La Serie C si reinventa con un nuovo format per attirare i giovani. Ma la vera domanda è: "ai giovani questo calcio interessa e piace ancora?"

02.11.2022 00:00 di Tommaso Maschio   vedi letture
La Serie C si reinventa con un nuovo format per attirare i giovani. Ma la vera domanda è: "ai giovani questo calcio interessa e piace ancora?"
TMW/TuttoC.com

Abbandonare la formula del campionato per avventurarsi in una nuova formula ibrida che vede mini tornei a carattere fortemente regionale (o al massimo interregionale) per poi dare vita a due Poule sul modello di alcuni paesi esteri – specialmente del nord e dell’est Europa - oltre che della nuova Serie A Femminile e poi un lungo play off per decidere le quattro, o forse saranno tre, squadre che accederanno alla Serie B. Questa in poche righe la bozza di riforma della Serie C presentata da una Lega Pro, che sa sempre sorprendere e rivoluzionare la propria idea di calcio, in vista di quella globale che dovrebbe vedere la luce entro la fine dell’anno. Una riforma a dire il vero piuttosto cervellotica che punta, come sottolineato da più parti, a dare maggiore valore alle sfide di campanile nella prima fase e ad avvicinare i giovani che, dicono, non sono più interessati alle formule di un campionato lungo mentre sarebbero più attratti da una formula che somigli alla NBA o agli sport statunitensi in generale, dove la stagione regolare conta poco o nulla (anche perché lì la retrocessione non esiste) e l’attenzione, oltre che il pubblico, si concentra soprattutto nella post season.

Personalmente sono dubbioso che questa nuova formula possa attrarre gli spettatori più giovani che vivendo in un mondo globalizzato ormai tendono sempre più a tifare squadroni globali e con sempre meno radicamento sul territorio – il Manchester City, il PSG, il Barcellona e il Real Madrid per citarne solo alcune – o addirittura più attirati dall’assistere su Twitch e simili alle prodezze dei videogiocatori su PES e FIFA. Quest’ultima una tendenza che va molto in voga soprattutto fra gli under 14 che li allontana ulteriormente da partite che durano 90 minuti e spesso si rivelano anche assai scarne d’emozione. La domanda che probabilmente dovremmo porci tutti noi, addetti ai lavori e semplici appassionati, è “ai giovani interessa ancora il calcio come lo conosciamo?”. Un interrogativo che non tocca tanto le grandi, che comunque pensano a tornei sempre più elitari e chiusi per sopravvivere e attrarre sempre più sostenitori/clienti da spremere, ma che interessa molto le piccole. In un mondo sempre più globale, interconnesso, veloce e dove la soglia d’attenzione è in calo verticale il modello calcistico attuale, al di là dei possibili cambi di format può davvero competere con gli e-sports o con sport che assomigliano sempre più a spettacoli circensi, con la ricerca ossessiva dei record, soprattutto personali, e un abbandono della tattica (e anche un occhio chiuso ai regolamenti) sempre più totale. Ovviamente non può essere la Serie C a farsi carico di rispondere a queste esigenze, forse neanche la FIGC stessa può farlo, perché si tratta di un problema di carattere principalmente culturale, ma che bisogna tenere sotto controllo cercando, senza rivoluzionare le basi del gioco, di trovare le giuste contromisure per non rischiare di avere un pubblico sempre più vecchio e senza ricambio adeguato che possa continuare a permettere al calcio di essere lo sport più seguito al mondo.