FINISCE LA STAGIONE DELL'AKRAGAS, ORA COSA SUCCEDERÀ? SE FINISCE LA PASSIONE, FINISCE LA STORIA. PLAYOFF ALLARGATI DA RIVEDERE

Nasce a Bari il 23.02.1988 e di lì in poi vaga. Laurea in giurisprudenza, titolo di avvocato e dottorato di ricerca: tutto nel cassetto, per scrivere di calcio. Su TuttoMercatoWeb.com
04.04.2018 00:00 di Ivan Cardia   vedi letture
FINISCE LA STAGIONE DELL'AKRAGAS, ORA COSA SUCCEDERÀ? SE FINISCE LA PASSIONE, FINISCE LA STORIA. PLAYOFF ALLARGATI DA RIVEDERE
TMW/TuttoC.com

Il re è morto, lunga vita al re. Però l’Akragas non è nessun re e nessuno può cantargli lunga vita. La stagione sportiva dei siciliani si è chiusa con la retrocessione: non è nemmeno una notizia, si sapeva da mesi come sarebbe finita. Il bello, o il brutto, viene adesso.

Con il via vai di imprenditori interessati alla società, non si è più capito che fine farà quest’ultima. Sarà iscrizione al campionato di Serie D? Chi lo sa: Alessi prova a vendere da mesi e ha fatto capire in tutte le maniere che la barca sta affondando. Giavarini non tornerà perché è rimasto scottato dal trattamento della piazza. Aspettiamo gli iraniani: Godot però alla fine non arriva.

L’Akragas che retrocede non è un dramma: è una storia di sport, si sale e si scende. Il problema è come retrocede, il problema è che la fotografia di uno stato preoccupante per il futuro. Non franerà domani, ma le fondamenta sono comunque traballanti. A oggi, il calcio di Serie C dipende troppo dalla buona volontà dei presidenti.

Lo ha detto bene il presidente del Cosenza Guarascio su queste pagine: su 150 milioni di euro di spesa complessiva, 120 li cacciano di tasca propria i patron. Se a un certo punto chi ha i soldi si stanca, o non riesce a sostenere le spese, va in malora tutto. È successo all’Akragas, potrebbe succedere al Siracusa: basta un attrito con la piazza, e tutto finisce. Nel caso della squadra di Agrigento la consolazione, almeno, è di aver messo in mostra qualche ragazzo interesse: Minacori e Navas che piacciono al Cagliari, Amelia che è seguito dall’Ascoli. Per paradossale che possa sembrare, diventa più facile mettersi in mostra quando le cose vanno male.

Nel complesso però è mancata, da anni ormai, la costruzione di un tessuto forte, un collante che permettesse alle società di reggersi sulle proprie gambe e superare momenti di difficoltà. Se stacchi la spina, serve un generatore di riserva, e in Serie C non c’è. Ne parliamo di serbatoio di talento, e potrebbe anche esserlo, ma non lo è stato. Ho citato tre ragazzi interessanti, ma quanti calciatori di livello nazionale si sono davvero formati in Serie C negli ultimi 5-6 anni? Troppo pochi. E allora tanto vale aprire alle squadre B: a qualcuno stanno antipatiche, ma sono una soluzione a un problema, e uno stimolo in più per il futuro.

Un po’ meno risolutiva è la formula playoff-playout (specie i primi) allargati, arrivata ormai alla seconda edizione. Sui playout, le colpe di chi decide sono poche: saranno spareggi dimezzati, visto che alla fine dei conti hanno gareggiato 55 squadre (56, se contiamo l’Akragas). Sui playoff, c’è qualche criticità. Nel complesso, è una formula con un suo senso: tiene alta la competitività del campionato fino alla fine, e non serve essere troppo addentrati nel sistema per sapere che questa è una cosa positiva. Almeno chi vuole vendersi le partite ha qualche scrupolo in più.

Però questi playoff tengono in gioco davvero troppe squadre: almeno 3-4 per girone, punti alla mano, dovrebbero essere più preoccupate della retrocessione che della promozione, e invece concorreranno per quest’ultima. Alla fine, l’anno scorso è stato comunque premiato il merito, più o meno. Il blasone, diciamo. Però l’impressione è che un secondo campionato a 28 rimescoli troppo le carte, e che rischi di falsare i valori in campo. Non sarà la questione più scottante del momento, ma qualche ritocchino servirebbe.