CALCIO È TRADIZIONE MA ANCHE BUSINESS. IN SENSO POSITIVO. IL MODELLO BASSANO-VICENZA, OPERAZIONE VIRTUOSA CHE CREA UN IMPORTANTE PRECEDENTE

Siciliano, palermitano, tifoso del Palermo. Classe '85, dal giornalino scolastico al giornalismo di professione il passo non è breve, ma a volte lo si fa. Le step successivo è TuttoC.com
07.06.2018 00:00 di  Dario Lo Cascio  Twitter:    vedi letture
CALCIO È TRADIZIONE MA ANCHE BUSINESS. IN SENSO POSITIVO. IL MODELLO BASSANO-VICENZA, OPERAZIONE VIRTUOSA CHE CREA UN IMPORTANTE PRECEDENTE
© foto di TC

In Italia non siamo esattamente aperti alle novità in ambito calcistico. Vedi la VAR. In particolare se queste novità coinvolgono passaggi di società non tradizionali. Vediamo club che vengono rilevati da imprenditori o aziende nuovi al calcio, oppure già nell'ambiente ma magari non in Italia, o già nell'ambito sportivo ma altrove. Club che falliscono e vengono rifondati, con all'occorrenza un piccolo cambio di denominazione, oppure che, per contiguità territoriale, si fondono. Ma mai in Italia si è visto qualcuno che, per garantire la tradizione calcistica, la continuità, prenda la propria squadra, che gioca nella stessa serie, a pochi chilometri di distanza, e la trasferisca lì dove il calcio sta per scomparire, acquisendone la storia, i colori, il nome, ma non il titolo sportivo.

È quanto sta accadendo sull'asse Bassano-Vicenza. L'imprenditore Renzo Rosso, da oltre vent'anni con la sua famiglia patron della squadra di Bassano del Grappa, ha voluto salvare la tradizione calcistica di Vicenza, ma non ne ha voluto rilevare il titolo sportivo, perché altrimenti avrebbe dovuto vendere il Bassano, ma solo appunto la storia. Si sposta la matricola, la squadra, tutto l'apparato, armi e bagagli, da una città all'altra, e da Bassano diventa Vicenza. Quale sarà poi il nome definitivo del club si vedrà più in là, dovrebbe essere qualcosa che richiami ad entrambe. Come Vicenza Soccer Team 55 ad esempio.

L'operazione ha fatto storcere il naso a qualcuno. Da Vicenza, ovviamente contenti di non vedere sparire il calcio professionistico in città, ci si chiede: ma c'è vera continuità? Ma questa società è il Bassano, non è il Vicenza, non sembra quasi che si siano appropriati di un nome che non gli appartiene? Da Bassano si chiedono invece: e noi? E la squadra giallorossa che esiste dal 1920 e che da oltre dieci anni è una presenza fissa in Lega Pro? Sparisce così, da un giorno all'altro?

Più che comprensibili entrambi i dubbi. Ma è davvero un'operazione così strana? Non proprio. In Italia aveva realizzato qualcosa di molto simile Maurizio Zamparini, quando lasciò il Venezia in favore del Palermo, addirittura trasferendo un buon numero di giocatori da un ritiro all'altro con dei pullmini. Ma in quel caso Zamparini non spostò la matricola da una città all'altra, non sarebbe stato possibile, semplicemente cedette il Venezia e acquistò il Palermo, anche se sostanzialmente il trasferimento fu abbastanza simile e anche all'epoca, il 2001, fece discutere parecchio nell'ambiente e non solo.

Ma spostare una cosiddetta franchigia è una pratica di certo non originale altrove, come negli Stati Uniti. Prendiamo ad esempio la National Basketball League, l'NBA. Qui infatti esiste il concetto di franchigie, ovvero del marchio, del nome della squadra, che sì si lega ad una città, ma si può spostare, e quando lo fa mantiene la propria storia. Per citare una squadra sicuramente molto conosciuta, i Lakers, oggi a Los Angeles, non iniziarono in California. Il nucleo della squadra era a Detroit, e si chiamavano Gems. Nel 1947 la società venne rilevata e trasferita a Minneapolis, in Minnesota, dove giocò fino al 1960, prima di trasferirsi a Los Angeles.  Un altro esempio è quello dei Nets, ora a Brooklyn dal 2012, ma prima erano New Jersey e ancora precedentemente New York.

Insomma è un concetto diverso che riguarda le società sportive, e che forse Renzo Rosso e il figlio Stefano, di casa negli USA, hanno voluto imitare in un'ottica imprenditoriale. Franchigia infatti è assimilabile a franchise, al marchio, al brand, al marketing. È un simbolo distintivo ma non legato ad una città. Chiaro che questo accostamento nel calcio italiano va fatto con le pinze, qui lo sport nazionale è più una fede che uno svago, tradizione e continuità sono fondamentali, e non può funzionare allo stesso modo che in America. Ma può funzionare nel modo che intende e che sta mettendo in pratica la famiglia Rosso. Senza nulla togliere al Bassano che è stato e che, ci auguriamo vivamente, sarà, è ovvio che i Rosso, proprietari del celebre brand Diesel, ragionano in ottica imprenditoriale, guardano al calcio non solo come passione - attenzione, non solo, perché la passione c'è - ma anche come un business. Il calcio, in Italia e all'estero, negli ultimi decenni è diventato sempre più business, è un fattore economico non indifferente, per investimenti e per guadagni, per introiti da sponsor e contratti televisivi e quant'altro. L'aspetto economico, dispiace dirlo ma è un dato di fatto, non può essere più scisso dal calcio, non a livello professionistico almeno. Bisogna ragionare anche in un'ottica di spese e ricavi, possibilità, visibilità, potenziale.

Chiaro che i Rosso vedano Vicenza e il Vicenza come un potenziale maggiore rispetto a Bassano. Per storia pregressa - i biancorossi tra A e B hanno disputato quasi ottanta campionati - per bacino di tifosi, più che doppio, per blasone, per strutture. Insomma, vogliono alzare l'asticella. Senza nulla togliere, lo ripetiamo, al Bassano e a Bassano del Grappa.

Ma anche questo può essere un nuovo modo di intendere il calcio in Italia e non solo. È una naturale evoluzione in un momento nel quale anche società storiche spariscono (vedi Modena) o rischiano di sparire (Arezzo, Vicenza, ora il Trapani). Certo, c'è il rischio che questi imprenditori vengano naturalmente spinti per accentrare il calcio che conta nelle città più grandi, dove maggiore è la tradizione calcistica, non consentendo a piccole realtà virtuose, del quale il Bassano era un grandissimo esempio - ricordiamoci il punto più alto del club con la Serie B sfiorata nel 2015 e sfumata in finale playoff col Como - di mettersi in mostra. Ma non è detto che diventerà un indirizzo dominante. Intanto Rosso ha creato un precedente importante e, oggettivamente, positivo. Perché il calcio è business e gli imprenditori che possono permetterselo fanno bene a provare a creare qualcosa di sempre più grande anche in questo campo, qualcosa del quale ne possa nel caso specifico beneficiare tutta la provincia di Vicenza e non solo la città, e quindi ci auguriamo anche Bassano. Non si può e non si deve sminuire la tradizione calcistica giallorossa, che speriamo continui quanto prima, ma non si possono neanche ostacolare operazioni di questo tipo. Perché non avrebbe alcun senso e anzi provocherebbe un effetto boomerang: scoraggiare chi nel calcio vuole entrare ma ne avrebbe timore per paura di trovarsi in un ambiente ostile.