Grazie presidente Ghirelli. La spaccatura finale fotografa una divisione molto più profonda: la Serie C alla prova della riforma

19.12.2022 01:00 di  Ivan Cardia  Twitter:    vedi letture
Grazie presidente Ghirelli. La spaccatura finale fotografa una divisione molto più profonda: la Serie C alla prova della riforma
TMW/TuttoC.com

Era inevitabile e infatti è accaduto. Se poi le dimissioni rientreranno, magari per il pressing di quella parte dei club di Serie C che proseguirebbe volentieri l'avventura di questa governance, non possiamo saperlo. Al momento, non è comunque lo scenario più probabile e da questo dobbiamo partire. Venerdì sera, Francesco Ghirelli ha rassegnato le proprie dimissioni da presidente della Lega Pro. Si chiude, in attesa di capire cosa succederà, un'era in via Jacopo da Diacceto. La prima cosa da poter dire è una sola. Grazie presidente.

Ghirelli, tra le tante cose, ha suo malgrado fatto discutere tifoserie e appassionati. Nei momenti di difficoltà - e per il calcio italiano ce ne sono stati - per molti è diventato inevitabilmente il parafulmine di quel che non funzionava. La storia recente del nostro pallone in generale e della C nello specifico è fatta di tanti inciampi: come per tutte le persone di potere (e come è forse anche giusto che sia visto il ruolo, gli onori e i relativi oneri) il presidente è diventato, per chi aveva critiche da muovere, il destinatario perfetto. A ben vedere, quando qualcuno lascia, c'è una sola vera domanda da porsi: prima di lui/lei, funzionava meglio o peggio. Senza la pretesa di esprimere un giudizio oggettivo, perché quando si parla di persone non può mai esserlo fino in fondo e non ho difficoltà a dire di nutrire profonda stima nei confronti di Ghirelli, credo che, come accaduto già al suo predecessore, lasci una Lega Pro migliore di quella che ha trovato: non è poco.

Per dirlo con una relativa certezza, basta guardare a cosa c'era prima. Prima della governance Ghirelli e di quella Gravina, che è stata il primo vero punto di svolta, ma che aveva sempre in Ghirelli un elemento cardine: la Lega Pro veniva dallo sprofondo e dal commissariamento. Oggi ha ancora mille difetti e centomila migliorie da poter apportare, ma il panorama è completamente diverso. Si può discutere delle scelte: non tutte sono state indovinate, per carità. Ma se si guarda al quadro generale, il passo avanti è innegabile. Persino dalle difficoltà del Covid, che peraltro Ghirelli ha capito prima di altri suoi colleghi, la Lega Pro è uscita meglio di tante altre. La scorsa estate abbiamo assistito alla battaglia della Lega di A sull'indice di liquidità: in C era già più rigido e nessuno ha detto nulla, non c'erano problemi. Qualcosa vorrà dire: se è vero che ci sono state annate con penalizzazioni record e che la bacchetta magica per risolvere i fallimenti dei club non è stata trovata, la Lega Pro di oggi è molto più solida di quanto era prima.

Al netto dei giudizi, veniamo alla cronaca recente. L'arzigogolata riforma proposta nelle ultime settimane doveva essere il colpo da maestro: è diventata l'ostacolo contro cui la presidenza Ghirelli si è schiantata. A proposito di giudizi, uno davvero completo e convinto su cosa questo nuovo format potesse portare in dote non siamo riusciti a farcelo. Forse è la prima vera criticità: nell'assemblea dell'altro giorno, con diversi momenti di tensione, molte società non hanno capito cosa dovessero votare. Hanno avuto tempo per chiedere spiegazioni e avanzare proposte, è vero, ma da che mondo è mondo al salto nel vuoto si dice di no e questo è stato il primo errore nella vicenda. Il secondo, mettersi in una posizione complicata nei rapporti federali, in un momento molto delicato su cui si tornerà: lo stesso Gravina è stato tra i primi a non apprezzare particolarmente quella proposta, nel merito e anche per le modalità con cui è stata portata avanti. La freddezza della FIGC è stato un altro fattore, inutile girarci attorno. Ma c'è di più.

La votazione che ha portato alla bocciatura della proposta da parte dei club, a ben vedere, fotografa una divisione molto più profonda all'interno della Lega Pro. Con qualche eccezione - e qualche presunto tradimento - a votare contro sono stati i "grandi" club, mentre i "piccoli" sono stati quasi tutti favorevoli. In un consesso di 59 votanti e in un gioco democratico, ci sta. Però la divisione così chiara evidenzia il problema di fondo, ricorda il peccato capitale della Lega Pro di oggi: l'errore è stato fatto anni fa, fondendo C1 e C2. Sono state unite nello stesso campionato una marea di società che hanno dimensioni, territoriali ed economiche, troppo diverse per poter stare insieme. Cambiano le esigenze, le organizzazioni, le ambizioni, le possibilità di spesa e le dinamiche. Il punto non è diminuire il numero di squadre, ma è assurdo pensare che un paesino di cinquemila anime e una città di 400 mila abitanti potessero giocare allo stesso gioco. In via occasionale, magari sì. In pianta stabile, non ha alcun senso. Non è certo l'unica spiegazione, ma se questo passo falso, e aver investito nel nuovo format tanto del proprio credito nei confronti dei club (a chi scrive ha ricordato Renzi e il referendum) è stato il vero errore politico di Ghirelli, può insegnare qualcosa, è proprio ricordarci questa spaccatura così profonda e impossibile da ignorare.

Adesso, che si fa? A guidare la Lega almeno fino alle prossime elezioni sarà il vicepresidente vicario Vulpis. Averlo subito invitato al consiglio federale, in rappresentanza della Lega Pro oltre al segretario generale Paolucci, è stato un gesto di grande correttezza, e non dovuto, da parte di Gravina. Certifica il lavoro fatto negli anni da questa governance, di cui c'è da fare tesoro. A prescindere da questo, però, la Lega si presenta al tavolo delle riforme con una guida a legittimazione ridotta. Non è una questione di ruolo o di credibilità personale, ma un dato oggettivo: con un presidente dimissionario e delle elezioni a breve, chiunque dovrebbe/potrebbe occuparsi solo dell'ordinaria amministrazione. Complicato farlo mentre la Serie A sembra fare sul serio - e quindi non può passare inascoltata - con una proposta abbastanza dettagliata per il futuro del calcio italiano. Alla prova delle riforme, se davvero ci siamo, la Lega Pro ci arriva all'improvviso in una posizione molto scomoda: meno dell'AIA, per carità, ma gli arbitri non hanno lo stesso immenso numero di voti a propria disposizione.