosce bene. Che partita si aspetta al Curi?
"Vengono da percorsi diversi. Il Livorno, pur con una grande tradizione, arriva dai campionati minori; il Perugia invece, dopo la retrocessione dalla Serie B, sta facendo più fatica. Piazze come queste, abituate a un certo livello, vivono momenti complicati se non riescono a mantenere certi standard. Anche Braglia, che è un tecnico esperto, ha trovato difficoltà. Sarà una partita interessante, anche dal punto di vista emotivo, perché Tedesco è arrivato da pochissimo, ma se c’è uno che può trasmettere cosa significhi giocare nel Perugia, è proprio lui. È stato capitano, ha fatto la storia del club e ha un forte senso di appartenenza. Mi piace questa scelta: è un tecnico che ha maturato esperienza all’estero e ora ha un’occasione che merita. Bene anche il ritorno in società di Gaucci e Novellino: sono persone competenti e legate alla storia del club. Credo che per i ragazzi del Perugia questa gara sarà soprattutto una questione di orgoglio e motivazioni."
Non c’è però il rischio di un’“operazione nostalgia”, come accaduto ad esempio con la Sampdoria?
"Sembrano situazioni simili, ma non lo sono. Giovanni Tedesco ha già un percorso da allenatore principale, quindi con esperienza diretta sul campo. Foti, alla Samp, invece è alla prima vera esperienza e finora ha fatto il secondo. È un uomo di calcio, conosce l’ambiente e le dinamiche di uno spogliatoio, ma è chiaro che serve tempo per sbagliare e crescere. Solo che farlo in piazze come Genova o Perugia è molto più complicato. Chi prende certe decisioni sa che il rischio è alto, ma è parte del mestiere. Anche all’Inter con Chivu c’è una componente di rischio, ma è questo il bello del nostro lavoro: pensare positivo, mettersi in gioco, anche quando la situazione è delicata come oggi a Perugia o Genova."
Il Perugia ha già cambiato tre allenatori in dieci giornate. Non crede che alle volte gli allenatori paghino più del dovuto?
"È vero, ma chi fa questo mestiere deve sapere che può accadere. Certo, sarebbe giusto che le società supportassero di più i propri allenatori, e che anche i giocatori si assumessero più responsabilità. È troppo facile addossare tutto al tecnico. Però, come allenatore, devi sempre credere di poter uscire dalle difficoltà. La società perfetta non esiste, in nessuna categoria. A volte lavori con gruppi limitati, ma il compito è proprio quello: trovare soluzioni, cambiare strada, provare a fare i ‘miracoli sportivi’. Tedesco può portare quella fame e quella voglia di rivalsa che servono per far scattare qualcosa nel gruppo, come successo in passato con allenatori che hanno saputo trasformare la passione in risultati."
Lo scorso anno lei ha vissuto da vicino la situazione della Salernitana. Dopo due retrocessioni consecutive, era giusto ripartire da zero?
"Sì, era inevitabile. Serviva ricostruire entusiasmo e identità, cambiare volti e caratteristiche. Salerno è una piazza esigente ma generosa, che ha una grande proprietà alle spalle. È stato un peccato vedere due anni così difficili, ma l’unica strada era quella di ricominciare da capo. Ripartire serve a ricaricare l’ambiente, e i primi risultati stanno restituendo un po’ di fiducia, anche se la strada è lunga."
Come giudica la lotta al vertice nel girone C, con Benevento, Catania e Salernitana in corsa?
"È un girone durissimo, con piazze importanti e società strutturate. Benevento, Catania e Salernitana hanno valori tecnici e economici alti, ma nulla è scontato. Ci vuole continuità, forza mentale e capacità di reagire nei momenti difficili: sono quelli che decidono una stagione. Anche la sconfitta di domenica, per esempio, può essere utile: serve per tornare con i piedi per terra e capire che non si è ancora fatto nulla. Meglio perdere ora e ripartire con umiltà, che illudersi a ottobre di essere già arrivati."
Parliamo di un’altra piazza importante: Ascoli. Dopo stagioni complicate, come valuta la situazione?
"Ascoli ha una delle difese meno battute, ma viene da anni altalenanti. È una realtà passionale che ha bisogno di equilibrio tra proprietà e tifoseria. Quando quel rapporto si rompe, diventa tutto più difficile. Adesso però si sta ricreando compattezza e si vedono segnali importanti. In Serie B e C non puoi autosostenerti solo con le entrate: servono investimenti, e quando mancano o vengono gestiti male, le difficoltà aumentano."
Infine, il Vicenza: dopo anni di spese importanti e delusioni, sembra che l’abbassamento del budget abbia portato risultati migliori.
"Negli anni scorsi è stato anche sfortunato, ha perso due finali dopo stagioni da protagonista. Quest’anno ha scelto un tecnico che ha già vinto, e questo conta. Quando guidi un gruppo da vincente, i giocatori ti riconoscono un certo carisma. Vecchi resta un ottimo allenatore, ma Gallo ha portato entusiasmo e fiducia. Il Vicenza è una squadra forte e credo possa finalmente giocarsela fino in fondo, anche perché rispetto all’anno scorso non vedo rivali al livello del Padova."
Mister, cosa bolle nel suo futuro? Quale progetto vorrebbe sposare?
"Nel calcio i progetti non esistono, e non solo in Serie B o C: spesso neppure in Serie A. Servirebbe più programmazione, ma il nostro calcio vive di cambi continui. Devi trovare il posto giusto, la squadra giusta, il momento giusto per costruire qualcosa di duraturo. Non è semplice, ma è anche ciò che rende questo mestiere stimolante: ogni volta ti rimetti in discussione, cresci come professionista e come persona. Qualcosa si muove, vedremo se sarà la scelta giusta, magari in una situazione un po’ più semplice di quelle affrontate in passato."
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