SERIE C UNICA, ULTIMA CHIAMATA. E SE LA SOLUZIONE ARRIVASSE DAL PASSATO? LA C2 PUO' ESSERE TUTT'ALTRO CHE NOSTALGIA

Siciliano, palermitano, tifoso del Palermo. Classe '85, dal giornalino scolastico al giornalismo di professione il passo non è breve, ma a volte lo si fa. Le step successivo è TuttoC.com
12.07.2018 00:00 di Dario Lo Cascio Twitter:    vedi letture
SERIE C UNICA, ULTIMA CHIAMATA. E SE LA SOLUZIONE ARRIVASSE DAL PASSATO? LA C2 PUO' ESSERE TUTT'ALTRO CHE NOSTALGIA
© foto di TC

La stagione 2018/2019 sarà la quinta con la formula della Lega Pro Unica, oggi Serie C. E sarà un'edizione decisiva per capire quale sarà il futuro della terza serie. Un futuro nebuloso, perché sia la scorsa stagione che questa estate hanno messo in chiaro, una volta per tutte, che questo è un campionato tutt'altro che "di terza fascia", per qualità e soprattutto per costi. 

Già, i costi, le spese, il business del calcio. Costruire una squadra costa, soprattutto se punti in alto e se non c'è una gestione societaria oculata. Nella scorsa stagione tanti club si sono trovati in netta difficoltà. Eclatante il caso Modena, escluso dal campionato. Poi Arezzo e Vicenza agli onori delle cronache per le rispettive vicende, chiaramente ogni caso a sé stante. Ma quel che ha fatto forse ancor più sorpresa è stato l'ammontare complessivo dei punti di penalizzazione per inadempienze amministrative e ritardi nel pagamento degli stipendi, che alla fin fine, con restituzioni varie, sono risultati 66, ma ad un certo punto erano addirittura 74. 

Ma si tratta di un "bottino" che vale praticamente quanto un primo o un secondo posto in classifica, a seconda del girone. Il che dà davvero da pensare. Basta guardare questi dati, aggiunti alle tante società in difficoltà che rischiano seriamente di non iscriversi al prossimo torneo - Mestre, Fidelis Andria, Trapani, Juve Stabia, Reggiana - per rendersi conto che la Serie C, così com'è strutturata adesso, per i costi che bisogna affrontare, non è sostenibile dai più. A poco valgono gli incentivi per l'utilizzo degli under, è chiaro che la maggior parte dei club possono contare unicamente sul supporto economico di una società forte, che ogni anno ricapitalizza, andando in pari con le entrate o addirittura perdendoci. Gli sponsor sono pochi e chi riesce a fare cassa con gli abbonamenti e i tagliandi si può probabilmente contare sulle dita di una mano. 

L'idea, lodevole, introdotta nel 2014, era quella di allargare la base della terza serie, eliminando il filtro della vecchia Serie C2, poi Seconda Divisione, in modo tale da lanciare le squadre che ne fossero state meritevoli, da un contesto dilettantistico ad uno professionistico, con la possibilità di arrivare in meno tempo anche in B od oltre. All'inizio forse il progetto ha anche funzionato bene, ma oggi, dati e situazioni di cui sopra, appare chiaro che il giocattolo sta nettamente perdendo colpi. L'introduzione delle cosiddette "seconde squadre" dei club di Serie A ne è la controprova. Perché non si arriverebbe altrimenti alle 60 squadre che il torneo prevederebbe, come è accaduto nella scorsa stagione, con al via 57 società, poi ridotte a 56 per l'esclusione del Modena, con le criticità dei raggruppamenti dispari, dei turni di riposo forzati - addirittura poi doppi nel Girone B - con tutte le conseguenze del caso. 

Insomma questa Serie C unica difficilmente può continuare a funzionare così com'è, non perché l'idea fosse sbagliata in partenza, e neanche per mancanza di controlli, che ci sono, anche se potrebbero essere ancor più serrati sul nascere. Ma perché fisiologicamente col calcio non si guadagna più come prima, almeno nelle categorie inferiori. E per il terzo campionato italiano sembra non ci siano, al giorno d'oggi, nel futuro chissà, abbastanza società sane e con capitali solidi, per occupare tutti gli slot disponibili

Tornare alla vecchia suddivisione, con una C1 e una C2, con quindi una serie che faccia da filtro, meno dispendiosa e maggiormente sostenibile, potrebbe e dovrebbe essere una soluzione da prendere in considerazione. Esistono tante piccole società virtuose che riescono a far quadrare i conti ma, o hanno alle spalle una società che investe anche in perdita per passione o - casi più rari - possono avvalersi di sponsor e risposta del pubblico consistente. Le altre navigano con l'acqua alla gola, c'è chi riesce a restare a galla e chi invece cede e affonda. Fornire nuovamente loro un bacino più "sicuro", meno impegnativo, dove "si tocca", non ci appare un'idea così malvagia. Ci sarà chi non vorrà arrischiarsi oltre e chi invece vorrà provare a lanciarsi, sarebbe una scelta soggettiva, che però potrebbe evitare tante delle "crisi" alle quali abbiamo assistito negli ultimi mesi.